Siamo dei buchi neri con dentro un cuore nero in mezzo al buio. I pochi lampi di luce che ogni tanto escono da quel buco nero con un cuore nero dentro non bastano a rivedere il giudizio che con coraggio dovremmo dare sull’umanità intera e sulla sua storia ( e quindi anche su ciascuno di noi) evitando di prendere quei lampi di luce come una galassia luminosa.

Da quel cuore nero grondano barbarie, atrocità, nefandezze e inumanità ( leggi QUI): ciò che sta succedendo a Gaza non è altro che l’ultimo tragico esempio di un rosario infinito di stragi e genocidi che solo una stentata ragionevolezza potrebbe un po’ tenere a bada: il grande scrittore francese Cèline aveva ragione ( leggi QUI).

Da quel cuore nero grondano disinteresse, egoismo, indifferenza e attenzione solo al proprio tornaconto, alla propria “zona d’interesse” anche se circondata da sangue e violenza ( leggi o rileggi QUI).

Atteggiamenti del nostro cuore nero che sostengono ( di fatto) a distanza il cuore nero del pilota israeliano che sgancia una bomba su una scuola, un ospedale, un luogo dove si sta cercando di procurare del cibo ( rileggi i tanti articoli che trovi QUI).

A volte da quel cuore nero grondano lacrime ma fatte di acciaio che mai modificheranno veramente il nostro modo esistenziale di porci di fronte alle tragedie come quella di Gaza. Lacrime di un minuto, due al massimo.

Lacrime d’acciaio, però, più che sufficienti per auto-assolverci.

Su Gaza, sui suoi vecchi, donne, uomini e bambini massacrati  non aleggiano solo gli aerei di morte israeliani ma anche i nostri cuori neri, occidentali, civili, religiosi, retti, progrediti, tecnologici e democratici resi sempre più neri da questa guerra di sterminio. (GLR)

 


 

 

 

UN GENOCIDIO PREANNUNCIATO

Il genocidio a Gaza è la fase finale di un processo iniziato da Israele decenni fa. Chiunque non l’abbia previsto è perchè ha voluto rimanere cieco di fronte al carattere e agli obiettivi finali dello Stato di apartheid.

A Gaza non ci sono sorprese. Ogni atto orribile del genocidio israeliano era già stato anticipato. Lo è stato per decenni.

L’espropriazione dei palestinesi della loro terra è il cuore pulsante del progetto coloniale dei coloni di Israele. Questo esproprio aveva avuto momenti storici drammatici – nel 1948 e nel 1967 – quando vaste parti della Palestina storica erano state confiscate e centinaia di migliaia di palestinesi erano stati ripuliti etnicamente.

L’espropriazione è avvenuta anche in modo graduale: il furto di territori al rallentatore e la costante pulizia etnica in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.

L’incursione del 7 ottobre in Israele da parte di Hamas e di altri gruppi di resistenza, che ha causato la morte di 1.154 israeliani, turisti e lavoratori migranti e ha visto circa 240 persone prese in ostaggio, ha dato a Israele il pretesto per ciò che desidera da tempo: la cancellazione totale dei palestinesi.

 

Israele ha distrutto il 77% delle strutture sanitarie di Gaza, il 68% delle infrastrutture di telecomunicazione, quasi tutti gli edifici municipali e governativi, i centri commerciali, industriali e agricoli, quasi la metà di tutte le strade, oltre il 60% delle 439.000 case di Gaza, il 68% degli edifici residenziali – il bombardamento della torre Al-Taj a Gaza City, il 25 ottobre, ha ucciso 101 persone, tra cui 44 bambini e 37 donne, e ferito centinaia di persone – e ha distrutto i campi profughi.

L’attacco al campo profughi di Jabalia, il 25 ottobre, ha ucciso almeno 126 civili, tra cui 69 bambini, e ne ha feriti 280. Israele ha danneggiato o distrutto le università di Gaza, tutte chiuse, e il 60% delle altre strutture educative, tra cui 13 biblioteche. Ha inoltre distrutto almeno 195 siti del patrimonio culturale, tra cui 208 moschee, chiese e l‘Archivio centrale di Gaza, che custodiva 150 anni di registrazioni e documenti storici.


I cacciabombardieri, i missili, i droni, i carri armati, i pezzi di artiglieria e i cannoni navali di Israele polverizzano quotidianamente Gaza – che è lunga solo 20 miglia e larga cinque – in una campagna di terra bruciata che non si vedeva dai tempi della guerra in Vietnam.


Israele ha sganciato su Gaza 25.000 tonnellate di esplosivi – equivalenti a due bombe nucleari – e molti obiettivi sono stati selezionati dall’intelligenza artificiale.

Sgancia munizioni non guidate (“bombe inerti”) e bombe “bunker buster” da 2.000 libbre sui campi profughi e sui centri urbani densamente popolati, nonché sulle cosiddette “zone sicure” – il 42% dei palestinesi uccisi si trovava in queste “zone sicure”, dove Israele aveva ordinato loro di fuggire.

Oltre 1,7 milioni di palestinesi sono stati sfollati dalle loro case, costretti a trovare rifugio in rifugi sovraffollati dell’UNRWA, nei corridoi e nei cortili degli ospedali, nelle scuole, nelle tende o all’aperto nel sud di Gaza, spesso accanto a fetide pozze di liquami.


Israele a Gaza ha ucciso almeno 32.705 palestinesi, tra cui 13.000 bambini e 9.000 donne. Ciò significa che Israele sta massacrando 187 persone al giorno, tra cui 75 bambini. Ha ucciso 136 giornalisti, molti dei quali, se non la maggior parte, presi deliberatamente di mira. Ha ucciso 340 medici, infermieri e altri operatori sanitari – il quattro per cento del personale sanitario di Gaza.

Questi numeri non riflettono il reale bilancio delle vittime, poiché vengono contati solo i morti registrati negli obitori e negli ospedali, la maggior parte dei quali non funziona più. Il bilancio delle vittime, se si contano anche i dispersi, supera di gran lunga le 40.000 unità.

I medici sono costretti ad amputare arti senza anestesia. Persone con gravi patologie – cancro, diabete, malattie cardiache, malattie renali – sono morte per mancanza di cure o moriranno presto. Più di cento donne partoriscono ogni giorno, con poca o nessuna assistenza medica.

Gli aborti spontanei sono aumentati del 300%. Oltre il 90% dei palestinesi di Gaza soffre di una grave insicurezza alimentare, e ci sono persone che mangiano cibo per animali ed erba. I bambini muoiono di fame. Scrittori, accademici, scienziati e i loro familiari palestinesi sono stati rintracciati e assassinati. Oltre 75.000 palestinesi sono stati feriti e molti di loro rimarranno invalidi a vita.


Il 70% delle morti registrate sono di donne e bambini“, scrive Francesca Albanese, relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, nel suo rapporto pubblicato il 25 marzo. “Israele non è riuscito a dimostrare che il restante 30%, cioè i maschi adulti, fossero combattenti attivi di Hamas – una condizione necessaria affinché potessero essere legittimamente presi di miraAll’inizio di dicembre, i consiglieri di sicurezza israeliani avevano dichiarato di aver ucciso ‘7.000 terroristi” in una fase della campagna in cui meno di 5.000 maschi adulti in totale erano stati ‘identificati tra le vittime, dando così per scontato che tutti i maschi adulti uccisi fossero ‘terroristi’“.

Israele usa dei trucchi linguistici per negare a chiunque a Gaza lo status di civile e a qualsiasi edificio – comprese moschee, ospedali e scuole – lo status di area protetta.

I palestinesi vengono tutti etichettati come responsabili dell’attacco del 7 ottobre o come scudi umani di Hamas. Tutte le strutture sono considerate obiettivi legittimi da Israele in quanto presunti centri di comando di Hamas o perché ospiterebbero combattenti di Hamas.


Queste accuse, scrive la Albanese, sono il “pretesto” usato per giustificare “l’uccisione di civili sotto un manto di presunta legalità, la cui omnicomprensiva pervasività ammette solo un intento genocida“.


Non avevamo visto un assalto ai palestinesi di questa portata, ma tutte queste misure – l’uccisione di civili, l’esproprio di terre, la detenzione arbitraria, la tortura, le sparizioni, la chiusura di città e villaggi palestinesi, la demolizione di case, la revoca dei permessi di soggiorno, la deportazione, la distruzione delle infrastrutture che mantengono la società civile, l’occupazione militare, il linguaggio disumanizzante, il furto di risorse naturali, in particolare delle falde acquifere – caratterizzano da tempo la campagna israeliana intesa a sradicare i palestinesi.


L’occupazione e il genocidio non sarebbero possibili senza gli Stati Uniti, che forniscono a Israele 3,8 miliardi di dollari di assistenza militare annuale e che ora stanno inviando a Israele altri 2,5 miliardi di dollari in bombe, tra cui 1.800 bombe MK84 da 2.000 libbre, 500 bombe MK82 da 500 libbre e jet da combattimento.

Anche questo è il nostro genocidio.


Il genocidio a Gaza è il culmine di un processo. Non è un atto isolato. Il genocidio è il prevedibile epilogo del progetto coloniale dei coloni di Israele. È codificato nel DNA dello Stato di apartheid israeliano. È il punto in cui Israele doveva arrivare.


I leader sionisti ammettono apertamente i loro obiettivi.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, dopo il 7 ottobre, aveva annunciato che Gaza non avrebbe ricevuto “né elettricità, né cibo, né acqua, né carburante”. Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz aveva dichiarato: “Aiuti umanitari a Gaza? Nessun interruttore elettrico sarà acceso, nessun idrante sarà aperto”. Avi Dichter, ministro dell’Agricoltura, aveva definito l’assalto militare di Israele come “la Nakba di Gaza”, facendo riferimento alla Nakba, o “catastrofe”, che tra il 1947 e il 1949 aveva cacciato 750.000 palestinesi dalla loro terra e ne aveva visti migliaia massacrati dalle milizie sioniste.

Il membro del Likud della Knesset israeliana Revital Gottlieb aveva postato sul suo account di social media: “Abbattete gli edifici! Bombardate senza distinzione!!!…Spianate Gaza. Senza pietà! Questa volta non c’è spazio per la pietà!”. Per non essere da meno, il ministro del Patrimonio Amichai Eliyahu aveva sostenuto l’uso di armi nucleari su Gaza come “una delle possibilità”.


Il messaggio della leadership israeliana è inequivocabile. Annientare i palestinesi come noi abbiamo annientato i nativi americani, come gli australiani hanno annientato i popoli delle Prime Nazioni, come i tedeschi hanno annientato gli Herero in Namibia, come i turchi hanno annientato gli armeni e i nazisti hanno annientato gli ebrei.

 

Le specificità sono diverse. Il processo è lo stesso.

Non possiamo invocare l’ignoranza. Sappiamo cosa’era successo ai palestinesi. Sappiamo cosa sta accadendo ai palestinesi. Sappiamo cosa accadrà ai palestinesi.

Ma è più facile fingere. Fingere che Israele permetta l’ingresso di aiuti umanitari. Fingere che ci sarà un cessate il fuoco. Fingere che i palestinesi torneranno alle loro case distrutte a Gaza. Fingere che Gaza sarà ricostruita. Fingere che l’Autorità Palestinese amministrerà Gaza. Fingere che ci sarà una soluzione a due Stati. Fingere che non ci sia un genocidio.

Il genocidio, che gli Stati Uniti finanziano e sostengono con spedizioni di armi, dice qualcosa non solo su Israele, ma anche su di noi, sulla civiltà occidentale, su chi siamo come popolo, da dove veniamo e cosa ci definisce.

Dice che tutta la nostra millantata moralità e il rispetto per i diritti umani sono una menzogna.

Dice che le persone di colore, soprattutto quando sono povere e vulnerabili, non contano. Dice che le loro speranze, i loro sogni, la loro dignità e le loro aspirazioni di libertà non hanno valore.

Dice che arriveremo al dominio globale attraverso la violenza razziale.


Questa bugia – che la civiltà occidentale è fondata su “valori” come il rispetto dei diritti umani e lo stato di diritto – è una menzogna che i palestinesi e tutti coloro che vivono nel Sud globale, così come i nativi americani e gli americani di colore, conoscono da secoli. Ma con il genocidio di Gaza in diretta streaming, questa menzogna è impossibile da sostenere.


Non fermiamo il genocidio di Israele perché siamo Israele, infettati dalla supremazia bianca e inebriati dal dominio della ricchezza del mondo e dal potere di annientare gli altri con le nostre armi industriali.

Ricordate l’editorialista del New York Times Thomas Friedman che, alla vigilia della guerra in Iraq, aveva detto a Charlie Rose che i soldati americani avrebbero dovuto andare casa per casa da Bassora a Baghdad e dire agli iracheni “succhiamelo”? Questo è il vero credo dell’impero statunitense.

Il mondo al di fuori delle fortezze industrializzate del Nord globale è perfettamente consapevole che il destino dei palestinesi è il loro stesso destino.

Quando il cambiamento climatico mette a rischio la sopravvivenza, quando le risorse scarseggiano, quando la migrazione diventa un imperativo per milioni di persone, quando i raccolti agricoli diminuiscono, quando le aree costiere vengono inondate, quando la siccità e gli incendi selvaggi proliferano, quando gli Stati falliscono, quando i movimenti di resistenza armata sorgono per combattere i loro oppressori insieme ai loro proxy,


il genocidio non sarà un’anomalia. Sarà la norma.


I vulnerabili e i poveri della terra, quelli che Frantz Fanon chiamava “i miserabili della Terra”, saranno i prossimi palestinesi.


Chris Hedges, chrishedges.substack.com  30/3/2024

Link: https://chrishedges.substack.com/p/a-genocide-foretold

Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per 15 anni per il New York Times, periodo in cui è stato capo ufficio per il Medio Oriente e capo ufficio per i Balcani. In precedenza aveva lavorato all’estero per il Dallas Morning News, il Christian Science Monitor e la NPR. È il conduttore del programma “The Chris Hedges Report.”

 

 

 

 

Fermiamo i massacri a Gaza.

In questa nuova puntata di “Piazza Libertà”, Armando Manocchia lancia un appello per la pace in Medio Oriente e in tutti gli altri teatri di guerra.

Ci sono degli autentici spiragli di pace? La volontà di chi vuole la guerra è forte e il rischio di un allargamento del conflitto sempre più concreto. Ma oggi più che mai le armi devono tacere per costruire una pace duratura per il bene comune.

Ospiti di questa puntata: Franco Fracassi, giornalista; don Roberto Caria, professore di morale sociale, Massimiliano Salvini, fondatore della comunità ebraica “Er Kibbutz” e Alessio Pinna, studioso del mondo islamico.

 

Ascolta e vedi QUI


 

 

 

 

Vera Pegna. Come è nato il sionismo: l’”invenzione del popolo ebraico

Vera Pegna (1934) è una scrittrice, traduttrice e attivista italiana. Proviene da un’antica famiglia ebraica fuggita nel ’700 dalla Spagna a Livorno. Da giovane a Palermo ha collaborato con Danilo Dolci ed ha portato avanti un’intensa azione antimafia.

 

21/11/2023

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