Si susseguono gli episodi di esaltazione del fascismo e, a volte, affiorano persino simpatie neonaziste. Evidentemente rimangono ancorate al fondo della politica italiana nostalgie inestricabili rispetto a quel passato. Non per nulla per più di quarant’anni la repubblica democratica e antifascista ha tollerato l’esistenza di un partito dichiaratamente nostalgico come il Movimento Sociale di Giorgio Almirante, nonostante una chiara prescrizione costituzionale (la XII disposizione transitoria, tuttora valida), e la legge Scelba, introdotta nel 1952 in attuazione di quella norma della costituzione. Provvedimenti che vennero in seguito rafforzati dalla legge Mancino- Modigliani ( 1993) contro l’ “apologia del fascismo” e le manifestazioni razziste — nei confronti della quale la Lega Nord, nel 2014, ha presentato le firme per un referendum abrogativo.

Nonostante queste iniziative legislative la fiamma della nostalgia continua a bruciare. Come mai questa resilienza? Le responsabilità investono non solo la politica bensì, anche e soprattutto, una società civile indifferente, ripiegata a fare i propri interessi, priva di senso dello Stato, e infastidita dai richiami ai valori fondanti della Repubblica.

Troppa indulgenza, per troppo tempo, verso le manifestazioni di nostalgia — e troppa retorica fondata solo sull’anti- fascismo e non sui principi liberali, democratici e solidali — hanno abbassato le difese immunitarie e lasciato campo libero ai cultori dei regimi totalitari.

Quando si è consentito che, per anni, il capo del governo — nella fattispecie Silvio Berlusconi — disdegnasse di partecipare alle manifestazioni del 25 aprile ( eccetto nel 2009, nelle zone terremotate), la causa dell’antifascismo, ancor più delle ambiguità di Alleanza Nazionale, ne risultava depotenziata. Un certo sentimento di fastidio dell’opinione pubblica moderata- conservatrice di fronte all’antifascismo roboante, e di indulgenza rispetto al passato regime, è stato legittimato e rafforzato, per due decenni almeno, proprio dal comportamento della destra “ istituzionale”.

Poi, la resilienza del neofascismo, così come tutte le pulsioni anti-sistemiche, si alimenta delle debolezze del sistema democratico. La scarsa rispondenza e responsabilità verso le domande dei cittadini e l’immagine di inefficienza e corruzione della classe politica fomentano l’antica polemica contro la democrazia, quell’ “ infezione dello Spirito”, secondo la celebre espressione di Pino Rauti.

Alla distrazione/ disattenzione dell’opinione pubblica e ai deficit della politica vanno poi aggiunte le capacità di attrazione proprie dei movimenti nostalgici. CasaPound, ad esempio, non si limita alle azioni dimostrative contro gli immigrati, né a riverniciare i meriti del regime fascista: cerca di creare una “ subcultura nera”, di legare militanti e simpatizzanti in una vita associativa intensa, fatta di rapporti personali e di esperienze comuni in modo da formare una comunità coesa, alimentata sì dal riferimento al fascismo, ma abilmente connesso con la realtà in cui il movimento opera.

Questo mix di esperienze comunitarie e di visioni politiche “alternative” penetra attraverso i varchi della rete civile. Laddove si diffonde la sensazione di abbondono, di marginalità e di esclusione, un messaggio nero di identità, di “ difesa e protezione”, e di opposizione radicale al sistema trova terreno fertile. Non per nulla, persino nell’Emilia rossa movimenti di estrema destra si sono presentati alla ribalta con il manto d’agnello per organizzare eventi sociali e ricreativi con finalità di beneficenza. Un piccolo esempio di come l’antidemocrazia neofascista trovi nuove strade per insinuarsi.

Le intimidazioni e le violenze costituiscono solo il versante più truce e scoperto. Il consenso si acquisisce anche in altri modi, meno eclatanti. E più inquietanti.

Piero Ignazi      Repubblica   6/12/2017

 

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