Dagli ultrà al web, le radici del nuovo antisemitismo

Sono tornate le “zecche”. “Zecca” è la senatrice a vita Liliana Segre, sono “zecche” il deputato Lele Fiano e il giornalista Gad Lerner. Il finanziere miliardario George Soros è “zecca”, e anche Bruno Sed, presidente dell’ospedale Israelitico, proprietario a Roma dello storico caffè Greco, un tempo ritrovo di artisti e intellettuali e oggi nel mirino degli hooligan antisemiti.

Per i gruppi neonazisti italiani, per gli odiatori (seriali o occasionali) che infestano social, blog e forum coi loro insulti razzisti e le vignette sui “nasi adunchi”, le zecche non sono più soltanto “rosse”. Sono zecche e basta. Senza aggettivi.

Dai lager a oggi

“Zecca” è la parola con cui i nazisti chiamavano gli ebrei mentre li smistavano nei lager. O quando li ingannavano dicendo «siete liberi», e loro muovevano qualche passo oltre la recinzione spinata e i cecchini di Hitler sparavano come alle lepri. “Zecche” erano i bambini ebrei. «I nazisti ce li facevano tirare in aria e si divertivano a ucciderli, come nel tiro al piattello», raccontava Alberto Sed.

“Zecca”, la peggiore atrocità lessicale: paragonare esseri umani che stai sterminando, e oggi, la loro memoria, ai parassiti che per completare il ciclo vitale si cibano di sangue.

Italia 2019: è tornato l’antisemitismo. Ottantuno anni dopo le leggi razziali con cui il regime di Mussolini, alleato coi nazisti, iniziò a perseguitarli, loro, le “zecche”, sono di nuovo nel mirino. Gli addetti ai lavori lo chiamano “antisemitismo 2.0″: il suffisso numerico indica il vasto campo del web dove proliferano post antisionisti, complottisti e negazionisti. Un flusso di immondizia che degenera in odio puro. Ma la recrudescenza rimbalza anche nelle piazze fisiche, dove i gruppi dell’ultradestra rialzano la testa.

Insulti, minacce, aggressioni, atti vandalici: sono 190 gli episodi di antisemitismo censiti negli ultimi nove mesi dall’Osservatorio del Centro di documentazione ebraica. L’anno non è ancora finito e la media parziale — se paragonata ai 130 casi o giù di lì del 2017 e del 2018 — segna un forte aumento. Nel 70% delle storie il bollitore dell’odio è la rete. «Dio li ha sempre maledetti e li punirà sempre ovunque andranno. Hanno crocifisso Gesù Cristo». «Sporche zecche, sempre loro». «Rastrelliamo? Li bruciamo e facciamo un bel falò », digita su Fb il giovane neonazi Giuseppe Gobbelli. Mentre l’utente Massimiliano Zanobi (simbolo di Forza Nuova) condivide il post di “laziale fascista”: la fotografia di una saponetta con la marca “Segre”.

“Riapriamo i forni” Sul blog antisemita Altreinfo.org si sostiene che Wikipedia sia uno «strumento di potere ebraico-sionista ». Di «voialtri nasoni che sapete solo frignare», scrive il 2 luglio il negazionista Riccardo Schiesaro, già responsabile del blog Osservatore nazionale“. La rabbia cieca spurga su canali Youtube. Come “Buffington Post“: video antisemiti, un milione di visualizzazioni. Follia. O come il sito nazisatanista “La gioia di Satana“: ecco i Protocolli dei savi di Sion e liste di proscrizione.

«Covi di odio che prima o poi esploderà». Li definisce così la presidente delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni. La «vastità del pericolo estremista» è fatta di raduni, cerimonie, date quasi liturgiche. Un classico va in scena il 27 gennaio, Giorno della Memoria. Che diventa il “giorno della menzogna”. «Bisogna fermare quelle merde sioniste. A costo di una seconda Shoah». «Riapriamo i forni». Gli hater neonazisti vengono bloccati da Fb. Ma riemergono. «Trovati un lavoro perché il lavoro rende liberi», hanno scritto a un ebreo fiorentino. «Sionisti usurai e sfruttatori degli esseri umani». «Meglio russi che ebrei pedofili pagati da Soros ». «Ebreo sanguisuga». «La democrazia è il male assoluto creato dal giudeo internazionale».

Tra i banchi a scuola

Gli odiatori delle “zecche” sono giovani, giovanissimi e meno giovani. Se un gruppo di hater adolescenti pugliesi invita gli ebrei a «spararsi» per «fare un favore all’umanità » (16 aprile), nelle scuole e nei licei di Arezzo e Assisi si irride la Shoah: «Aggiungi un posto a tavola », canticchiano gli studenti della città di San Francesco inneggiando ai forni crematori. Avrà apprezzato l’insegnante veneziano di Storia dell’Arte, Sebastiano Sartori, ex segretario veneto di Fn, che il 19 aprile dedica questo post a Liliana Segre: «Sta bene in un simpatico termovalorizzatore».

Tra i manganellatori on line non è raro trovare nomi noti. Il 30 luglio il critico musicale Paolo Isotta si lancia: «Il razzismo venne inventato dagli ebrei verso tutti in popoli». L’8 agosto 2019 è la volta dell’ex senatore M5S Bartolomeo Pepe: «Hanno crocifisso Dio e si sono inginocchiati ad adorare il suo avversario — scrive su Fb — Hanno i giorni contati».

Curve nere

La serialità degli insulti e delle minacce è il terreno di coltura di chi passa alle vie di fatto: il 26 gennaio, a Roma, Alessandra Veronese, docente di storia ebraica all’Università di Pisa, viene aggredita davanti alla libreria Feltrinelli di largo Argentina: un uomo le sputa addosso e sulla borsa sulla quale sono stampate scritte in caratteri ebraici. A volte per scatenare l’odio basta una kippah. 14 febbraio 2019: Prunetto, provincia di Cuneo. Il signor Isaac cammina col figlio piccolo. Un uomo gli ruba il copricapo ebraico e lo insulta: «Ritorna al tuo paese giudeo di merda».

Quanti di questi episodi arrivano sui verbali delle forze di polizia? Le statistiche ballano. Nel paniere dei reati discriminatori la normativa non distingue le specifiche finalità: è difficile, dunque, aggregare i dati sull’antisemitismo. Le ultime statistiche le ha elaborate l’Osce sulla base delle segnalazioni dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (un organismo interforze): nel 2017 i reati sono stati 828. Il doppio di quelli del 2013 (420) e in netta crescita rispetto ai 494 del 2016. La Polizia ha istituito corsi specifici per gli agenti a cui è stata anche fornita una “guida all’ebraismo”.

Si definiscono nazionalsocialisti. Festeggiano ogni 20 aprile il compleanno di Hitler e organizzano convegni con la bandiera della svastica sul tavolo dei relatori. Sono i militanti della Comunità dei dodici raggi di Varese, già sotto inchiesta dall’antiterrorismo dopo una lunga serie di provocazioni («siamo pronti a imbracciare le armi », ha detto il capo Alessandro Limido).

I Do.Ra. rappresentano la testa della galassia neonazista italiana. Un’area nella quale operano diversi gruppi, in molti casi collegati alle curve ultrà nere (Verona, Lazio, Roma, Inter, Juventus, Padova, Varese): il Veneto Fronte Skinhead, il Manipolo d’Avanguardia Bergamo, Rebel Firm di Ivrea e le romane Militia e Rivolta Nazionale. Poi c’è Lealtà Azione, che si ispira al generale nazista delle Ss Leon Degrelle e a Corneliu Codreanu.

I lealisti sono il volto “metapolitico” del circuito Hammerskin, antisemiti, nati da una scissione del Kkk. Il 27 ottobre a Genova hanno marciato nel cimitero Staglieno per rendere omaggio alle camicie nere di Salò. Sul cippo era posata una corona di fiori del Comune.

Paolo Berizzi      Repubblica  8/11/2019


 

Il normale Paese dell’odio

Una signora milanese di 89 anni, deportata nei lager come milioni di ebrei d’Europa e scampata, insieme a pochi, allo sterminio, deve girare scortata da due carabinieri perché subissata di insulti e minacce online. Succede in Italia il sette di novembre dell’anno 2019.

La notizia non consente di drammatizzare né di minimizzare. Ha una sua definitiva e terrificante eloquenza. È la conferma “ufficiale” che settantacinque anni dopo i campi di sterminio la voce dei carnefici ancora si leva contro le vittime (superior stabat lupus…). Imputa loro di essere vivi e per giunta parlanti. È l’odio che l’assassino nutre per il testimone del suo delitto.

Liliana Segre è stata nominata senatrice a vita proprio in virtù della sua testimonianza; dunque, trattandosi di Auschwitz, della sua sopravvivenza. Di qui l’ostilità implacabile di chi nega la Shoah come di chi la rivendica.

Forno crematorio del lager di Dachau

Categoria, questa seconda, tutt’altro che trascurabile e anzi quasi “pop”, come dimostra la frequente invocazione sui social, anche da parte di bravi padri e madri di famiglia, anche di consiglieri comunali di ridenti e prosperose cittadine del Nord, a “Hitler che non ha finito il suo lavoro”.

Chi attacca gli ebrei scampati ai forni lo fa con l’accanimento (satanico, direbbe un credente) dei malvagi. Ma lo fa anche con una baldanza, e una “normalità”, che possono essere giustificate solo da un mutamento altrettanto sconvolgente del quadro politico, del quale stentiamo a renderci conto fino in fondo.

Perché nazisti, fascisti, razzisti sono sempre esistiti; ma mai come adesso, nella storia europea successiva alla catastrofe della guerra, si sono sentiti nel pieno diritto di esserlo. E così ben rappresentati sulla scena politica.

“Normali”: è soprattutto questo, nelle costanti apparizioni pubbliche, di piazza e mediatiche, che rivendicano di essere i giovanotti che fanno selfie con la svastica e inneggiano a Mussolini (persecutore e deportatore di migliaia di italiani ebrei. Innocenti, ma ebrei. Uguali a lui, a noi, a loro, a tutti: ma ebrei).

Di questi “normali” derisori di Anna Frank, e fischiatori di neri, e linciatori morali e a volte fisici di chiunque non sia dello stesso branco, sono piene le curve di stadio, divenute non si sa perché, non si sa come, calamite dell’istinto di sopraffazione; e ne è piena quella immensa curva di stadio che sono i social, che in queste ore, a quanto pare, stanno rincarando la dose dei “buuuh” alla signora Segre, colpevole di scorta, dunque colpevole di vittimismo da un lato (il vittimismo di una vittima!), di arroganza castale dall’altro: che altro può essere, una senatrice a vita, se non un membro della casta?

Il risultato (ovvio, inevitabile dopo anni di assuefazione a tutta la merda di cui sopra) è una signora di 89 anni che altro non ha fatto, nella sua vita recente, che parlare, tra l’altro con pacatezza ammirevole, del martirio di milioni di esseri umani, assegnata alla protezione delle forze dell’ordine: come chi si ribella alla mafia.

Non per spirito polemico, nemmeno per puntiglio cronistico, solo per il rispetto dell’evidenza va ricordato che pochi giorni fa quasi mezzo Parlamento italiano — la metà di destra; nella quale è compresa tutta la destra italiana, anche lo sparuto manipolo dei sedicenti moderati — è rimasto seduto e silenzioso di fronte alla senatrice Segre.

Astenendosi (perfino fisicamente, grazie alla postura) dall’adesione a un progetto di contrasto all’odio razziale che per quanto “burocratico”, per quanto velleitario, avrebbe meritato almeno un poco di rispetto, invece che finire nel calderone becero, indecente, della rivolta contro il “politicamente corretto”. Già, perché anche inorridire di fronte alla deportazione degli ebrei, a questo punto della storia italiana, rischia di diventare appena un segmento, tra i tanti, del “politicamente corretto”.

Nessuno è così stupido, e neanche così pessimista, da pensare che quei parlamentari rimasti con il culo sulla poltrona di fronte a Liliana Segre (dunque di fronte ai cancelli di Auschwitz) siano favorevoli ai lager, o fascisti, o nazisti (anche se qualcuno sicuramente lo è: nei banchi della Lega e nei banchi di Fratelli d’Italia).

Ma nessuno è così stupido, e neanche così ottimista, da non capire che il ripudio dell’antifascismo da parte della destra italiana, da Berlusconi in poi, non poteva che avere conseguenze devastanti.

L’antifascismo è consustanziale alla democrazia europea: addirittura alla nascita dell’Europa. Non lo è perché così ci piace pensare, così ci piace dire. Lo è perché così la Storia ha stabilito: la distruzione del nazifascismo, la Bestia che scatenò la Guerra, è la condizione stessa della rinascita dei popoli europei. Tanto per capire meglio che cosa significa “sovranismo”: distruzione dell’Europa ovvero della democrazia. La destra italiana non è più antifascista da tempo. Senza rendersi conto che questo significa, per lei stessa, perdere orientamento, perdere identità, perdere autonomia.

Insomma perdere se stessa. Se l’è mangiata tutta quanta, infatti, quel Capitano che pareva destinato a incarnare solamente i sogni della destra energumena e antidemocratica: un estremista, un curvaiolo, come da autobiografia. Ma l’intero stadio si è arreso alla curva. L’intero stadio è curva.

Per questo la senatrice Segre, scampata ad Auschwitz, deve girare con la scorta. Con una grande e comprensibile voglia: abbandonare lo stadio. Abbandonarlo al suo destino.

Michele Serra      Repubblica  8/11/2019

 

Vedi:  Pensiero Urgente  n.258) "L'Italia è un paese che...".

Chi non rispetta la storia di Liliana Segre non è degno di rappresentarci in Parlamento

" Questa Italia ha sdoganato la sua ferocia"

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