Articoli marcati con tag ‘Bauman’
Questo articolo che segue continua le riflessioni proposte in questo articolo QUI, a cui vi rimandiamo assolutamente. Questo articolo che segue coglie le conseguenze umane del progetto criminale globale chiamato Grande Reset che è descritto nei tanti articoli Leggi il resto di questo articolo »
Vedi e ascolta: Diritto di resistenza
https://www.youtube.com/watch?v=hNEkqjiTP3I
Paolo Becchi è professore ordinario di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova ed editorialista di Libero e de Il sole 24 ORE.
(L’articolo che segue è del 2010, al tempo del governo Berlusconi. Ma ciò su cui riflette è di estrema attualità e assolutamente rapportabile alle situazioni di oggi e al governo populista dell’emergenza senza fine che ci domina, certamente non migliore di quello di Berlusconi. g.l.r.) Leggi il resto di questo articolo »
La voglia di fascismo? È indole italica, ci conosciamo: tanti, piccoli capetti. Sta dilagando e non ci cambierà una legge.
Allarme (non più All’armi) siam fascisti! Come può essere capitato? A noi (pardon), noi italiani democratici che abbiamo scritto la Costituzione vietando al partito che fu di Mussolini di rinascere. “L’Espresso” ci fece una copertina qualche settimana fa . C’erano Grillo, Salvini e Berlusconi con fez e manganello. Tempesta di critiche. E avevano ragione (a propria insaputa) i lettori (di destra) che ci hanno ricoperti di insulti. Non dovevamo disegnare solo loro, ma gli italiani: il popolo nato con la camicia (nera) convinto di avere fatto i conti con la propria indole, prima ancora che con la storia, a suon di leggi e divieti. Leggi il resto di questo articolo »
Sigmund Bauman ha segnato la fase conclusiva del secolo delle Ideologie e della fine delle «grandi narrazioni» (Jean Francois Lyotard). Un’epoca, quasi un’era, in cui la rivoluzione tecnologica, la crisi dell’industria fordista, la globalizzazione degli uomini e della merci hanno posto in crisi, fino a sbriciolarli, i fondamenti del «canone occidentale», fondato sul primato dello Stato Nazione e della Ragione ordinatrice. Con lutti i suoi corollari. A lui si deve la demarcazione tra Politica e Potere: «Il potere evapora nello spazio dei flussi, la politica nello spazio dei luoghi. Potere come possibilità di fare e politica come possibilità di potere fare». Leggi il resto di questo articolo »
Intervista a Zygmunt Bauman (1925- 2017) sociologo e filosofo polacco
«Lo stato sociale è finito, è ora di costruire il “Pianeta Sociale”». Solo così, spiega Zygmunt Baumann, si potrà uscire dalla crisi globale che il mondo contemporaneo sta vivendo. La politica deve avere la forza di reinventarsi su scala planetaria per affrontare l’emergenza ambientale o il divario crescente tra ricchi e poveri. Altrimenti è condannata alla marginalità in una dimensione locale, con strumenti obsoleti adatti a un mondo che non esiste più. L’inventore della “società liquida” non crede in una capacità di auto-riforma della politica, «meglio costruire un’opinione pubblica globale e affidarsi a organizzazioni cosmopolite, extraterritoriali e non governative».
La dissoluzione dell’ordine socio-politico che ha permesso alle bio-tecno-scienze di assumere la loro ben nota e sinistra tendenza genocida, ha cancellato alcuni pericoli dall’ordine del giorno, o almeno ha reso improbabile la loro replica nell’epoca della postmodernità. Ma i nuovi tempi e i nuovi assetti socio-politici, hanno procurato nuovi rischi -per ora solo intuiti e inesplorati… Leggi il resto di questo articolo »
Pochi ricordano il nome di Pierre-Joseph Proudhon, morto centocinquant’anni fa. Qualcuno ne incontra lo sguardo nei musei parigini che espongono i due ritratti del suo amico Gustave Courbet. Compaiono ancora nelle discussioni pubbliche alcune sue frasi taglienti – «la proprietà è un furto», «chi dice umanità vuole ingannarvi ». Quest’ultima appartiene all’archivio delle denunce dell’uso strumentale e distorcente di grandi parole, come quelle attribuite a Madame Roland mentre veniva condotta alla ghigliottina («O libertà, quanti crimini si commettono in tuo nome») o a Samuel Johnson («il patriottismo, ultimo rifugio di una canaglia»).
L’invettiva di Proudhon ha trovato un rilancio e un’ambigua, rinnovata fortuna quando se ne è impadronito nel 1927 Carl Schmitt, che dell’idea di umanità ha parlato come di una «disonesta finzione», come di «uno strumento ideologico particolarmente idoneo alle espansioni imperialistiche ». Leggi il resto di questo articolo »
Dalla Bibbia a Lacan. I nuovi idoli nascosti nei nostri desideri. Il saggio di Petrosino mette in discussione alcune analisi sulla società liquida di Bauman. Per Dostoevskij un uomo rimasto libero non ha altra cura che di cercare un essere cui inchinarsi. Il godimento compulsivo degli oggetti finisce per annientarci
IL nostro tempo ha sostituito al culto di Dio il culto degli idoli di cui il denaro è l’espressione più semplice e radicale in quanto rende possibile l’illusione che il suo possesso in grandi quantità consenta la realizzazione di una vita soddisfatta. Il Pasolini corsaro l’aveva indicata come una vera e propria “mutazione antropologica”: il monoteismo che sosteneva le società religiose e che affondava le sue radici nella potenza simbolica del Padre, ha lasciato il posto al politeismo del mercato e alle sue nuove divinità. Al verticalismo piramidale dell’ideologia patriarcale è subentrata la diffusione orizzontale dell’oggetto di godimento divenuto un idolo che ha trasformato l’uomo da “suddito” a “consumatore”. Leggi il resto di questo articolo »
Possiamo profetizzare che, a meno di essere imbrigliata e addomesticata, la nostra globalizzazione negativa, che oscilla tra il togliere la sicurezza a chi è libero e offrire sicurezza sotto forma di illibertà, renderà la catastrofe ineluttabile. Se non si formula questa profezia, e se non la si prende sul serio, l’umanità ha poche speranza di renderla evitabile. Leggi il resto di questo articolo »
«Abbandonate ogni speranza di totalità, futura come passata, voi che entrate nel mondo della modernità liquida…». La metafora della liquidità, da quando Bauman l’ha coniata, ha marcato i nostri anni ed è entrata nel linguaggio comune per descrivere la modernità nella quale viviamo. Individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da saziare. Modernità liquida è un classico dei nostri giorni e un bestseller in Italia e all’estero. Secondo Bauman, la società tardo moderna decreta l’affermazione dell’individuo, ma dell’individuo de iure, non dell’individuo de facto. Solo, vulnerabile, senza uno spazio pubblico cui far riferimento, senza una dimensione politica che soltanto una resurrezione dell’agorà può garantire, l’individuo contemporaneo non assurge al ruolo di cittadino, ma è un isolato alla mercé delle proprie scelte e delle proprie sconfitte, “gli occhi puntati esclusivamente sulla propria performance”. Se sino a qualche decennio fa il pericolo per l’uomo derivava dall’invadenza del potere pubblico, dall’occhio pervasivo del Grande Fratello, dal totalitarismo, oggi al contrario i pericoli derivano all’individuo dal ritiro e dalla povertà della dimensione pubblica. Leggi il resto di questo articolo »
All’epoca dell’Illuminismo, di Bacone, Cartesio o Hegel, in nessun luogo della terra il livello di vita era più che doppio rispetto a quello delle aree più povere. Oggi il paese più ricco, il Qatar, vanta un reddito pro capite 428 volte maggiore di quello del paese più povero, lo Zimbabwe. E si tratta, non dimentichiamolo, di paragoni tra valori medi, che ricordano la proverbiale statistica dei due polli. Il tenace persistere della povertà su un pianeta travagliato dal fondamentalismo della crescita economica è più che sufficiente a costringere le persone ragionevoli a fare una pausa di riflessione sulle vittime collaterali dell’«andamento delle operazioni». L’abisso sempre più profondo che separa chi è povero e senza prospettive dal mondo opulento, ottimista e rumoroso – un abisso già oggi superabile solo dagli arrampicatori più energici e privi di scrupoli – è un’altra evidente ragione di grande preoccupazione. Come avvertono gli autori dell’articolo citato, se l’armamentario sempre più raro, scarso e inaccessibile che occorre per sopravvivere e condurre una vita accettabile diverrà oggetto di uno scontro all’ultimo sangue tra chi ne è abbondantemente provvisto e gli indigenti abbandonati a se stessi, la principale vittima della crescente disuguaglianza sarà la democrazia.