Articoli marcati con tag ‘ingiustizia’

Immagina che tocchi a te innalzare l’edificio del destino umano allo scopo finale di rendere gli uomini felici e di dare loro pace e tranquillità, ma immagina pure che per far questo sia necessario e inevitabile torturare almeno un piccolo esserino, ecco, proprio quella bambina Leggi il resto di questo articolo »

CONSIDERAZIONI (31)

ANNO III DEL REGIME SANITARIO-DIGITALE Leggi il resto di questo articolo »

Lo Stato deve educare, se la politica usa parole brutali, l’etica svanisce nella piazza.

Il compito di uno Stato di diritto è garantire libertà e sicurezza ai cittadini. Se il capitano di una nave vìola la legge è doveroso (e automatico) che lo Stato provveda, con le competenze e gli organismi adeguati, a indagare ed eventualmente a punire il capitano. Con le aggravanti e le attenuanti del caso. Leggi il resto di questo articolo »

Mentre a Roma il professor Conte faceva il suo discorso di investitura alle Camere e riceveva il sostegno di una coalizione giallo-verde e un poco nera, a Madrid nasceva il nuovo governo a guida socialista (primo in Europa con una maggioranza di ministre) dopo le dimissioni del conservatore Rajoy, sfiduciato dal Parlamento dopo una sentenza per corruzione che ha coinvolto il suo partito. Sánchez, il leader socialista del nuovo governo spagnolo, ha rifiutato di giurare sulla Bibbia. Leggi il resto di questo articolo »

«Noam Chomsky parla del suo ultimo libro e dei disastri causati dal neo-liberalismo e dal postmoderno “Gli intellettuali devono resistere contro le false realtà create dal potere”» (c.m.c)

Cinquant’anni fa, nel 1967 sulla New York Review of Books, l’allora non ancora trentanovenne Noam Chomsky, linguista geniale e innovativo (una decina di anni prima aveva cominciato a spiegare come la nostra capacità di generare frasi sia innata), pubblicava un lungo saggio sulla responsabilità degli intellettuali. Quel testo diceva, in fondo, una cosa semplice: occorre svelare le menzogne del potere e cercare di ristabilire la verità dei fatti. Era un potente manifesto che serviva alla mobilitazione della meglio gioventù d’America contro la guerra in Vietnam.

Nel frattempo, il professore, giunto all’età di ottantotto anni, è stato al centro di varie e frequenti controversie, fu più volte indicato come l’intellettuale più influente del mondo ( in genere il secondo classificato era il nostro Umberto Eco); e ora, tonico, lucido, con un eloquio difficile da interrompere concede questa intervista. Il pretesto è la pubblicazione, con Ponte alle Grazie, di un suo saggio Le dieci leggi del potere. Requiem per il sogno americano; ma poi si parla anche del ruolo appunto del pubblico intellettuale ai tempi della crisi della gerarchia del sapere, di Trump e delle fake news. Leggi il resto di questo articolo »

Signor direttore,

le accuse di populismo vanno nella giusta direzione, qualcuno non ama il popolo, ed ecco svelata la verità del perché siamo orgogliosi di essere populisti. Perché siamo il popolo sovrano e la sovranità appartiene al popolo, siamo populisti perché amiamo la nostra Costituzione e la vogliamo cambiare togliendo immunità e privilegi incompatibili con la giustizia sociale, siamo populisti perché in Italia devono nascere aziende italiane non multinazionali anonime (…) in mano a banche straniere, siamo populisti perché vogliamo tornare a votare e non vogliamo essere governati dalla JP Morgan o dalla Philippe Morris o da Amazon, siamo populisti perché le tasse le devono pagare tutti compresa la Fiat che fattasi grande con il Made in Italy se ne va nei paradisi fiscali e lascia agli italiani il solo onere di pagare le tasse al suo posto (…), Leggi il resto di questo articolo »

Abbiamo perso l’arte di dire “no”. No alla brutalità della politica, no alla follia delle ingiustizie economiche che ci circondano, no all’invasione della burocrazia nella nostra vita quotidiana. No all’idea che si possano accettare come normali le guerre, la fame, la schiavitù infantile. C’è un bisogno enorme di tornare a pronunciare quella parola. E invece ne siamo incapaci. Leggi il resto di questo articolo »

Antonio Gramsci è, più di ogni altro, autore fecondamente “inattuale”, dissonante rispetto allo spirito del nostro presente. A caratterizzare il rapporto che l’odierno tempo del fanatismo dell’economia intrattiene con Gramsci è, infatti, la volontà di rimuoverne la passione rivoluzionaria, l’ideale della creazione di una “città futura” sottratta all’incubo del capitalismo e della sua mercificazione universale. Risiede soprattutto “nell’attuale inattualità” della sua figura la difficoltà di ogni prospettiva che aspiri oggi a ereditare Gramsci e ad assimilare il suo messaggio: ossia ad assumere come orientamento del pensiero e dell’azione la sua indocilità ragionata, fondata sulla filosofia della praxis dei “Quaderni”. Essa trova la sua espressione più magnifica nella condotta di vita gramsciana, nel suo impegno e nella sua coerenza – pagata con la vita – nella “lotta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanesimo”. Critica glaciale delle contraddizioni che innervano il presente e ricerca appassionata di un’ulteriorità nobilitante costituiscono la cifra del messaggio dell’intellettuale sardo: l’ha condensato lui stesso nel noto binomio del “pessimismo dell’intelligenza” e dell’”ottimismo della volontà”. Ereditare Gramsci significa, di conseguenza, metabolizzare la sua coscienza infelice e non conciliata, la passione durevole della ricerca di una felicità più grande di quella disponibile. Leggi il resto di questo articolo »

NEL Preambolo alla Carta dei diritti fondamentali si afferma che l’Unione europea «pone la persona al centro della sua azione». Parlando di “persona”, non si è evocata una astrazione. Al contrario. Con quella parola ci si voleva allontanare proprio dalle astrazioni, consegnate a termini come soggetto o individuo, e si intendeva dare rilievo alla vita materiale, alle condizioni concrete dell’esistere, ad un “costituzionalismo dei bisogni” fondato sull’inviolabile dignità di tutti e ciascuno. Ma nel Mediterraneo ormai quasi ogni giorno muoiono centinaia di persone che all’Europa guardano con speranza, fuggendo dalla guerra, dalle persecuzioni, dalla miseria. I numeri impressionano, ma non sollecitano l’adempimento della promessa scritta nel Preambolo della Carta dei diritti, della quale Juncker ha parlato come di un riferimento obbligato per l’attività dell’Unione europea. Leggi il resto di questo articolo »

Un paese ricco, abitato da poveri: questa è l’Italia della crisi. Un paese che dispone di una ricchezza privata da novemila miliardi, quasi cinque volte il debito pubblico: ma il debito è di tutti, la ricchezza di pochi. I dieci italiani più ricchi possiedono quanto i tre milioni più poveri, i primi venti manager guadagnano quanto quattromila operai, mentre gli stipendi medi sono a un soffio dalla soglia di povertà e mettono a rischio la sopravvivenza anche dei fortunati che hanno ancora un lavoro. Incrociando i dati economici con l’osservazione di fatti e tendenze, Nunzia Penelope mette a confronto l’Italia di chi può avere tutto con quella di chi non ha più niente: dagli stipendi d’oro ai sussidi dei cassaintegrati, dalla casa al cibo, dalla scuola alla salute, passando per le vacanze, l’abbigliamento, gli svaghi. Ne emerge un paese in cui la disuguaglianza ha raggiunto record impensabili, in cui convivono chi colleziona case e chi vive in camper perché non ha più una casa, chi fa shopping col jet privato e chi non può fare nemmeno la spesa, chi mangia a cinque stelle e chi si mette in fila alla Caritas. Un paese in cui la maggioranza stringe la cinghia e non vede l’uscita dal tunnel, mentre una ricca minoranza è già oltre la crisi, o non c’è mai entrata. Quanto potrà durare tutto questo, prima che gli esclusi rivendichino la loro parte?

di   Nunzia Penelope,  ed. Ponte alle Grazie  2012,  € 13,50

 

C’è il re delle cliniche romane che compra un ospedale da don Verzè e pochi mesi dopo lo rivende allo Stato guadagnandoci quasi il 20 per cento. C’è il “very powerful executive chairman” che fa precipitare le azioni della Telecom appena privatizzata e una decina d’anni dopo torna alla carica per rilanciare un marchio automobilistico decotto grazie a improbabili investitori indiani, o forse cinesi, risultato: fallimento. C’è il finanziere amico dei politici che fa crac dopo aver intascato per sé e regalato ai figli decine di milioni della società quotata in borsa. C’è l’imprenditore turistico che ricicla i soldi dei boss, il faccendiere che era iscritto alla P2 in affari con un ex assessore di Cl… Insomma, la razza padrona degli anni Settanta si è trasformata nella razza stracciona di oggi. Intrecci pericolosi tra banche, fondazioni, assicurazioni e poteri pubblici locali e nazionali, connivenze tra controllori e controllati, meccanismi di selezione che premiano familiari e amici indipendentemente da meriti e capacità, una concezione distorta dell’impresa, incompatibile con le regole del capitalismo evoluto e moderno: sono solo alcuni dei vizi della nostra economia e della nostra società che Sergio Rizzo analizza in questo romanzo horror in forma di inchiesta. Non ci è rimasto molto tempo, per evitare che a finire in liquidazione sia tutta l’Italia.

di  Sergio Rizzo,  ed. Rizzoli  2012,  € 17,00

Dalla quarta di copertina: La catastrofe dell’Italia non è solo colpa di una classe politica avida e incapace. C’è un pezzo altrettanto importante di classe dirigente corresponsabile dell’andazzo di questo Paese e di tutti i suoi difetti: la scarsa competitività, la mancanza di produttività, la crescita inesistente. Sono gli imprenditori che se la prendono sempre con lo Stato, ma sarebbero nessuno senza politica e contributi pubblici. I manager che guadagnano milioni mentre riempiono l’Italia di cassintegrati. I banchieri che con una mano negano il credito alle piccole imprese con la scusa delle crisi, e con l’altra intascano stipendi e “bonus” sempre più alti: in barba alla recessione. I costruttori che al riparo dei partiti si arricchiscono facendo scempio del territorio. Per non parlare della parassitaria burocrazia imprenditoriale: 36 sigle, con migliaia di dipendenti, senza un apparato produttivo efficiente e in grado di mettere in campo tutte le nostre più grandi risorse. Nonostante quello che dicono i sindacati, responsabili anche loro del disastro, il problema non è l’articolo 18: il problema è che alla fine la Ducati se la prende l’Audi. E noi al massimo possiamo portare qualche valigetta di euro in Svizzera

 

VEDI: Soldi rubati

Diseguaglianze d’Italia

«Nella prefazione allo Human Development Report delle Nazioni Unite del 1998, John Galbraith documentava che il 20% della popolazione mondiale si accaparrava l’86% di tutti beni e i servizi prodotti nel mondo, mentre il 20% più povero ne consumava solo l’1,3%. Oggi, a quasi undici anni di distanza, queste cifre sono andate, purtroppo, di male in peggio: il 20% più ricco della popolazione consuma il 90% dei beni prodotti, mentre il 20% più povero consuma l’1%».

……….

«La disuguaglianza sociale nei paesi ricchi persiste a causa della fede tenace nei dogmi dell’ingiustizia, e può essere uno choc per le persone scoprire a un certo punto che forse c’è qualcosa di sbagliato in molta parte del tessuto ideologico della società in cui viviamo. Come quelli le cui famiglie possedevano un tempo le piantagioni coltivate dagli schiavi dovevano considerare naturale quel tipo di proprietà al tempo della schiavitù, e come il non voto alle donne era considerato un tempo “una condizione di natura”, così tante grandi ingiustizie dei nostri giorni sono, per molti, semplicemente parte del panorama della normalità».

Daniel Dorling,    da  Injustice. Why social inequality persists,    2010

intervista a Michele Gesualdi,  a cura di Osvaldo Sabato

“Per chi lo ha conosciuto bene don Lorenzo Milani continua a rimanere l’uomo del futuro,  nonostante che gli anni della morte abbiano superato quelli della vita”, dice Michele Gesualdi. A  novant’anni dalla nascita del prete di Barbiana, il 27 maggio del 1923 a Firenze (ma il destino ha  voluto che se ne andasse a 44 anni il 26 giugno 1967) quanto è ancora attuale il suo messaggio?  Michele Gesualdi fu uno dei primi sei allievi di don Milani, oggi è presidente della Fondazione che  porta il suo nome, dopo essere stato per anni sindacalista della Cisl e per due mandati presidente  della Provincia di Firenze. Chi meglio di lui avrebbe potuto raccontare la storia di don Milani, il  priore, come si faceva chiamare dai suoi scolari.  Per il novantesimo dalla nascita è in programma una mostra dal titolo «Don Lorenzo Milani e la  pittura – Dalle opere giovanili al Santo Scolaro » che sarà inaugurata il prossimo 6 giugno a Palazzo  Medici Riccardi, presso gli spazi espositivi della Provincia di Firenze: oltre 80 opere tra dipinti e  disegni, provenienti da collezioni private, di un appassionato studente realizzati all’età di 18 /20  anni, dalle lezioni del pittore Hans-Jachim Staude sino agli studi anatomici presso l’Accademia di  Brera. Leggi il resto di questo articolo »

Oggi nessuna saggezza può pretendere di dare di più. La rivolta cozza instancabilmente contro il male, dal quale non le rimane che prendere un nuovo slancio. L’uomo può signoreggiare in sé tutto ciò che deve essere signoreggiato. Deve riparare nella creazione tutto ciò che può essere riparato. Dopo di che i bambini moriranno sempre ingiustamente, anche in una società perfetta. Nel suo sforzo maggiore l’uomo può soltanto proporsi di diminuire aritmeticamente il dolore del mondo.

Albert Camus  (1913- 1960),   da  L’uomo in rivolta, 1951

 

vedi:  Pensiero Urgente n.184)

Pensiero Urgente n.250)

Invincibile estate


Le lotte per ridurre le ineguaglianze si sono per lungo tempo concentrate sulla ripartizione equa delle ricchezze. Da qualche decennio un nuovo tipo di domanda muove l’esigenza di redistribuzione verso il rispetto delle diversità, delle identità minoritarie e alla lotta contro le discriminazioni. Si può pensare il rapporto fra queste due concezioni, in modo che esse si rafforzino reciprocamente? Il «riconoscimento» si è imposto come un concetto-chiave della nostra epoca, nell’ora in cui il capitalismo accelera i contatti transculturali, rompe gli schemi interpretativi e politicizza le identità. I gruppi mobilitati sotto il vessillo della nazione, dell’etnia, della «razza», del genere, della sessualità lottano per «fare riconoscere una diversità». In queste lotte l’identità sostituisce gli interessi di classe come luogo della mobilitazione politica – si chiede più spesso di essere «riconosciuto» come Nero, omosessuale, lombardo [ndt.: corrézien nel testo = cittadino della Corrèze, altipiano della Francia sud-occidentale] o ortodosso come sinonimo di fondamentale ingiustizia. Leggi il resto di questo articolo »

Succede che lo 0,5% della popolazione mondiale detiene 69 trilioni di dollari mentre il 68% dispone solo di 8 trilioni.

La voglia di dimostrare con la forza della ragione e il rigore dei numeri che ci si può sempre opporre a tutti i conformismi. Un saggio di Luciano Gallino illustra le conseguenze economiche di un sistema creato dai più ricchi e che ha elevato la diseguaglianza a ideale di sviluppo. L´unico antidoto è il cuore dell´Europa: lo stato sociale.

Nel 1974, quando uscì la prima edizione del Saggio sulle classi sociali, avevo dodici anni. Un ragazzino, in effetti. Ma sei anni dopo, già sufficientemente affamato di politica, trasformai quel libro straordinario di Paolo Sylos Labini nella mia Bibbia. Me lo consigliò il professore di storia e filosofia che mi preparava all´esame di maturità: «Lo devi leggere assolutamente, se vuoi capire qualcosa della società italiana». Aveva ragione. Sono passati quasi trent´anni. Ho perso le tracce di quel professore. E quel grande economista di Sylos Labini purtroppo non c´è più. Ma appena ho finito di leggere l´ultimo libro-intervista di Luciano Gallino (La lotta di classe-Dopo la lotta di classe, scritto insieme a Paola Borgna per Laterza) mi è tornato subito in mente il vecchio Saggio sulle classi sociali, che tanto ha spiegato dell´Italia più profonda, tra fascismo e Prima Repubblica. Leggi il resto di questo articolo »

A livello politico, la corruzione è la deviazione del potere dalle finalità che gli vengono assegnate dalla civiltà moderna. Che consistono nell’amministrare impersonalmente e imparzialmente, e nel riconoscere e tutelare i diritti individuali e collettivi in un contesto di legalità, di certezza, di uguaglianza, di prevedibilità. C’è corruzione quando un apparato pubblico (una burocrazia) accetta o sollecita per sé benefici, in denaro o d’altra natura. Benefici solo in cambio dei quali soddisfa alcuni bisogni sociali – non tutti, ma solo quelli dei corruttori –; ma questa è appunto una deviazione sostanziale del potere dal proprio orizzonte pubblico. La corruzione rende il potere parziale e ingiusto perché favorisce qualcuno (chi è in grado di corrompere prima e meglio) a danno di tutti coloro che hanno diritto a una prestazione pubblica, o a vedere riconosciuto un diritto, un merito. Leggi il resto di questo articolo »

Dalla Val di Susa alla Sicilia, dall’Altopiano a Pantelleria, dalle isole toscane al Salento il paesaggio naturale e il paesaggio storico della penisola sono sottoposti a dissipazioni, cementificazioni e sconvolgimenti artificiali che non solo hanno aumentato la loro scala e intensità negli ultimi vent’anni in modo esponenziale, ma vedono proprio ora un’accelerazione improvvisa, a dispetto di ogni crisi, come se ci fosse nell’aria un presagio di diluvio incombente e un’esplosione come di furia rabbiosa, una sinistra pulsione a rapinare tutto quello che si può, finché si è in tempo. Ho accennato a disastri di genere diverso: c’è l’opera di Stato, difesa dall’esercito contro la popolazione locale, senza che un solo argomento ragionevole, in mesi e mesi di polemica, sia stato avanzato dai suoi sostenitori bipartisan (e nonostante libri interi di argomenti contrari e relative cifre, economiche e gestionali oltre che ecologiche, siano inutilmente a disposizione del pubblico); ma ci sono anche le rapine multinazionali di quelli che vanno a trivellare a un costo ridicolo il Mediterraneo sotto Lampedusa, alla ricerca del petrolio, con i rischi enormi denunciati recentemente da Luca Zingaretti su Repubblica. Leggi il resto di questo articolo »

17 aprile 2011
10:30a19:00

 

 

 



Articoli che vi raccomandiamo di leggere:

17 aprile 2011. Il coraggio dell’Odissea e dell’Esodo.

 


17 maggio 2011
21:00a23:00

 

 

 

vedi: UNA GIORNATA DI "RITIRO"

17 aprile 2011. Il coraggio dell’Odissea e dell’Esodo.

 

 

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