«Abbandonate ogni speranza di totalità, futura come passata, voi che entrate nel mondo della modernità liquida…». La metafora della liquidità, da quando Bauman l’ha coniata, ha marcato i nostri anni ed è entrata nel linguaggio comune per descrivere la modernità nella quale viviamo. Individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da saziare. Modernità liquida è un classico dei nostri giorni e un bestseller in Italia e all’estero. Secondo Bauman, la società tardo moderna decreta l’affermazione dell’individuo, ma dell’individuo de iure, non dell’individuo de facto. Solo, vulnerabile, senza uno spazio pubblico cui far riferimento, senza una dimensione politica che soltanto una resurrezione dell’agorà può garantire, l’individuo contemporaneo non assurge al ruolo di cittadino, ma è un isolato alla mercé delle proprie scelte e delle proprie sconfitte, “gli occhi puntati esclusivamente sulla propria performance”. Se sino a qualche decennio fa il pericolo per l’uomo derivava dall’invadenza del potere pubblico, dall’occhio pervasivo del Grande Fratello, dal totalitarismo, oggi al contrario i pericoli derivano all’individuo dal ritiro e dalla povertà della dimensione pubblica.
Lo spazio pubblico si è ormai ridotto a poco più di un maxischermo, “in cui si rende pubblica confessione di segreti e confessioni privati”. Non a caso, una tipica espressione del nostro tempo sono i talk show che imperversano nelle televisioni a tutte le ore, dove chi interviene esibisce una sincerità spesso inautentica. L’individualismo odierno è un individualismo povero, dove prevalgono l’interesse egoistico, l’incertezza e l’ansia del fallimento. L’individuo instabile del nostro tempo proietta e sposta le proprie paure su collaudati capri espiatori: il criminale, lo straniero, il politico dalla vita privata dissennata, il vicino di casa, il cospiratore.Le mannaie che incombono sulle nostre teste si chiamano “ridimensionamento”, “ottimizzazione”, razionalizzazione”, “fluttuazione della domanda”, “competizione”, “produttività”, “efficienza”. La “flessibilità”, tanto decantata da economisti ed esperti contemporanei, non è altro che il sinonimo di lavoro privo di sicurezza, a termine, senza alcun diritto futuro.
Un libro che si legge con interesse, in cui le tesi dell’autore sono esposte con una chiarezza aliena da ogni astruseria metafisica. Le sconsolate e lucide considerazioni di Bauman ne fanno una delle voci critiche più importanti del nostro tempo.
di Zygmunt Bauman, ed. Laterza 2011, € 16
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