Articoli marcati con tag ‘ideali’

 

GLR – CONSIDERAZIONI   (46)

ANNO IV DEL REGIME SANITARIO-ECOLOGICO-DIGITALE

Le altre “GRL-CONSIDERAZIONI ” le trovate  QUI

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Per la salvezza della specie umana bisogna dire addio all’uomo in quanto tale. Questa è l’0rrenda filosofia psicologica che sta dietro al progetto neo-liberista globale e criminale chiamato Grande Reset e gestito dall’èlite finanziario-usuraia, un manipolo di farabutti stra-miliardari, banchieri e finanzieri Leggi il resto di questo articolo »

 

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Il disegno qui sopra bene sintetizza cosa sarà il futuro “uomo” secondo la “nuova normalità“, prevista dal progetto criminale chiamato Grande Reset gestito da Big Money, Big Pharma, Big Tech, Big Agricolture e dai governucoli allineati come quello italiano.

Verrebbe da citare il titolo del capolavoro di PRIMO LEVI: Se questo è un uomo” (1947). No, questo non è più un “uomo” ma un burattino in mano a forze oscure ( ma neanche tanto) che progettano il dominio planetario, una governance globale veicolata, oggi, dal racconto mediatico di un virus presentato come la peste nera del 1346 ( quella presente nel Decamerone di Giovanni Boccaccio ( 1313- 1375) ). Un racconto che grazie alla paura, anzi, al terrore indotto attraverso i media sta creando da mesi milioni di lobotomizzati, di ipnotizzati, di “cecati” che sono il prodomo del futuro “uomo normalizzato“.

 

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Da oggi in libreria per Chiarelettere l’ultimo libro di Tomaso Montanari, “Dalla parte del torto“. Ne pubblichiamo uno stralcio.

Abbiamo molte cose per cui vale la pena di combattere: una democrazia vera, un parlamento vero e la partecipazione di tutti alla vita democratica. Un conflitto vero, per una vera giustizia sociale. Una società umana, un’idea forte di collettività. Una ricostruzione dello Stato: di uno Stato giusto, capace di affermare e difendere l’interesse generale. Leggi il resto di questo articolo »

Venerdì Il Fatto ha pubblicato numerose lettere arrivate in redazione dopo l’annuncio del Sì al Tav da parte del premier Conte, accompagnato dagli interventi di Tomaso Montanari e Stefano Feltri sul tema delle responsabilità dei Cinque Stelle in questa fase storica. Il dibattito continua: ecco cosa ci scrive un lettore e cosa risponde Montanari. Leggi il resto di questo articolo »

Una Repubblica fondata sulla paura? Cerchiamo di vedere un poco nel groviglio dei nostri sentimenti politici. La paura, per l’appunto, è un sentimento e i sentimenti si possono dividere a seconda che inducano ad agire o a subire. Diciamo così: sentimenti attivi o passivi. Leggi il resto di questo articolo »

Nel 1994, quando Berlusconi arrivò in politica e vinse, con lui era sceso in campo il ceto medio, il mondo delle partite Iva, la piccola imprenditoria, vogliosi di mettersi in proprio e di costruirsi una loro proiezione pubblica, diventando protagonisti. Era una specie di istinto di classe (difensivo e aggressivo nello stesso tempo) che si faceva partito, prendendo forma politica e cambiando il paesaggio dell’intero sistema. Ventiquattro anni dopo non c’è un blocco sociale che porta i suoi interessi dentro il gioco istituzionale, non c’è un ceto che aspira alla guida della cosa pubblica. Quella che è in atto è una cosa diversa: una grande sostituzione. Leggi il resto di questo articolo »

Il 20 febbraio 1993 muore a Roma dopo una lunga malattia LUCIANO BOLIS, letterato, politico, membro del Movimento Federalista Europeo, Antifascista, Azionista e Partigiano.

Bolis nacque a Milano nel 1918 in una famiglia della piccola borghesia e simpatizzante per il fascismo: infatti il padre lo portava spesso con sé alle conferenze dell’Istituto fascista di cultura e Luciano crebbe senza nessuna idea antifascista

Quando Bolis s’iscrisse all’Università di Pavia (dove si laureò in lettere e filosofia) cominciò a maturare politicamente e a partecipare ad alcune cospirazioni antifasciste distribuendo volantini e diffondendo opere letterarie vietate. I gruppi studenteschi milanesi e pavesi avevano inoltre preso contatti con UGO LA MALFA (1903- 1979) e FERRUCCIO PARRI (1890- 1981) che Bolis considererà un punto di riferimento etico-politico fondamentale della sua vita. Leggi il resto di questo articolo »

Ai giorni nostri si nota una vergognosa miseria intellettuale e un’incapacità di trarre dai più nobili esempi del passato l’ispirazione a perseguire grandi ideali. Per affermare la dignità umana occorrono solo saggezza e pazienza

Di questi tempi in cui i libri, soprattutto quelli di seria cultura, sono ormai oggetti in via d’estinzione, le edizioni critiche di grandi opere meritano di essere celebrate. Quando poi si tratta di un’opera importante di storia e di filosofia, come il Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni di Voltaire – pubblicata da Einaudi in due tomi nella prestigiosa collana ‘I millenni’ – è il caso di celebrare con entusiasmo: il piacere della lettura è garantito. Leggi il resto di questo articolo »

HO LETTO una massima sul video di un taxi: “Ogni movimento comincia con un’idea”. E, si potrebbe aggiungere, “declina insieme al declino dell’idea”. Questa massima sembra perfetta per illustrare il fallimento del partito socialdemocratico alle elezioni tedesche, un partito che ha smarrito l’idea che lo qualificava e lo rendeva riconoscibile a chi è anziano come a chi è giovane, perché sedimentata abbastanza da essere memoria condivisa: l’idea di eguaglianza e di giustizia nella libertà. Leggi il resto di questo articolo »

Il 25 luglio 1844 vengono giustiziati nel Vallone di Rovito (Cosenza) mediante fucilazione da parte dell’esercito borbonico ATTILIO BANDIERA (34 anni), EMILIO BANDIERA (25 anni), NICOLA RICCIOTTI (47 anni), GIOVANNI VENERUCCI (33 anni), ANACARSI NARDI (44 anni), GIACOMO ROCCA (31 anni), DOMENICO MORO (22 anni), FRANCESCO BERTI (56 anni), DOMENICO LUPATELLI (41 anni),  patrioti risorgimentali.

GIUSEPPE MILLER (30 anni) e FRANCESCO TESEI (20 anni) morirono negli scontri con i borbonici. CARLO OSMANI, GIUSEPPE TESEI, GIOVANNI MANESSI, TOMMASO MAZZOLI, PAOLO MARIANI, GIOVANNI MELUSO, PIETRO PIAZZOLI, LUIGI NANNI e GIUSEPPE PACCHIONI furono catturati e condannati all’ergastolo o a molti anni di carcere. Leggi il resto di questo articolo »

Prima di Mani pulite lo scritto su tangenti e politica – 1991

Pubblichiamo un’ampia sintesi della prefazione che Stefano Rodotà nel 1991 scrisse per il libro “Milano degli scandali”

Sono, queste, cronache di ordinaria corruzione. In esse non si riflette una patologia, ma quella che ormai sta diventando (è già diventata ?) la fisiologia dell’intero sistema politico – amministrativo dell’Italia repubblicana. Non sono cronache di una lontana provincia, isolate e dissonate, ma del centro produttivo del Paese (…) La corruzione si è fatta da tempo metodo di governo. Negli ultimi anni è divenuta qualcosa di più: cultura diffusa, che ispira comportamenti politici e stili di vita di un’intera classe dirigente politica, amministrativa, imprenditoriale, la quale ostenta con durezza i panni del realismo e disprezza il moralismo. Leggi il resto di questo articolo »

L’ETÀ dell’indifferenza: questo il titolo che possiamo dare alle ricerche demoscopiche più recenti sullo stato della coscienza politica dei cittadini italiani. Indifferenza, soprattutto nel caso dei giovani tra i 18 e i 34 anni, per le tradizionali divisioni tra destra e sinistra. Lo conferma il Rapporto Giovani 2017 dell’Istituto Toniolo, realizzato in collaborazione con Fim Cisl.

I giovani non sono indifferenti alle questioni di giustizia (e di ingiustizia) sociale — alla crescita della diseguaglianza, al declino delle eguali opportunità, al valore tradito del merito personale: insomma agli ideali che dal Settecento in poi sono stati rubricati sotto le bandiere delle varie sinistre. E dunque, in questo senso, non vi è indifferenza per quella divisione antica. Leggi il resto di questo articolo »

Non temo e non spero nulla. So soltanto che ciascuno di noi deve fare ogni giorno, sino all’ultimo, il suo dovere… Bisogna saper lavorare con umiltà, senza ostentazione, magari anche in attività oscure… Leggi il resto di questo articolo »

Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco

Il 23 agosto del 1927 venivano giustiziati sulla sedia elettrica nel penitenziario di Charlestown (Boston, USA) gli anarchici italiani NICOLA SACCO, operaio in un calzaturificio, e BARTOLOMEO VANZETTI, piccolo venditore di pesce.

Venivano uccisi dall’intolleranza e dal fanatismo del potere americano con un’accusa infamante e ingiusta costruita a tavolino per colpire, attraverso di loro, il movimento anarchico che difendeva i diritti degli operai sfruttati nelle fabbriche e lottava contro le condizioni in cui versavano gli immigrati italiani che, allora, erano considerati gli “sporchi brutti e cattivi”. I due anarchici verranno totalmente riabilitati il 23 agosto del 1977 dal governatore del Massachusetts Michael Dukakis. La nostra memoria sia un atto di gratitudine e di riconoscimento per il seme di libertà e giustizia che insieme con i loro Compagni hanno comunque diffuso. Leggi il resto di questo articolo »

Ci ho messo un po’ di tempo ma credo di avere finalmente capito che cosa significa “non farsi cambiare lo stile di vita dall’Isis”, che sembra la maggiore preoccupazione di questi giorni insanguinati da una strage, un attentato, un omicidio al giorno più o meno su commissione del Califfato. Ci ho messo tanto non perché non mi facciano ovviamente orrore le sequenze terroristiche che si sono recentemente e paurosamente infittite: comunque la si pensi è certamente una guerra, condotta con altri mezzi ma assai vicina a quella che gli esperti chiamano “terza guerra mondiale strisciante”. Leggi il resto di questo articolo »

DA qualche tempo a questa parte il tema della corruzione occupa le prime pagine dei nostri giornali e attira l’attenzione, e lo sdegno, dell’opinione pubblica. Non mancano i cinici che, autodefinendosi realisti, fanno notare che la corruzione è sempre esistita. Deplorano quello che definiscono moralismo e denunciano le campagne anti-corruzione come sempre tendenti a squalificare l’avversario politico. Invece occuparsi, e preoccuparsi della corruzione, oggi convertita in una perversa normalità, non è moralismo, ma una oggettiva necessità sia politica che culturale. Leggi il resto di questo articolo »

La dialettica giovani-anziani varia nelle diverse epoche
Ma la storia antica dell’Isola di Pasqua svela che spesso sono i padri a divorare i figli

LE società vecchie sono quelle soffocate dal peso del passato. Le giovani sono quelle che, almeno in parte, se ne affrancano, per guardare liberamente se stesse e deliberare senza pregiudizi. Le età delle società si misurano in “generazioni”. Ma, che cosa sono le generazioni, una volta che, dalla cellula in cui sta il rapporto generativo genitori- figli, si passa alla dimensione sociale in cui migliaia o milioni d’individui si succedono sulla scena della vita, gli uni agli altri? Una volta che si voglia sostenere che una generazione giovane sostituisce una generazione vecchia? La questione ha una storia. Thomas Jefferson disse: «La terra appartiene a (alla generazione de) i viventi» («the earth belongs to the living»). Quel motto stava a significare che, sebbene ogni costituzione porti in sé ed esprima l’esigenza di stabilità e continuità, non si doveva pensare a una fissità assoluta, a costituzioni perenni e immodificabili. Poiché ogni generazione è indipendente da quella che la precede, ognuna può utilizzare come meglio crede, durante il proprio “usufrutto”, i beni di questo mondo e, tra questi, le leggi e le costituzioni. Ma, qual è la “scadenza” di una generazione, cioè la sua durata in vita? Leggi il resto di questo articolo »

Ora la corruzione è a norma di legge

La questione morale ha cambiato taglia. Ma non è la “mappa della corruzione” nella Pubblica amministrazione, con le sue percentuali di illeciti che sembrano aver impressionato il ministro della Giustizia Orlando (Fatto Quotidiano 19/01/2015) a fare la differenza. Per la semplice ragione che si tratta di “illeciti”. Cioè di violazioni della legge. Almeno dai tempi di Tacito è ben noto che la peggiore corruzione è quella “a norma di legge”, per far eco al bel titolo di un recente libro di Rizzo e Giavazzi. Ma ancora peggiore è la corruzione della legge stessa. Qui per illustrare il fenomeno vien buona un’altra immagine di sartoria. Secondo una famosa ricetta cinica di Giolitti, “Un sarto che deve tagliare un abito per un gobbo deve fare la gobba anche all’abito”. La corruzione delle leggi è appunto questo: una legge non serve a prevenire, impedire o raddrizzare una deformità, ma ad adattarcisi al meglio. Leggi il resto di questo articolo »

Sono trascorse due settimane dall’approvazione in prima lettura, a Palazzo Madama, della riforma del Senato. Ma, prima di commentarla, il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, si è preso il suo tempo. Ciò che ne pensa è noto. A marzo ha firmato l’appello di Libertà e Giustizia, di cui è presidente, contro la “svolta autoritaria” segnata dal Patto del Nazareno per il combinato disposto della riforma costituzionale e di quella elettorale (il cosiddetto Italicum), beccandosi del “gufo”, del “professorone” e del “solone”. In aprile ha guidato la manifestazione di L&G a Modena “Per un’Italia libera e onesta”. A maggio ha inviato un lungo testo con una serie di proposte alternative – pubblicato dal Fatto Quotidiano – alla ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, che l’aveva invitato a un convegno di costituzionalisti a cui non aveva potuto partecipare: la ministra s’era impegnata a diffonderlo, ma poi non se n’è più saputo nulla. Ai primi di agosto, nel pieno delle votazioni al Senato, ha scritto un editoriale su Repubblica intitolato “La Costituzione e il governo stile executive”, in cui ha cercato di spiegare il senso di ciò che sta accadendo. Ora accetta di riparlarne con Il Fatto. A partire dal memorandum 2013 di JP Morgan che, come abbiamo scritto l’altro giorno, presenta straordinarie somiglianze con l’agenda Renzi. Leggi il resto di questo articolo »

Anticipiamo un capitolo dal libro “Una breve primavera. I ragazzi sperduti della Resistenza tradita di Pierfranco Pellizzetti, in questi giorni in libreria per Sedizioni.

La storia dell’Italia repubblicana può essere raccontata come una versione in costante aggiornamento del mito di Saturno; la divinità che procreava i figli per poi sbranarli. Ossia l’interminabile sequela di coorti generazionali prosciugate delle loro migliori energie intellettuali e invariabilmente mandate al macero. Si cominciò – come si era detto a proposito di Bruno/Scoglio – con i ragazzi che per due inverni di ferro e di fuoco – tra il 1943 e il 1945 – si illusero (vennero illusi) di essere destinati a canalizzare le esperienze formative e fondative della lotta partigiana nello spirito fecondatore di una classe dirigente rinnovata; profondamente diversa per passione e civismo da quelle che l’avevano preceduta, durante il Ventennio e prima ancora, nell’Italietta dei re sciaboletta, dei notabili e delle burocrazie borboniche di ritorno. Tra “il fascismo come autobiografia di una nazione”, come scrisse Piero Gobetti, e il “quest’Italia non ci piace” di Giovanni Amendola. Leggi il resto di questo articolo »

Sono nata durante i lavori dell’Assemblea Costituente e questo mi lega in modo indissolubile alla Costituzione della Repubblica Italiana. Quindi non mi piace per nulla che questa venga cambiata nè in modo intelligente,nè in modo approssimativo e controproducente. Se poi le variazioni attentano allo spirito dei Costituenti ne rimango ferita. Vorrei argomentare sulla base di buonsenso para giuridico. Tutti i paesi civili hanno, al fine di garantire la democrazia, due camere.

Maria Fida Moro

Sono contraria ad eliminare una delle camere, perchè non serve in quanto non risolve i problemi e non è per nulla democratico nel contenuto e nel metodo (se proprio si vuole diminuire il numero degli eletti si può fare senza necessariamente escludere una delle camere). Ma, ammmesso di volerne proprio eliminare una, perchè proprio quella più antica, la camera alta, quella che aveva nell’intento dei Costituenti il più alto profilo, quella composta dai membri più anziani, la camera più prestigiosa ed, a mio avviso, la più bella? Leggi il resto di questo articolo »

Volevamo l’impossibile, adesso ci accontentiamo di un treno in orario

 Caro Serra, sono una studentessa di Medicina, ho quasi 22 anni. Abito in una grande città ma sono costretta a frequentare le lezioni in una succursale della mia facoltà che si trova in un’altra città. Ogni giorno di buon mattino mi unisco al popolo dei pendolari, salgo su un treno e mi faccio un’oretta di viaggio. I treni sono mediamente sudici, quasi mai puntuali, le navette e i mezzi di collegamento fra stazione e università sono anche peggio dei treni, Nonostante questo, faccio quello che mi va di fare e studio quello che voglio studiare, quindi va bene così, anche se certi giorni è difficile e la stanchezza ha la meglio sull’entusiasmo. Leggi il resto di questo articolo »

Pubblichiamo un estratto della lectio magistralis tenuta da Roberta De Monticelli al Festival della Filosofia di Modena

Il Festival quest’anno ha avuto un bel coraggio. Già in poesia ci vuole coraggio a parlare d’amore. Ricordate Umberto Saba? “Amai trite parole che non uno/ osava. M’incantò la rima fiore / amore, / la più antica, difficile del mondo”. Il tema del festival, “Amare”, fu scelto in tempi in cui era ancora lecito sperare che la politica sarebbe presto tornata a essere quello che dovrebbe, quando delle istituzioni ci si può fidare. È vero, né la vita privata né la vita interiore delle persone possono fermarsi solo perché le istituzioni vivono un momento di crisi, soprattutto in un paese dove questi momenti durano interi decenni. Si può e si deve anche parlare d’altro. Ma credo che nei limiti del possibile bisogna farlo in modo che non sia come “far finta di niente”. Altrimenti noi tutti incorreremo di nuovo nella colpa che Piero Calamandrei chiamava “la cieca e dissennata assenza”. Di quelli che, quando un vigliacco imboscato vicino a Chiasso (per scappare) spedì le sue squadracce alla marcia su Roma, si tirarono da parte per far posto. E così fecero silenziosa eco al sublime Luigi Facta, ultimo presidente del Consiglio prima di Mussolini: “Nutro fiducia”. Leggi il resto di questo articolo »

Se ho lavorato, questo è dovuto unicamente alle convinzioni morali che ormai sono la spina dorsale di ogni mio agire, la convinzione che la vita va vissuta come una missione… un uomo senza ideali non è un uomo ed è doveroso sacrificare, quando è necessario, ogni cosa per questi ideali.

Pilo Albertelli, Martire delle Fosse Ardeatine  1944

 



 

 

 

vedi: 20 marzo 2011. Le sante e il garibaldino.,

14 gennaio 2011. Una Breccia ad Ostia.

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Che tuffo al cuore, quelle parole di Enrico Berlinguer sulla questione morale, che questo giornale ha tanto opportunamente ripubblicato in questi giorni. Già allora avevano suscitato alcune aspre reazioni proprio in quella sinistra di cui Berlinguer è stato l’ultimo grande leader, voci che si levarono dal cuore del suo stesso partito. Da allora, è curioso, tutto è cambiato fuorché il genere di argomenti, anzi per essere onesti di non-argomenti, che i critici del “moralismo” accampano contro ogni rinnovata denuncia della questione morale. E non parlo di quei “servi liberi” che hanno inventato per la parola “moralismo” un paio almeno di nuove accezioni negative, oltre a quella corrente di atteggiamento ipocrita, caratteristico di chi predica bene per razzolare male. Non parlo dei vessilliferi delle mutande, che hanno inventato addirittura una versione omertosa del vangelo, dove “chi è senza peccato scagli la prima pietra” vuol dire “se faccio schifo io fai schifo anche tu, e allora sta’ zitto perché non ti conviene”, o che hanno sostituito nella loro mente la parola “giustizia” con l’opaco spregiativo “giustizialismo”. Leggi il resto di questo articolo »

Nel 1549 fu pubblicato un libello in cui si studiava lo spettacolo sorprendente della disponibilità degli esseri umani, in massa, a essere servi, quando sarebbe sufficiente decidere di non servire più, per essere ipso facto liberi. Che cosa è – parole di Etienne de la Boétie (1530- 1563), amico di Montaigne – questa complicità degli oppressi con l’oppressore, questo vizio mostruoso che non merita nemmeno il titolo di codardia, che non trova un nome abbastanza spregevole? Il nome – apparso allora per la prima volta – è “servitù volontaria”.

Un ossimoro: se è volontaria, non è serva e, se è serva, non è volontaria. Eppure, la formula ha una sua forza e una sua ragion d’essere. Indica il caso in cui, in vista di un certo risultato utile, ci s’impone da sé la rinuncia alla libertà del proprio volere o, quantomeno, ci si adatta alla rinuncia. Entrano in scena i tipi umani quali noi siamo: il conformista, l’opportunista, il gretto e il timoroso: materia per antropologi. Leggi il resto di questo articolo »

MANIFESTO PER UNA VITA CONVIVIALE. CAILLE’: UNA NUOVA ETICA FONDATA SUI BENI COMUNI

Intervista di Marino Niola

Siamo in piena decivilizzazione. E Si fa sempre più forte per molti uomini e donne del pianeta la tentazione di un ritorno allo stato di natura, cioè a una condi­zione barbarica dove tutti sono in guerra contro tutti. A dirlo e il cele­bre sociologo francese Alain Caillé, autore del Manifesto del conviviali­smo e fondatore, insieme a Serge Latouche e Jacques Godebout del MAUSS, il Movimento Anti-Utili­tarista nelle Scienze Sociali, ispira­to all’antropologo Marcel Mauss, l’autore del Saggio sul dono, un te­sto che ha cambiato la storia delle scienze dell’uomo. E che ha guada­gnato ai tre paladini dell’economia gentile e della decrescita felice l’ ap­pellativo di tre mauss-chettieri. Leggi il resto di questo articolo »

La questione dei beni comuni è la cartina di tornasole dello stato di salute di una demo­crazia. Dove non c’è altra legge al di fuori di quella del mercato non c’è posto per i beni comuni, quei beni condivisi che appartengono all’u­manità. (…) L’idea neoliberista che il mo­vente essenziale dell’essere umano sia solo quello di massimizzare pia­ceri, comfort e proprietà, in una pa­rola utilità, è ideologia pura, con­traddetta dai fatti. L’ homo non è solo oeconomicus e le relazioni tra in­dividui non sono solo mercantili. (…) Oggi una delle reazioni alle di­seguaglianze economiche è pro­prio quella di scambi gratuiti e di servizi pubblici. Ma solo la costru­zione di una nuova etica può ren­dere possibile la società del Convi­vialismo. Una passione quasi reli­giosa, uno slancio delle coscienze come quelli che stavano dietro la nascita del liberalismo o del socialismo. Senza sogni collettivi e grandi ideali il nuovo non avanza.

Alain Caillé, fondatore, assieme a Serge Latouche, del MAUSS, il movimento antiutilitarista

Noi credevamo“, recita il bel titolo del recente film di Mario Martone sul Risorgimento ( discreto ma, forse, non perfettamente riuscito e comunque un tentativo importante). C’era gente che credeva durante il Risorgimento, durante quella costruzione faticosa di un’Italia che quegli uomini sognavano democratica, libera, repubblicana ( o anche monarchica ma senza culto del re). E il loro credere si concretizzava in un impegno che durò dieci, venti, trent’anni: in battaglie, moti locali, discussioni, progetti. Vite spese per un ideale, in maniera totale. Questo, forse, è il lascito più grande di quel periodo: gente che credeva, uomini  che si si assomigliavano tra loro anche se distanti nel tempo e nei luoghi. Leggi il resto di questo articolo »

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