Coronavirus, la telefonata Conte-Putin agita il governo: “Più che aiuti arrivano militari russi in Italia”

Sabato il colloquio. E c’è chi denuncia: “All’80 per cento forniture inutili, solo un pretesto”. Il presidente russo Vladimir Putin visita un malati di coronavirus

Sabato scorso è avvenuta una lunga telefonata tra il premier Giuseppe Conte e il presidente russo Vladimir Putin. Putin si è impegnato a aiutare l’Italia nella battaglia al Coronavirus. E domenica sera, all’aeroporto militare di Pratica di Mare, sono arrivati 9 aerei Ilyushin con forniture russe e 100 specialisti nella guerra batteriologica, uomini che le agenzie russe definiscono esperti nel settore che hanno lavorato nell’eliminazione dei focolai di peste suina africana, antrace, nei vaccini contro Ebola e contro la peste. Ma quali forniture esattamente ci hanno spedito i russi, e a che prezzo?

Fonti politiche di alto livello hanno riferito a La Stampa che «tra quelle forniture russe l’80% è totalmente inutile, o poco utile all’Italia. Insomma, poco più che un pretesto». A differenza, per dire, delle spedizioni cinesi (consistenti soprattutto in ventilatori polmonari e mascherine), quelle russe sarebbero attrezzature per la disinfestazione batteriologica di aree, un laboratorio da campo per la sterilizzazione e la profilassi chimico-batteriologica, e attrezzature di questo tipo.

A detta di queste fonti, la reale contropartita della telefonata è stata dunque tutta geopolitica e diplomatica: Putin ha visto nel Coronavirus un’opportunità per incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano, e al premier italiano non è dispiaciuto puntellarsi, in questa difficile crisi, accettando tutto ciò pur di consolidare un’ottima relazione personale con la sponda politica di Mosca.

Che cosa significa incunearsi fisicamente è presto spiegato: il centinaio di esperti mandati da Mosca sono medici militari, e tutta l’operazione fa capo al ministero della Difesa russo, non a quello della Sanità. Hanno i gradi di generali, colonnelli, maggiori, tenenti colonnelli, impegnati in passato in terreni di operazioni militari, dalla Guinea all’Africa, in cui la guerra batteriologica ha fatto tutt’uno con operazioni dell’intelligence estera russa. Sergei Kikot, generale maggiore, capo della missione, è esperto di antrace. Gennady Eremin, colonnello, è esperto in guerra batteriologica e ha lavorato contro la febbre suina.

Il colonnello Viacheslav Kulish è un esperto nello sviluppo di attrezzature protettive contro agenti biologici virali, ha lavorato nei programmi contro Ebola e la peste. Ieri questo team è partito da Roma in direzione Bergamo, con mezzi militari: per 600 chilometri, in territorio italiano, militari russi si muovevano con la benedizione di Palazzo Chigi. E chi ha dato indicazione di aprire l’aeroporto di Pratica di Mare?

E’ chiaramente una situazione d’eccezione. Nessuna telefonata sulla materia è intervenuta tra i ministri degli esteri, Lavrov e Di Maio. Si torna così alla telefonata Conte-Putin, che è stata il cuore della vicenda, per la quale abbiamo girato a Palazzo Chigi due domande: quali forniture esattamente sono arrivate da Mosca? E quanto sono state pagate? Da Palazzo Chigi siamo stati rigirati al commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, con la spiegazione che la telefonata Conte-Putin e le forniture sono due temi diversi.

Eppure era stato proprio un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi a congiungere espressamente le cose. E l’agenzia russa Interfax anche, persino più esplicita. Da Palazzo Chigi ci è stato detto che un elenco di forniture completo verrà reso pubblico domani. Ma dal team di Arcuri ci hanno detto che al momento non è prevista la pubblicazione delle forniture russe. Nulla è stato pagato, si è trattato di «un regalo di generosità di Putin all’Italia».

La generosità però porta con sé un prezzo alto: uomini della Difesa russa in giro liberamente sul territorio italiano, a pochi passi dalle basi Nato.

Per una volta è più ricca di informazioni Interfax, l’agenzia russa, che ci informa che «gli aerei da trasporto militari russi hanno completato la consegna delle squadre mediche russe, nonché attrezzature per la diagnosi e la disinfezione».

Jacopo Jacoboni     La Stampa  25/3/2020

 

 

Militari di Mosca acquartierati nella foresteria dell’esercito italiano, i timori di un’“occupazione” russa in Italia

Gli esperti in guerra batteriologica inviati da Putin col placet di Conte studiano le mappe dello Stivale. Si stanzieranno a Bergamo, con ampie libertà. Ma nel governo e tra i militari italiani molti sono preoccupati

La convinzione che la Russia, nell’emergenza per il Coronavirus, non ci stia aiutando soltanto per la grande bontà del suo popolo e per la tradizionale amicizia che lega i due paesi, comincia ormai a circolare in settori ampi, militari e politici, dell’amministrazione italiana e del governo. Oggi La Stampa ha raccontato dei timori – che circolano ad alto livello sia nell’esecutivo sia nello Stato maggiore – su un possibile prezzo geopolitico di questi aiuti, concesso dal premier Giuseppe Conte a Vladimir Putin : e cioè un sostanziale via libera all’ingresso sul territorio italiano di militari russi (medici e virologi, ma inquadrati nei ranghi militari). La Stampa è in grado di aggiungere altri dettagli all’operazione. Per esempio dove sono stati finora i russi, e dove stanno andando.

I militari arrivati da Mosca sono stati inizialmente acquartierati in una foresteria romana destinata di solito allo Stato Maggiore dell’esercito italiano, la Pio IX. Le foto che sono state scattate suscitano sicuramente una certa impressione, e in queste ore vengono assai discusse anche nelle chat di militari (benché siano state postate originariamente su account di propaganda russa).

Con rilevanti perplessità, perché in alcune foto si scorgono alti ufficiali russi che studiano una cartina dell’Italia per la loro operazione. Il contingente esperto in guerra batteriologica russo, atterrato a Pratica di Mare, si sta dispiegando nell’area di Bergamo – la cosa è stata comunicata dai russi, e pubblicata sulla Stampa, ma non era stata riferita dalle autorità italiane.

Non era chiaro inizialmente cosa trasportassero, non abbiamo ricevuto risposte esaurienti da parte italiana, ma sono stati i russi che hanno spiegato di che si tratta: strutture per la disinfezione antibatteriologica di intere aree. Interfax non ha riferito né di ventilatori né di mascherine, che invece servirebbero molto in diversi ospedali italiani.

Il generale Marco Bertolini, ex comandante del Coi, il Comando Operativo di Vertice Interforze, e della Brigata Folgore, lo spiega con parole assai equilibrate: «Gli aiuti non si rifiutano, e è vero il detto che a caval donato non si guarda in bocca. Però bisogna stare anche molto attenti, il Mediterraneo, sia orientale sia centrale, è un terreno di lotta per l’egemonia, dalla Siria alla Libia. Bisogna evitare che una crisi di carattere sanitario diventi una vicenda politico-militare. Va bene se c’è un’offerta di aiuti, ma bisogna anche mettere dei paletti». Una considerazione analoga ci viene dalle stanze dello Stato Maggiore: «Siamo in una vicenda non normale. Del resto, è tutto il momento, a essere non normale».

Sul tavolo, insomma, c’è l’Italia. Oltre naturalmente agli interessi strategici della Russia in Libia e in Siria. Per ora i russi si stanzieranno nell’aerea di Bergamo, dove agiranno indisturbati, con ampia licenza di muoversi. «La decisione di inviare un distaccamento di specialisti russi a Bergamo è stata presa martedì a seguito di consultazioni tenute presso la sede delle forze di terra italiane a Roma, ha dichiarato il Ministero della Difesa russo in una nota», riportata in cirillico da Militarynews.ru.

Palazzo Chigi ci ha scritto che forniture e telefonata Conte-Putin sono due temi diversi. Interfax invece scrive: «L’accordo sull’invio di specialisti russi in Italia è stato raggiunto durante una conversazione telefonica tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente del Consiglio dei ministri italiano Giuseppe Conte».

L’Italia sta diventando un fronte misto italo-russo, di intelligence e studio della guerra batteriologica? La cosa appare a qualcuno non del tutto rassicurante, nella stagione in cui la Russia tra l’altro è accusata in Inghilterra per operazioni chimiche come l’avvelenamento con novichok dell’ex agente del Kgb Sergej Skripal (il Cremlino nega ogni responsabilità).

Il capo di stato maggiore della Difesa ha accolto con omaggio gli alti graduati di Mosca sul terreno italiano, in video rilanciati però su Facebook dalla propaganda ufficiale russa. In ambiente militare italiano, qualcuno dotato di una certa cultura storica si spinge a un ricordo, ovviamente distante e slegato dalla vicenda attuale, ma suggestivo: «La data con cui in genere si fa coincidere l’inizio dell’invasione sovietica in Afghanistan è il 25 dicembre del 1979, il giorno in cui gli enormi aerei da trasporto sovietici carichi di soldati iniziarono ad atterrare nella base aerea di Bagram, poco lontano da Kabul. In quel momento Amin era ancora convinto che i sovietici fossero suoi alleati e accolse con gioia il loro arrivo: finalmente le sue richieste di aiuto erano state ascoltate. Ora sono cambiati i tempi e i modi, ma la sostanza resta la stessa».

Jacopo Iacoboni        La Stampa   26/3/2020

 

 

 

La lettera dell’ambasciatore russo Razov a La Stampa. “Da noi nessun secondo fine negli aiuti russi”. La risposta del nostro giornalista

Egregio Direttore

con immutata attenzione e interesse leggiamo quanto pubblica il suo prestigioso e diffuso quotidiano. La nostra attenzione è stata attirata da due articoli firmati J. Jacoboni, del 25 e 26 marzo c.a. relativi agli aiuti russi all’Italia nella lotta al Coronavirus. A questo proposito vorremmo esprimere alcuni commenti e osservazioni. Il giornalista, facendo riferimento a informazioni ricevute da «fonti politiche di alto livello», afferma che l’80% degli aiuti russi sarebbe totalmente inutile o poco utile. Naturalmente non sappiamo a quali fonti si riferisca l’autore e ci atteniamo in primo luogo alle dichiarazioni pubbliche di rappresentanti ufficiali della Repubblica Italiana. Il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana G. Conte nella conversazione telefonica del 21 marzo c.a. ha ringraziato il Presidente della Russia V. V. Putin per gli aiuti tempestivi e imponenti offerti all’Italia in questa difficile situazione. Il Ministro degli Esteri L. Di Maio ha ritenuto opportuno recarsi personalmente all’aeroporto militare di Pratica di Mare per accogliere gli aerei che hanno trasportato gli specialisti russi, i mezzi e le attrezzature, esprimendo la sua gratitudine alla Federazione Russa. Così come hanno fatto per esempio l’Ambasciatore dell’Italia a Mosca P. Terracciano, il Rappresentante dello Stato Maggiore della Difesa L. Portolano e molti altri. In ogni caso il giornalista non avrebbe dovuto disorientare gli stimati lettori in merito alla vera reazione dei vertici ufficiali italiani alle attività della Russia. Riguardo all’utilità o meno del contenuto degli aiuti russi, ci sembra che sarebbe stato meglio chiedere prima di tutto ai cittadini di Bergamo dove iniziano a operare i nostri specialisti e i nostri mezzi. Com’è noto si tratta di una delle città del nord Italia con il maggior numero di infettati, dove sono già morte 1267 persone e 7072 restano positive. I nostri epidemiologi, virologi, rianimatori, su richiesta dei colleghi italiani, cominceranno a lavorare nelle residenze per anziani strapiene della città in cui si è creata una situazione critica per la mancanza di medici e il bisogno di interventi di sanificazione di edifici, locali e mezzi di trasporto. L’autore dell’articolo dovrebbe capire che i militari russi, così come i loro colleghi italiani, andando a operare nell’area loro assegnata, mettono a rischio la propria salute e forse anche la vita. J. Jacoboni intravede un insidioso secondo fine della Russia nel fatto che siano stati inviati in Italia militari delle forze armate russe, tra  i quali anche esperti di difesa nucleare, chimica e biologica. A titolo di informazione per l’autore e per i Suoi stimati lettori, comunichiamo che i rappresentanti delle truppe russe di difesa nucleare, chimica e biologica, sono gli specialisti più mobili e più preparati con esperienze in diverse regioni del mondo, in grado di prestare assistenza efficace nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti, così come nell’esecuzione delle necessarie misure di disinfezione. Per quanto riguarda il messaggio che spunta dal ragionamento dell’autore e cioè che l’invio di militari russi (a proposito, a titolo gratuito) avrebbe come scopo quello di causare un qualche danno ai rapporti tra l’Italia e i partner della NATO, offriamo ai lettori l’opportunità di giudicare da soli chi e come viene in aiuto al popolo italiano nei momenti difficili. In Russia c’è un detto: «Gli amici si vedono nel bisogno». E poi, il parallelo tracciato dal giornalista tra l’arrivo in Italia degli specialisti russi e l’ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan nel 1979, concedetemelo, è semplicemente fuori luogo e come si dice «non sta né in cielo né in terra». Confidiamo che, guidati dal principio fondamentale del giornalismo sull’imparzialità e obiettività dell’informazione e convinti che i media debbano riflettere punti di vista diversi, siamo certi troverete la possibilità di pubblicare la nostra risposta, che ci auguriamo possa aiutare a chiarire ai vostri lettori la realtà delle cose.

Rispettosamente,

Sergey Razov, Ambasciatore della Federazione Russa nella Repubblica Italiana

 

Egregio ambasciatore, grazie per l’attenzione e la cortese lettera, pubblichiamo volentieri i suoi commenti e osservazioni. Rispetto ogni opinione, peraltro autorevole come la Sua, tuttavia non posso non far notare due distorsioni dei fatti contenute nella lettera. Lei scrive: «Il giornalista, facendo riferimento a informazioni ricevute da “fonti politiche di alto livello”, afferma che l’80% degli aiuti russi sarebbe totalmente inutile o poco utile». Io non affermo nulla, mi limito a riportare quello che fonti politiche di alto livello hanno affermato a La Stampa. Sono loro ad affermare che «tra quelle forniture russe l’80% è totalmente inutile, o poco utile all’Italia. Insomma, poco più che un pretesto». Ancora, lei scrive: «E poi, il parallelo tracciato dal giornalista tra l’arrivo in Italia degli specialisti russi e l’ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan nel 1979». No. Non è un parallelo tracciato dal giornalista, ma da una importante fonte militare italiana, che io riporto. Qui in effetti nell’articolo un commento lo faccio: sottolineo appunto che questo ricordo è «ovviamente slegato dalla vicenda odierna». Sorvolo sulle sue valutazioni su «insidiosi» secondi fini russi che io intravedrei: sono appunto sue valutazioni, i lettori giudicheranno. Infine la rassicuro, non sussiste alcun dubbio che La Stampa continuerà ad attenersi al «principio fondamentale del giornalismo sull’imparzialità e obiettività dell’informazione», come non c’è dubbio che in Italia e a La Stampa continueremo a non farci dire da nessuno cosa un giornalista «avrebbe dovuto» fare o non fare.

ja. ia.

 

 

La Russia di Putin come l’Urss: diritti calpestati, giornalisti uccisi

Il paese è lontano dal garantire i diritti fondamentali delle democrazie. In 20 anni uccisi o scomparsi 300 giornalisti. Un cittadino su 10 maltrattato dalla polizia.

Se si apre la pagina dedicata alla Russia del sito di Amnesty International, si avrà la misura di quanto il paese guidato da Vladimir Putin sia ancora lontano dal garantire quei diritti che sono fondamentali in una democrazia, e si porti dietro non solo le illiberalità e l’oppressione proprie del sistema sovietico, ma anche rimasugli e strascichi dell’antico impero zarista.

“Restrizioni ai diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica (…) Le minoranze religiose hanno continuato a subire vessazioni e persecuzioni (…) Il diritto all’equità processuale è stato frequentemente violato (…) Hanno continuato a verificarsi casi di tortura (…) È stata negata la tutela dei diritti a migranti e rifugiati. (…) Alcune forme di violenza domestica sono state depenalizzate. (…) Le persone Lgbti hanno continuato a subire discriminazione e violenza”: si tratta di un ben poco edificante ritratto che Amnesty fa di un paese dove i diritti civili, le libertà fondamentali sono sistematicamente negate. Secondo l’organizzazione Human Rights Watchin Russia i diritti umani son ai livelli delle peggiori repressioni dall’era sovietica“,

A fine giugno un sondaggio dell’istituto demoscopico indipendente Levada Center, commissionato dall’ong Committee Against Torture, ha reso noti i risultati di un sondaggio sul comportamento delle forze dell’ordine: un cittadino russo su 10 ha affermato di essere stato maltrattato dagli agenti della polizia. I dati raccolti offrono “prove spaventose che le forze dell’ordine usano la violenza contro i detenuti e la usano spesso”, ha detto il Centro Levada.

Tre quarti di chi ha affermato di essere stato maltrattato ha detto che le forze dell’ordine hanno usato la violenza per umiliare e intimidire. La metà ha detto che le autorità ha usato i maltrattamenti per estorcere confessioni e un terzo ha dichiarato che la violenza è stata inflitta come punizione.

Un capitolo a parte merita la questione dei giornalisti assassinati o spariti nel nulla. Il mestiere del giornalista, si sa, può essere pieno di rischi, in Russia per farlo ci vuole davvero del fegato: in vent’anni il numero sono stati uccisi o misteriosamente scomparsi circa trecento operatori dell’informazione, inclusa, il 7 ottobre 2006, Anna Politkovskaja, giornalista russa, molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani, assassinata nell’ascensore della sua casa.

Secondo la classifica sulla libertà di stampa, stilata annualmente da Reporters Sans Frontières, nel 2018 la Russia si trovava (come sempre) nella parte bassa della classifica: al 149° posto su 180, tra Venezuela e Bangladesh, superata perfino dal Messico (al 144°) dove il giornalista è una sorta di tiro a segno dei killer dei cartelli della droga.

Giovanni Belfiori     4/luglio/ 2019       in  www.democratica.com

 

 

 

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