NOSTALGIA del fascismo? Gli episodi degli ultimi tempi, dal raduno con braccia tese nel saluto romano al cimitero monumentale di Milano alla lista ispirata palesemente al fascismo nel comune mantovano di Sermide fanno pensare ad un ritorno di fiamma del passato. La realtà è più sfumata. Per prima cosa non si può dimenticare che, fino a vent’anni fa, c’era un partito al governo — Alleanza Nazionale — che affondava le proprie radici, non del tutto recise, nel (neo)fascismo. Infatti, quando Gianni Alemanno diventò sindaco di Roma nel 2008 fu salutato al Campidoglio da un manipolo di camerati con il saluto romano. E un beniamino dei tifosi della Lazio andò alla curva dello stadio per festeggiare il goal con la stessa modalità nostalgica (ovviamente senza nessuna sanzione).

C’è quindi un retroterra assai solido rispetto a questi ultimi episodi; e girando l’Italia si incontrano osti con il vino Benito, locali con scritte del ventennio, bancarelle con cimeli del Duce, fino al caso dello stabilimento balneare di Chioggia di cui dava conto Repubblica ieri. Il fascismo è stato un fenomeno di tale importanza, penetrato “totalitariamente” in ogni ganglio della società per due decenni, che non è bastato l’eroismo dei pochi che hanno combattuto per la libertà per estirparlo dalla cultura politica profonda del nostro paese.

Ancora una volta, “non è stata una parentesi”. Anzi, come diceva Piero Gobetti, narrava la nazione come ne fosse l ‘autobiografia. Con un lascito così ingombrante e senza aver fatto alcun esame di coscienza lasciando, o forse sperando,che si stendesse una coltre di oblio sul passato senza doverlo rinvangare, non sorprende che di tanto in tanto riemergano fenomeni di nostalgia. Ma questi sono solo la punta di un iceberg: ma non di un fascismo risorgente, quanto della debolezza della cultura liberale e democratica.

Gli ostacoli che ancora oggi vengono continuamente frapposti alla espansione dei diritti civili, un tempo non a caso sostenuti solo da sparute minoranze attive come quella dei radicali di Marco Pannella, sono un segno della difficoltà a far diventare moneta corrente i cardini dello stato di diritto. Separazione dei poteri, rispetto per le minoranze, accettazione (in ogni ambito) del dissenso, faticano ad infrangere il profondo desiderio per una figura di autorità che metta tutti a tacere. Sia la società civile, ripiegata a fare i propri interessi senza nessun senso dello Stato, che la politica, scissa tra incapacità a rispondere alle domande dei cittadini e pulsioni plebiscitarie stimolate da capi e capetti, favoriscono un allontanamento dai principi e dalle istituzioni democratiche.

È in questo contesto che matura l’insoddisfazione radicale verso “il sistema” e fanno breccia coloro che propongono visioni alternative e modalità diverse di agire politico. Il fenomeno Casa Pound, pur nella sua dimensione ancora limitata, è emblematico della capacità di attrazione che hanno riferimenti nostalgici mixati con quella domanda di identità e appartenenza che circola nella società italiana. Ancora più del pastiche ideologico di Casa Pound, attrae l’offerta di una militanza che si trasforma in comunità politica.

Se movimenti come questo, e altri che ruotano nella galassia nera dell’estrema destra, si radicano in fasce giovanili è perché tutti i partiti hanno abbandonato il rapporto con la società civile, o lo attivano solo in maniera strumentale, senza quel coinvolgimento ideale e progettuale che rilancerebbe la loro immagine. La democrazia necessita di continua manutenzione per non farla scadere a ritualità. Questi segnali di una ricerca di alternative radicali incrinano la certezza che le istituzioni e i principi che le governano siano al riparo da crisi più profonde.

Piero Ignazi     Repubblica 10.7.17

 

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