Collegati al Sus. È facilissimo. Clicchi qui, clicchi lì, vai a destra con scappellamento a sinistra. La delazione è subito pronta ed arriva direttamente al comune di Roma. Sus è un nuovo acronimo per indicare il Sistema unico di segnalazione: vedi un assembramento, uno senza mascherina, uno che corre o un vero e proprio untore che si aggira per contagiare tutti, e senza grande fatica la tua denuncia verrà raccolta dalla sindaca Virginia Raggi.

Sei invece solo un po’ annoiato dalla lunga permanenza a casa e non sai cosa fare? Aiutare i vicini, anche solo offrendo loro un sorriso, potrebbe mettere a rischio la tua vita, meglio spiare, controllare, denunciare, fare la conta degli infetti, metterli alla gogna. Sai che divertimento, sai che risate. Sai che soddisfazione: così sicuramente fermiamo il contagio e vinciamo quella che alcuni definiscono guerra. À la guerre comme à la guerre: niente meglio che il Sus, una vera e propria chiamata alle armi della miseria umana.

La sindaca Raggi non è la prima volta che usa questo metodo. Roma viene invasa dai rifiuti? Bene, invece, di trovare una soluzione che rende la città più vivibile, anche lì si è inventata il metodo della delazione. Vedi una persona che butta il sacchettino nel bidone sbagliato? Denuncialo! Sempre così. Vedi un senza tetto? Non oserai chiamare la Caritas: denuncialo! Spia e denuncia, sempre.

C’è la pandemia? Una sindaca che si rispetti invece di trovare soluzioni che aiutino chi ha più bisogno, invece di supportare l’azione degli ospedali, invece di fare il suo lavoro, invita i cittadini a trasformarsi in delatori.

La scelta della delazione fa abbastanza schifo sempre (schifo: parola che non amo. Ma questa volta ci vuole!). Ma nel caso del contagio è una mina che esplode dentro la comunità. Se oggi abbiamo una risorsa è proprio quella di stare uniti, di non odiare, di essere solidali. L’iniziativa della sindaca Raggi va esattamente nel verso opposto: non solo non cementa i legami, ma mette gli uni contro gli altri, stimolando gli istinti peggiori.

Quegli stessi istinti che hanno portato il Movimento cinque stelle a essere il primo partito in Italia e che si spera siano oggi minoritari.

Ma ci sono ancora e torneranno in maniera ancora più violenta, se le istituzioni, la politica, chi fa comunicazione li alimenta con la scusa che si deve far fronte al Covid-19. Il Covid si sconfigge in ben altri modi che usando la delazione. Ma la delazione che non sconfiggerà la malattia, né la morte, ci lascerà una brutta eredità, un odio tra le persone che non sarà certo di stimolo per reiniziare, per ricostruire, per aiutare chi stava male e oggi sta ancora peggio di prima.

La sindaca Raggi dovrebbe fare come Chiara Appendino. La prima cittadina di Torino, sua collega di partito, ha fatto il contrario. Ha invitato i cittadini a non fare i delatori. «Abbiamo bisogno di stare uniti, i controlli esistono già e li fanno le autorità preposte», ha detto intervenendo al programma di La7 Tagadà. La dimostrazione che si può amministrare senza spiare, che si possono prendere decisioni senza far cadere le responsabilità sui cittadini. Uno non vale uno neanche tra i rappresentanti Cinque stelle e Appendino dà una bella lezione di politica alla sindaca di Roma, che però non è la sola. Altri sindaci invitano a denunciare chi non rispetta le regole, ma così l’unica cosa che si ferma, non è il contagio, ma la solidarietà.

Siamo circondati. Spiati dai nostri vicini, controllati dall’alto dai droni, seguiti nei nostri spostamenti tramite il telefonino e adesso stanno anche pensando a delle app che mappino la popolazione contagiata usando dati sensibili. Il Grande Fratello è ormai un cugino alla lontana, se si pensa all’apparato di controllo che stanno mettendo in piedi.

Le cose più facili invece sembrano impossibili: come dotare i medici di mascherine a norma e fare i tamponi in maniera più estesa. Questa è fantascienza.

Angela Azzaro        il Riformista  28 Marzo 2020

 

 

 

Chi è il colpevole? Ma chi se ne frega. Pensiamo a salvarci la pelle

Altro che tutti più buoni: imperversa la caccia all’untore di manzoniana memoria. Ma per favore: basta con tutto questo odio. Conteniamo il contagio.

Abbiamo sentito di tutto e non sarà mica finita qui. Il complotto americano dell’esercito impegnato in una guerra batteriologica per indebolire la Cina (che sarebbe ancora più ridicolo visti i morti che sta provocando anche negli Usa), abbiamo sentito di una prossima invasione dell’Europa da parte di qualche potenza straniera, abbiamo letto di pipistrelli mangiati crudi come specialità culinaria, abbiamo letto di elicotteri che avrebbero infestato le nostre città di quale disinfestante durante la notte con conseguente moria di piante e animali, abbiamo cantanti e attori e vip generalisti che vomitano analisi epidemiologiche, abbiamo sindaci e presidenti di regione che hanno approfittato del momento per fare un po’ di bullo sceriffismo, annusiamo psicosi di ogni tipo e alla fine ci è toccato pure sorbire i due leader dell’opposizione (non dimentichiamolo, quelli che vorrebbero governare il Paese) rilanciare un servizio giornalistico che era perfetto per chi spreca tutto il giorno a trovare indicibili verità confidando in qualche personaggetto complottasti o in qualche indizio lasciato indietro per caso.

Ma tutto questo non si è limitato a una creduloneria popolare di manzoniana memoria che scatena la caccia all’untore per le strade delle città (per alcuni giorni abbiamo creduto che i corridori solitari fossero la causa principale della peggiore pandemia del dopoguerra, una cosa che ci si vergogna perfino a scriverla, chissà come la racconteremo ai nostri tigli) ma la ricerca compulsiva di un colpevole si è spostata ai piani alti della politica, di qualche pezzo di scienza e perfino tra quell’intellighenzia che ancora riteniamo affidabile dopo tutte le panzane che ci ha rifilato in questi ultimi anni.

L’emergenza sanitaria del Coronavirus in Italia è una distorsione antropologica che andrà studiata negli anni a venire: mentre qualcuno ci racconta che siamo diventati tutti più buoni e tutti solidali, come se il Paese avesse improvvisamente svoltato dal giustizialismo muscolare che ne ha contraddistinto la natura in questi ultimi anni  (e la testimonianza dovrebbe essere stata quella passeggera abitudine di cantare insieme sui balconi, anche questa fa prudere le dita mentre la si scrive) in realtà assistiamo a un Paese incattivito e represso esattamente come prima con l’aggravante di essere spaventosamente rinchiuso in casa e limitato nelle proprie possibilità di spostamento.

C’è qualcuno, Salvini e Meloni in testa, che ancora una volta vorrebbe convincerci che trovare un colpevole sia la soluzione ideale per sconfiggere l’emergenza sanitaria. Perché e come questo dovrebbe avvenire non si pregiano di spiegarcelo ma il trucco è sempre lo stesso: offrire soluzioni semplici e veloci a problemi complessi, disabituare le persone ad affrontare il contesto e le complessità (appunto) delle situazioni e convincerli che avere una testa da fare cadere basti come soddisfazione.

Lasciamo perdere se sia vero o se non sia vero (tra l’altro è falso) che questo virus sia fabbricato in laboratorio e sfuggito per errore. La domanda in questo caso è un’altra: cosa cambierebbe nella gestione della pandemia avere un colpevole? Funziona il desiderio di vendetta e la bile contro qualcuno come pane a tavola dove per alcune famiglie comincia a mancare il pane? Aiuterebbe le categorie più disagiate sapere chi è il colpevole? Li farebbe stare meglio? Rallenterebbe il contagio? Permetterebbe di attuare una strategia per evitare la moria di questi giorni?

Un Paese che ha bisogno di colpevoli è un Paese incapace di affrontare la realtà con i mezzi della logica della responsabilità e dell’etica che servono soprattutto in un momento come questo.

Un Paese che sogni di trovare qualcuno da additare è un Paese che ha perso ogni speranza di costruire una comunità e una coscienza collettiva e una responsabilità sociale condivisa.

Usciamo per favore dalla retorica, usciamo da questo maledetto gioco dell’odio e della condivisione compulsiva: in Italia c’è bisogno di capire come contenere il contagio, come sostenere tutte (e che siano veramente tutte) le categorie che si ritrovano in difficoltà, bisogna cominciare ad abbozzare un piano di ricostruzione del Paese quando tutto sarà finito, bisogna evitare che qualcuno rimanga indietro (frase che in questi giorni si sente tantissimo e che invece viene praticata con molta parsimonia) e bisogna capire quali siano gli studi scientifici a cui affidarsi e quali soluzioni.

Per il momento si vive una quarantena collettiva che non ha portato nessuno dei risultati sperati (ma vedrete che ci parleranno di picco per riuscire a guadagnare un po’ di tempo) e ci sono promesse che vengono ripetute con perfetto stile comunicativo.

Immaginate che le energie spese per trovare l’untore siano invece usate per discutere (anche discutere e mettere in discussione le scelte del governo sta diventando piuttosto difficile) e per proporre: immaginate, in sostanza, che tutto questo fiato sprecato venga usato per fare la politica che invece è la grande assente durante questa pandemia, sarebbe tutto più utile e probabilmente più risolutivo. Abbiamo perso ancora una volta una giornata a smentire una notizia falsa che tra l’altro non serve a nessuno. Un altro giorno ancora.

E ormai anche dal punto di vista dei voti raccolti l’odio e l’allarmismo sembrano essere arrivati a raschiare il fondo del barile: fanno solo clic, sensazioni e ascolti. E chissà che i politici non prendano coscienza che i clic, le sensazioni e gli ascolti non si trasformano in voti soprattutto nei periodi di crisi profonda. Prima se ne accorgono loro e meglio è per noi. Il prima possibile.

Giulio Cavalli       Il Riformista  27/3/2020

 

 

“La cattiveria che le persone gettano sugli altri non è altro che la cattiveria che vive in loro, non è altro che il frutto delle loro frustrazioni.”

Luigina Scudiero, da  www.pinterest.it

 

 

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