Articoli marcati con tag ‘cristianesimo’
“Seguir virtute e canoscenza”, per questo siamo fatti dice Dante. “Viver come bruti” è invece il futuro prospettato dal piano criminale chiamato Grande Reset ( vi raccomandiamo di leggere gli articoli a questo link: http://www.gruppolaico.it/category/rassegna-stampa/emergenza-rassegna-stampa/ ).
Esseri “bruti” che vivono di “nuda vita”, come afferma con grande chiarezza Agamben nell’articolo che segue e in tutti i suoi scritti presenti sul nostro sito ( clicca sul “tag” agamben in fondo alla pagina). “Bruti” che vediamo già realizzati nei covidioti che ci circondano tamponati, mascherati, distanziati, vaccinati, terrorizzati e maniacali.
“Bruti” brutalizzati da un regime sanitario feroce, da una biopolitica cinica Leggi il resto di questo articolo »
Gli animi di servi hanno permesso le dittature e i totalitarismi di ogni tempo. La storia lo insegna. Anche questa nuova ( ma vecchia…) dittatura sanitaria è possibile a causa di milioni di anime di servi impauriti e irrazionali come il covidiota. E solo con gli animi di servi che il criminale progetto globale del Grande Reset ( nascosto dietro il paravento del virus) potrà andare avanti rendendo il nostro povero mondo un inferno per gli uomini liberi dentro sé stessi. Leggi il resto di questo articolo »
Il progetto di regime sanitario per condurre verso la dittatura digitale e una società del controllo non riguarda solo l’Italia ma tutto il mondo. Il progetto di una “nuova normalità” all’interno di futuri “stati terapeutici” non riguarda solo l’Italia ma tutto il mondo. E in questi progetti il ruolo dei media per propagandare il pensiero unico sul virus e la conseguente paura permanente è fondamentale. Ma c’è (e ci deve essere) “chi resiste” e non si adegua! (GLR)
Una manipolazione di massa infinita
Purtroppo sta accadendo ciò che temevamo da tempo. Il consorzio di politicanti, pseudo-scienziati e professionisti della disinformazione, che da tempo tiene in pugno il Paese dopo averlo terrorizzato per mesi, continua imperterrito la più lunga manipolazione di massa della storia repubblicana. Leggi il resto di questo articolo »
Gli italiani sono prevalentemente cattolici – nonostante un forte calo di fedeli negli ultimi anni, dal 79% del 2000 al 60% attuale. Eppure c’è una stonatura di fondo, una voce collettiva che stride con il cattolicesimo e i suoi precetti. La gente che va in chiesa, che bacia il santino prima di andare a dormire e che tiene il Vangelo sul comodino, per larghi tratti è la stessa che impacchetterebbe i migranti per spedirli su Marte, o il più lontano possibile dalla propria vista.
Purtroppo a questi sfugge un piccolo particolare: anche Gesù era un profugo. Leggi il resto di questo articolo »
Come Cristo cacciò i mercanti, anche don Massimo avrebbe dovuto cacciare i militanti di Forza Nuova dalla sua parrocchia: è necessario un gesto ancora più eloquente che faccia intendere a tutti che la Chiesa è antifascista.
Intervistato dalla collaboratrice de ilfattoquotidiano.it Emilia Trevisani, fuori dalla chiesa di don Massimo Biancalani a Pistoia, un giovanotto di Forza Nuova ha affermato che “un fascista è un buon cattolico”. Cosa intenda per cattolico non so e non mi interessa sapere.
Quel che è certo, è che un fascista non può essere cristiano, se essere cristiano vuol dire vivere l’insegnamento di Cristo. Il cristianesimo afferma che esiste un solo Dio, ama la libertà politica e morale, predica la carità, la pace, la fratellanza degli esseri umani, l’uguale dignità di tutti; il fascismo eleva lo stato totalitario a divinità da adorare, detesta la libertà politica e morale e la vuole piegata all’esigenza superiore della disciplina imposta con la forza, disprezza la carità (leggete cosa scriveva Giovanni Gentile), ama la guerra come esperienza mistica nella quale eccelle la forza degli individui e dei popoli, disprezza i deboli, farnetica di razze superiori (destinate a comandare) e razze inferiori (destinate a obbedire). Leggi il resto di questo articolo »
Siamo in una situazione molto simile a quella in cui dovettero trovarsi i Romani nei decenni che precedettero il crollo dell’Impero. C’è nell’aria un sensus finis, un’assenza di speranze, collettive e individuali, uno sfinimento, uno sfibramento, una mancanza di vitalità, un sentimento di impotenza: classici segni di un mondo in decadenza. I “barbari” sono alle porte, molti già dentro le mura, premono, come ai tempi dell’Impero, ai nostri confini.
I Goti, i Burgundi, i Franchi, i Vandali poterono averla vinta sulle ben più potenti e organizzate armate romane, fino a conquistarne la Capitale, riducendola ai tempi dei Lanzichenecchi a 37 mila abitanti, perché nei secoli precedenti l’Impero e le sue strutture istituzionali e mentali erano state corrose da un tarlo chiamato cristianesimo. Invano gli imperatori, da Diocleziano in poi fino all’ultimo e disperato tentativo di Giuliano l’Apostata, avevano cercato di estirpare, con la repressione e la violenza, questo tarlo. Il mondo pagano, corrotto fino al midollo proprio a cagione della propria potenza, verrebbe da dire della Superpotenza, non poté nulla contro un’ideologia che portava in sé valori fortissimi e nuovi (almeno parzialmente, perché originavano dal giudaismo). Leggi il resto di questo articolo »
Le acque del Mar Dolciastro che invadono i giorni del Natale si vanno ritirando. E mentre il calendario liturgico prepara la festa dei Santi Innocenti, l’equivoco culturale e spirituale soggiacente alla periodica inondazione sentimentale si palesa. I vangeli di Luca e di Matteo che si leggono in questi giorni iniziano con due prologhi tragici: le sequenze che dalle doglie di Betlemme alla strage degli innocenti vogliono avvisare l’ascoltatore che l’irriducibile conflitto fra un potere carnefice e la vittima inerme è la cifra della vita di Gesù. Leggi il resto di questo articolo »
Il chiasso mediatico del viaggio turistico della salma di Padre Pio dalla cripta dorata di San Giovanni Rotondo alla piazza domata di San Pietro in Roma non può zittire tutti gli interrogativi sulla storia del cappuccino di Pietralcina. Le migliaia di flash che illuminano la bara del “santo” non riescono a diradare la nebbia che avvolge il personaggio. E tra le opposte sponde della venerazione e del biasimo, delle lacrime di commozione e dei gesti di rigetto sorge imperioso il bisogno di sapere, di vederci chiaro, e soprattutto di distinguere. Leggi il resto di questo articolo »
Per Socrate era più preziosa dell’oro. Ma anche l’ideale più inafferrabile di tutti. La nostra filosofia ha svalutato le emozioni eppure ci aiutano a capire i concetti astratti. Non dobbiamo mirare alle utopie. Soltanto rifiutare l’ingiustizia radicale sarebbe già una rivoluzione
Devo parlare della giustizia. Siete in diritto di pensare ch’io sappia che cos’è. Invece no. Secondo il celebre detto di Wittgenstein: “ciò di cui non si può parlare con chiarezza deve essere taciuto”, essendo giustizia parola oscura, dovremmo iniziare e finire qui il nostro incontro. Tuttavia, da sempre proprio le massime questioni dell’esistenza si esprimono con parole tutt’altro che univoche. Dovremmo tacere? Se fosse tutto chiaro, perché parlare? Quante migliaia di parole Socrate ha dedicato alla giustizia, “cosa ben più preziosa dell’oro”? Eppure, perfino lui si diceva incapace di giungere ad afferrarla (Repubblica 336e). Se parliamo della giustizia, e non possiamo non parlarne, è proprio perché, socraticamente, sappiamo di non sapere. Leggi il resto di questo articolo »
La grotta di Betlemme non è una “pastorellata”. E’ una indicazione potente che, se un Dio deve nascere, nasce fuori strada, fuori le mura, in un luogo dove l’attenzione pubblica non si posa mai.
padre Ernesto Balducci (1922- 1992), 1987
vedi: L’insostenibile ipocrisia di chi vuole il presepe con i profughi, ma non i migranti
Inno al Dio inedito e rovesciato
Se il Natale affoga nel trionfo del mercato
Il bene, il male e il senso del Natale
Così fu ucciso Bonhoeffer teologo devoto a Dio e al mondo. Settant’anni fa fu giustiziato dai nazisti il grande studioso protestante. Che fece dell’amore per la vita il centro della sua fede
ESATTAMENTE 70 anni fa, all’alba del 9 aprile 1945, completamente nudo, veniva giustiziato nel lager nazista di Flossenbürg il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer che scontava così la sua partecipazione alla Resistenza. Nel 1955 il medico del lager H. Fischer-Hüllstrung rilasciò una testimonianza, da allora ripetutamente citata, secondo cui il condannato prima di svestirsi si era raccolto in preghiera: «La preghiera così devota e fiduciosa di quell’uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente; anche al luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato la scala del patibolo, la morte giunse dopo pochi secondi». Leggi il resto di questo articolo »
“Inoltre il regno dei cieli è simile a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno; a ciascuno secondo la sua capacità; e subito partì.”
C’è il Dio edito e il Dio inedito. Per esempio, la lotta fra atei e teisti è una lotta a livello dell’uomo edito, perché gli atei negano il Dio edito. E spesso fanno bene. Molte volte questo Dio edito non è che un tiranno insopportabile, è la cifra che sublima in sé e legittima tutte le forme di dipendenza, è l’autoritarismo portato a vastità metafisiche. Se noi leggiamo la Bibbia, vediamo che c’è un modo di parlare di Dio del tutto omogeneo all’homo editus, alla cultura, quindi un Dio guerrafondaio, sterminatore, e poi c’è il Dio inedito, nascosto, che è il Dio dei Profeti e che troverà la sua manifestazione in Gesù Cristo… Quando noi parliamo di Dio secondo l’homo editus lo assimiliamo a noi, lo trasformiamo a nostra immagine e somiglianza, per cui egli è aggressivo, vuole la sconfitta dei nemici. Le religioni hanno portato nel mondo l’aggressività distruttiva in nome del Dio edito, che non è il Dio nascosto.
Ernesto Balducci (1922- 1992), in La coscienza dell’uomo planetario, 1993
Diventano sempre più numerose e ogni volta i media le riferiscono con grande rilievo. Sono un segno di attenzione pastorale o rispondono a una strategia mirata di persuasione che punta sulla sorpresa e sull’emozione che ogni volta questi gesti provocano e non soltanto in coloro che ne sono i diretti destinatari? Gesù, lo sappiamo, peregrinando per le strade della Galilea circondato dai suoi apostoli, rivolgeva la sua parola, senza discriminazioni sociali compresa quella di genere, a tutti coloro che incontrava, ammoniva a cambiare vita e infondeva speranza nel regno di Dio. Non era solo misericordioso, e spesso giudicava con severità coloro che non sapevano rinunciare alle lusinghe del mondo o profanavano le cose sacre. Si è soliti dire che il messaggio cristiano è un messaggio di amore e di perdono, e questa affermazione viene sovente ripetuta anche dall’attuale papa. Ma il cristianesimo è anche una dottrina religiosa tragica, il peccato grava ineluttabilmente sulla vita degli uomini, la via della salvezza è irta di difficoltà, la possibilità della perdizione eterna sempre incombente.
Questo libro raccoglie gli scritti relativi alla vicenda che dal 1965 vide coinvolto don Lorenzo Milani in un processo per apologia di reato, per aver difeso l’obiezione di coscienza alla coscrizione militare. In apertura viene proposta la lettera ai giudici, conosciuta anche come “L’obbedienza non è più una verità”. Segue la lettera con cui il priore di Barbiana replicò a un documento dei cappellani militari in cui si definiva l’obiezione di coscienza “un insulto alla patria, estraneo al comandamento cristiano dell’amore ed espressione di viltà”. Questa lettera è all’origine della denuncia che porterà don Dilani a processo. Vengono poi raccolte le lettere che durante il procedimento giudiziario don Milani indirizzò all’avvocato difensore assegnatogli d’ufficio. Per aver difeso gli obiettori di coscienza, dopo un’assoluzione in primo grado, il priore di Barbiana è condannato in appello, ma il reato – recita la sentenza postuma – “è estinto per la morte del reo”. Come servitore della società civile e con grande rispetto dello Stato, egli lottò anche per la difesa del diritto all’acqua pubblica, per l’istruzione delle classi sociali svantaggiate, per la demolizione dell’intellettualismo (il libro riporta i suoi scritti sull’argomento) e diede un continuo monito all’impegno ed alla responsabilità personale contro l’indifferenza e l’inerzia. Con un linguaggio semplice e diretto, Don Lorenzo Milani cercò di divulgare la cultura, il sapere, ed il saper fare, non limitandosi a diffondere solo precetti religiosi. Non a caso, I care era il suo motto. La frase che da il titolo al libro è di don Primo Mazzolari che fu maestro di don Milani. Leggi il resto di questo articolo »
Noi diciamo ai nostri compagni di fede religiosa: siate pienamente cristiani e sarete socialisti e anti-clericali. E ai nostri compagni di fede sociale: siate pienamente socialisti e sarete cristiani.
Ernesto Buonaiuti, 1908
Vedi: Il prete che ha resistito impavido: ERNESTO BUONAIUTI
Quando si parla di Donazione di Costantino si fa riferimento a una presunta cessione, da parte dell’imperatore romano a papa Silvestro I (eletto il 31 dicembre 314) e ai suoi successori, di Roma, dell’Italia e delle province occidentali. Il documento che la testimonia apparve già dubbio nel X secolo, ma poi fu impugnato sia da Arnaldo da Brescia (morto nel 1155), da Niccolò Cusano (morto nel 1464) e definitivamente sbugiardato con un’operina da Lorenzo Valla — scritta nel 1440, durante i giorni di Eugenio IV, ma pubblicata nel 1517 — La falsa Donazione di Costantino. In essa l’umanista dimostra che la lingua in cui fu redatto il documento è un latino che risente degli influssi barbarici e i riferimenti ivi contenuti rimandano a un tempo nel quale Costantinopoli è già diventata la nuova capitale dell’impero. Leggi il resto di questo articolo »
Trenta anni fa, Ernesto Balducci disse che le tre caravelle di Colombo erano tornate indietro. Era un modo di dire che Cristo è essenzialmente Liberatore, e Liberatore dei poveri. La Teologia della Liberazione è un messaggio non solo per i poveri, ma anche per tutti coloro, che credenti e non credenti, che fanno parte di quella “cultura” occidentale che oggi è direttamente responsabile dei mali del mondo. E’ da qui che vengono le guerre, le distruzioni, la fame: dal mondo occidentale cristiano. E’ qui che si fabbricano le armi, e da qui che partono gli arerei che vanno a bombardare. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Dobbiamo sapere che non possiamo affrontare temi come la giustizia, l’uguaglianza, i diritti dei popoli se non cambiano radicalmente la nostra cultura.Noi abbiamo sempre pensato che il centro del mondo è l’io, il soggetto, e abbiamo proiettato questo concetto in tutte le strutture che abbiamo creato e imposto. Compresa la globalizzazione, apoteosi di un soggetto dominatore e unificante: il mercato. La volontà di sopprimere 1′altro, l’incapacità di riconoscere la sua cultura, la sua storia, la sua religione, il suo diritto alla vita, è la conseguenza diretta del culto dell’io. Leggi il resto di questo articolo »
Il Concilio Vaticano II, cinquant’anni dopo.
Noi, Chiesa di oggi, l’avevamo perso di vista. Eravamo troppo indaffarati nelle nostre celebrazioni, preoccupati per le chiese deserte, sfiniti dai turni di guardia alle dottrine della fede, mortificati per il clamore sui preti pedofili, intenti a rincorrere i poteri politici, troppo zelanti per ricordarci di lui. Ed il Concilio era rimasto in silenzio, seduto sulle panche vuote e profugo in luoghi appartati o in piccole comunità ben protette. E addirittura rischiava di essere accomunato alla cattiva sorte riservata alle ideologie novecentesche, e con tutto il Novecento essere buttato nel cassonetto dei rifiuti, senza nemmeno la raccolta differenziata. Ma ecco che, a mezzo secolo dal suo inizio, esso è ricomparso, perché i cinquant’anni, i centesimi e i centocinquantesimi anniversari sono festeggiamenti di rito. È tornato in città dal suo esilio e noi, Chiesa di oggi, col pretesto di celebrarlo, lo abbiamo fatto arrestare, come aveva fatto a Siviglia con lo Sconosciuto il Grande Inquisitore. Leggi il resto di questo articolo »
Le grandi religioni universali, e soprattutto il Cristianesimo, non sono cosa da family day. Cristo è venuto a cambiare la vita degli uomini e a proclamare valori più alti dell’immediata cerchia degli affetti, anzi a sferzare duramente questi ultimi quando essi regressivamente si oppongono a un amore più grande. Perfino il legame più forte, quello tra il figlio e la madre, è trattato bruscamente quando Maria vuole interferire: «Donna, che c’è tra me e te?» le dice. Quando, mentre sta parlando a una folla, gli vengono a dire che sua madre e i suoi fratelli lo stanno cercando, Cristo replica: «Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli?», aggiungendo che è suo fratello chi fa la volontà del Padre. Se c’è conflitto tra il rapporto di parentela e il comandamento, la scelta è chiara: egli afferma di essere venuto a separare, ove sia necessario, «il figlio dal padre, la figlia dalla madre». La sua stessa nascita, del resto, scandalosa rispetto alle regole, non rientra certo nel modello dall’ordine famigliare. Leggi il resto di questo articolo »
Ernesto Balducci: 1922- 25 aprile 1992
Davide Maria Turoldo: 1916- 6 febbraio 1992
Dopo un ventennio in cui è stata bandita quasi fosse un’istanza utopica se non un intralcio all’opulenza oggi, sopraggiunta la crisi con un significativo aumento delle sue vittime, si invoca l’equità e se ne afferma la necessità, ci si appella alla giustizia e all’uguaglianza, salvo ribellarvisi quando queste chiedono sacrifici a tutti e non solo «agli altri». Ci rendiamo conto della barbarie che abbiamo voluto accogliere, dello scadimento cui abbiamo abbandonato tanti valori necessari alla semplice convivenza civile? Leggi il resto di questo articolo »
8 agosto 2012 | ||
21:00 | a | 23:00 |
Per informazioni e per possibili cambiamenti o aggiunte:
tel. 06 9300526 o consultate il nostro sito : www.gruppolaico.it
Questi eventi sono collegati ai nostri programmi di ricerca e sono riservati ai soci.
Enzo Mazzi a Firenze vuol dire Isolotto. Cioè un quartiere povero della città, storicamente legato ai renaioli che tiravano su la sabbia (la “rena” in toscano) dall’Arno: un mondo rimasto compatto di botteghe e mestieri. A mandare don Mazzi in quel quartiere era stato il cardinal Dalla Costa, lo stesso che nel 1938 aveva chiuso porte e finestre dell’arcivescovado, in piazza del Duomo, quando Hitler aveva fatto visita a Firenze. Nel 1966 quello stesso fiume che dava da mangiare, sommerse con le sue acque limacciose ’Isolotto e tutta la città. Don Mazzi era il parroco e insieme alla Casa del Popolo, ai democristiani e ai comunisti di allora, si dette da fare per aiutare la gente rimasta senza casa e senza lavoro. Niente di eccezionale: il pastore stava con le sue pecore, loro lo riconoscevano e lui le ascoltava. Nell’Italia di quegli anni l’Isolotto di don Mazzi incarnava un’esperienza di comunità di base (allora si chiamavano così) che cercava di praticare il Vangelo senza preclusioni politiche e badando al sodo: solidarietà, accoglienza, povertà condivisa. Dormire in cantina per far posto in canonica a una famiglia di sfrattati.
«Caro Peyretti, sono qui in questo bel paesetto del cuneese in casa di amici […]. Mi sono portato qui un fascio di lettere alle quali non avevo mai risposto. Ce n’è una sua del 22 maggio scorso. Non prego, se per preghiera s’intende invocare aiuto, o peggio benefici, o premi, o salvezza in situazioni difficili. Ma se per preghiera s’intende, come dice lei, ‘apertura verso il mistero che ci avvolge’, prego anch’io come tanti altri. Ma è preghiera, questa? La preghiera implica che ci sia qualcuno che ascolta. La preghiera non può essere soltanto riflessione interiore sul mio destino, sul male, sulla origine e la fine delle cose, una riflessione in cui nessuno mi ascolta, e che rivolgo soltanto a me stesso…». Leggi il resto di questo articolo »
Roberta De Monticelli è docente di Filosofia della persona presso l’università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. Il testo di cui pubblichiamo un brano è tratto dalla premessa a un volume, in uscita per Chiarelettere con il titolo A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca (pp. 112, € 7), in cui sono raccolti alcuni scritti di don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, relativi alla vicenda che nel 1965 lo coinvolse in un processo per apologia di reato, per avere difeso l’obiezione di coscienza alla leva militare. Don Milani (Firenze 1923-1967) è stato un prete scomodo per la Chiesa, che nel 1954 lo esiliò in una minuscola comunità sopra Firenze: Sant’Andrea a Barbiana. Di qui, con i suoi ragazzi avviò una straordinaria avventura umana e spirituale, culminata nel maggio del 1967 con la pubblicazione di Lettera a una professoressa. Leggi il resto di questo articolo »
Perché i laici cristiani sono assenti dal dibattito politico? Perché la scomparsa della Dc ha trasformato la Chiesa nell’utilizzatrice diretta dei voti dei fedeli
Interrogato sulle ragioni per le quali il laicato cattolico oggi sembra tacere, senza reagire alle invasioni di campo della Chiesa, ho così risposto: purtroppo a tacere oggi non è solo il laicato cattolico – salvo eccezioni – ma è l’Italia tutta – salvo eccezioni – di fronte allo scempio che l’attuale classe politica di governo sta infliggendo al Paese; c’è una società intera che subisce e che tace, senza che prenda forma una reazione adeguata volta a salvare le istituzioni democratiche e la stessa anima del Paese corrotta dal nuovo fascismo. C’è una crisi della laicità che non è solo dei cattolici ma è anche della società e della cultura denominata laica. Ciò dipende dal fatto che la laicità, nella sua accezione moderna e nella sua realizzazione politica come Stato laico e democratico, non è sufficientemente fondata. La laicità non è laicamente fondata – cioè basata su ciò che c’è di più umano nell’uomo, ovvero sulla sua libertà – perché storicamente è stata costruita per sottrazione alla religione (“come se Dio non ci fosse”) anziché sullo scioglimento del vincolo imposto dal sacro. Leggi il resto di questo articolo »
Maria di Nazareth è la persona che ha subito il torto piú grande nel dipanarsi di questa colossale struttura di dominio. È stata strumentalmente trasformata in icona della piú passiva docilità, in muta testimonial del silenzio-assenso, e ha finito in modo paradossale per essere proposta come esempio luminoso di donna funzionale ai piani altrui, lei che i piani altrui li aveva sovvertiti tutti senza pensarci su neanche un istante. Il sí di Maria all’annunciazione andrebbe studiato in tutte le circostanze in cui si ragiona di donne, perché è quanto di piú distante dall’ordine patriarcale si possa sperare di vedere. Immaginiamola nel suo contesto questa ragazzina forse sedicenne, ipotetica figlia di un padre che aveva ancora potestà su di lei, e certamente legata a un promesso sposo che quella potestà l’avrebbe invece avuta a breve. Immaginiamola ricevere la piú misteriosa delle visite, e sentirsi dire che presto avrà un figlio. Leggi il resto di questo articolo »
Rivela un affanno il nuovo libro su Gesù con cui papa Ratzinger si adopera a mostrare e dimostrare la storicità di Cristo e in particolare della morte-resurrezione di lui. Lo ammette chiaramente quando scrive: «La barca della Chiesa … spesso si ha l’impressione che debba affondare». Ed ecco l’importanza della realtà pienamente divina e pienamente umana del Salvatore Gesù. È Gesù Cristo l’unico salvatore e la chiave della salvezza universale. Ed è la Chiesa cattolica governata dal papa e dai vescovi uniti al papa la custode unica e universale per tutti i secoli della chiave affidatale da Gesù. Tutta la ricerca umana di senso della vita e di salvezza materiale e morale sarebbe completamente inutili senza il Dio che si fa uomo e offre in sacrificio la sua vita. Sono due millenni che queste «verità», questi assoluti, vengono ripetuti identici, declinati in codici espressivi diversi tradotti in tutte le lingue del mondo ma sempre nella sostanza uguali a se stessi: è Gesù l’unico salvatore universale attraverso il suo sacrificio perenne. Leggi il resto di questo articolo »
Il 24 marzo del 1980, mentre celebrava l’eucarestia,
veniva ucciso da un sicario dell’oligarchia che guidava il Salvador
OSCAR ARNULFO ROMERO, vescovo di San Salvador Leggi il resto di questo articolo »
C’è qualcosa, nel successo strappato a Sanremo dalla canzone di Vecchioni, che intrecciandosi con altri episodi recenti ci consente di vedere con una certa chiarezza lo stato d´animo di tanti italiani: qualcosa che rivela una stanchezza diffusa nei confronti del regime che Berlusconi ha instaurato 17 anni fa, quando pretese di rappresentare la parte ottimista, fiduciosa del Paese. Una stanchezza che somiglia a un disgusto, una saturazione. Se immaginiamo i documentari futuri che riprodurranno l’oggi che viviamo, vedremo tutti questi episodi come inanellati in una collana: le manifestazioni che hanno difeso la dignità delle donne; la potenza che emana dalle recite di Benigni; il televoto che s’è riversato su una canzone non anodina, come non anodine erano le canzoni di Biermann nella Germania Est o di Lounes Matoub ucciso nel ’98 in Algeria. Può darsi che nei Palazzi politici tutto sia fermo, che il tema dell’etica pubblica non smuova né loro né la Chiesa. Ma fra i cittadini lo scuotimento sfocia in quest’ansia, esasperata, di mutamento. Leggi il resto di questo articolo »
Nel marzo del 415 dopo Cristo, ad Alessandria d’Egitto, Ipazia fu aggredita mentre tornava a casa. I cristiani la trascinarono fuori della sua carrozza e la condussero in una chiesa dove fu denudata e fatta a pezzi a colpi di cocci aguzzi. I resti furono bruciati. Cirillo, vescovo di Alessandria e tutore delle bande di monaci autrici del massacro, alluse all’evento in un sermone: «È stata fatta tacere l’Egizia». Chi era in realtà la «filosofa» Ipazia? Perché fu uccisa e in quale contesto? Nel suo Ipazia. La vera storia (Rizzoli, pagine 319, € 19), Silvia Ronchey risponde secondo il metodo della stessa protagonista: «metodica diffidenza su quanto è stato detto» dell’egiziana e «sistematico smantellamento del suo mito letterario e della sua reinvenzione politico ecclesiastica e storiografica». Leggi il resto di questo articolo »
“C’era una donna quindici secoli fa ad Alessandria d’Egitto il cui nome era Ipazia.” Fu matematica e astronoma, sapiente filosofa, influente politica, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento. Fu bellissima e amata dai suoi discepoli, pur respingendoli sempre. Fu fonte di scandalo e oracolo di moderazione. La sua femminile eminenza accese l’invidia del vescovo Cirillo, che ne provocò la morte, e la fantasia di poeti e scrittori di tutti i tempi, che la fecero rivivere. Fu celebrata e idealizzata, ma anche mistificata e fraintesa. Della sua vita si è detto di tutto, ma ancora di più della sua morte. Fu aggredita, denudata, dilaniata. Il suo corpo fu smembrato e bruciato sul rogo. A farlo furono fanatici esponenti di quella che da poco era diventata la religione di stato nell’impero romano bizantino: il cristianesimo. Perché? Con rigore filologico e storiografico e grande abilità narrativa, Silvia Ronchey ricostruisce in tutti i suoi aspetti l’avventura esistenziale e intellettuale di Ipazia, inserendola nella realtà culturale e sociale del mondo tardoantico, sullo sfondo del tumultuoso passaggio di consegne tra il paganesimo e il cristianesimo. Partendo dalle testimonianze antiche, l’autrice ci restituisce la vera immagine di questa donna che mai dall’antichità ha smesso di far parlare di sé e di proiettare la luce del suo martirio sulle battaglie ideologiche, religiose e letterarie di ogni tempo e orientamento.
vedi: Ipazia senza miti: né Galileo in gonnella, né proto-femminista
di Silvia Ronchey, ed. Rizzoli 2010, € 19,00