Nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia
PIER PAOLO PASOLINI
viene ucciso dalle trame oscure del nostro Paese.
Generalmente i profeti vengono eliminati o pesantemente emarginati. Anche il vangelo lo afferma decisamente: “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria” (Luca 4,21-30). Nel pensiero comune il profeta è uno che prevede il futuro, come un indovino o un medium. Ma questo è il frutto dell’ignoranza religiosa in cui siamo stati quasi tutti lasciati, nonostante la presenza massiccia della Chiesa: presenza non tanto educativa ma di controllo e di potere. Nella Bibbia i profeti ( Isaia, Geremia e gli altri) non prevedono il futuro ma aiutano i loro contemporanei a comprendere meglio ciò che accade e quali sono le conseguenze delle scelte che vengono fatte. In questo senso il profeta ” prevede il futuro”: più lucido, attento e appassionato dei suoi contemporanei vede già dove può portare un modo di vivere, una politica sociale, un comportamento collettivo. Il profeta può far questo partendo da una sua intima convinzione di fede o da una lettura razionale e laica della realtà. Ma il risultato è lo stesso: il profeta ( parola greca che significa “parlare al posto di qualcuno” che sia Dio o la coscienza comune, ma significa anche ” parlare DAVANTI a qualcuno” cioè esporsi, porsi di fronte agli altri) grida, avverte, incita, spiega, denuncia e per questo diventa oggetto d’odio per il Potere, ma anche per il popolo medio che non ama essere disturbato o inquietato.
Per questo Gesù, profeta religioso, sarà condannato, prima che da Pilato o Caifa, dalla gente che preferirà Barabba, un ladrone, a lui: “NON LUI MA LIBERACI BARABBA” (Giov 8,80). Per questo Pasolini, profeta laico, sarà ucciso, in una notte oscura di trame segrete, dal potere ( “il Palazzo”) ma anche dall’indifferenza astiosa di molti della “sua patria”. Pasolini “gridò”, attraverso la poesia, il cinema, la letteratura, il giornalismo, l’azione politica, il pericolo che incombeva sopra di noi, sopra la sua e nostra patria: un genocidio culturale provocato del nuovo fascismo legato all’ideologia consumistica che avrebbe portato ad “una mutazione antropologica” delle persone, distrutte nell’animo e nella coscienza, senza più un senso laicamente religioso della vita, automi della volgarità e della beceraggine. “Gridò” che vivevamo uno sviluppo feroce, crudele, ammalato d’ipertrofia tecnologica che non permetteva un reale progresso umano, una crescita della coscienza e della dignità. Un “grido” saggiamente apocalittico. Per questo suo “grido” insistente, testardo, deciso e pieno di amore anche per quella gente che lo ignorava o lo aggrediva Pasolini doveva morire: era l’ultimo ostacolo a che si concretizzasse il processo di distruzione del nostro Paese, dei suoi valori risorgimentali, resistenziali e della cultura semplice e umana che in qualche modo ancora era presente nell’Italia degli anni 50/60, nonostante il boom economico, l’avvento dei media di massa e della scuola media dell’obbligo ( che lui denunciò, meravigliando tutti, essere i veicoli principali di quel progetto distruttivo).
Il nuovo fascismo ( espressione tante volte usata dal Poeta) non poteva sopportare quest’uomo libero che voleva avvertire, da profeta laico, verso dove stavamo andando e precipitando. Un profeta che stava scoprendo ciò che era più nascosto dentro la strategia della tensione e dietro a certi personaggi del tempo pericolosissimi. Pasolini non previde il futuro: il suo genio INTUI’ ciò che sarebbe successo se non si riacquistava una coscienza resistenziale, e le sue intuizioni ( quell’ “Io so”, così fortemente espresso nell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 14 novembre del 1974 e intitolato ” Cos’è questo golpe? Io so“) le mise a disposizione di tutti, le “gridò davanti a tutti” esponendosi, con coraggio, fino all’inverosimile. Gridò quando ancora si poteva fare qualcosa per fermare la valanga amorale, incivile e a-politica. In una notte oscura si decise che la sua voce doveva spegnersi. E non rimase nessun’altra voce del suo livello, con la sua forza morale, con la sua dedizione totale anche se altri (pochi) raccolsero la sua eredità profetica.
Noi, che oggi vediamo ( se ne siamo capaci) le macerie irreversibili di quel processo distruttivo, di quella “mutazione antropologica” che il Poeta denunciò; noi, che oggi assistiamo alla mediocrità volgare al potere e dilagante nella coscienza della massa; noi, oggi, mentre Pasolini compie novant’anni ( 5 marzo del 1922-2012) perchè i profeti come lui vivono; noi, oggi, guardiamo la morte vera nella quale ci dibattiamo, forse presente in noi stessi. La morte presente nel suo film ( diventato testamento suo malgrado), il suo ultimo film: “Salò” del 1975. Una morte senza resurrezione e ricoperta di plastica.
“lo non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca.”
“Forse qualche lettore troverà che dico delle cose banali. Ma chi è scandalizzato è sempre banale. E io, purtroppo, sono scandalizzato. Resta da vedere se, come tutti coloro che si scandalizzano (la banalità del loro linguaggio lo dimostra), ho torto, oppure se ci sono delle ragioni speciali che giustificano il mio scandalo.”
«Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi»
«Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il fascismo mussoliniano non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre».
«Gli uomini di questo universo ( la civiltà contadina, n.d.r) non vivevano un’età dell’oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l’Italietta. Essi vivevano l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita».
Da P.P. Pasolini Scritti corsari, 1975
VEDI: 5 marzo 2012. Pasolini compie 90 anni.
Giornate di studio: PIER PAOLO PASOLINI. Una morale eretica.
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