Saluti romani, no baci: l’Italia in quarantena si è bevuta il cervello. Il contagio che più preoccupa è quello dell’isterismo assecondato dalla classe politica, che si è messa al rimorchio della “percezione” per inseguire like e consensi. E fa follie invece di governare. Dati, statistiche numeri, non contano più un fico secco: l’importante è spararla grossa per inseguire le paure. Come fa Salvini.


Ricordo che durante il governo di solidarietà nazionale il presidente Giulio Andreotti, per spiegare gli effetti dei provvedimenti assunti dall’esecutivo per combattere l’inflazione e la crisi economica, annunciò seraficamente in tv che gli italiani dovevano limitarsi ad acquistare meno orchidee.

Tanti anni dopo, il governo Conte 2, costretto a barcamenarsi con il Covid-19 ha, ben presto, accantonato il principio della nuova Costituzione materiale (per cui “uno vale uno”) in forza del quale l’opinione del salumiere sotto casa (al quale portiamo grande rispetto) godeva della stessa considerazione del parere di un “Premio Nobel”.

Il virus ha rivalutato gli scienziati e in particolare i virologi, i quali ora saltano da un talk show a un altro e si vendicano delle pernacchie a loro riservate dai vari movimenti anti-vax e dai loro arroganti proseliti. Così il governo ha costituito un comitato scientifico con studiosi ed esperti di altissimo livello, i quali hanno fornito un responso, rivalutando nella sostanza – proprio loro che l’avevano combattuta per anni – la solfa dell’ “uno vale uno”, in quanto i consigli per fare prevenzione” sono più o meno gli stessi che il salumiere sotto casa impartisce, per rassicurarla, alla signora del primo piano, quando va a fare la spesa.

Osserviamo le prescrizioni nel loro significato: coprifuoco per gli anziani; reintroduzione del saluto romano; divieto di abbracciarsi e attenzione a mantenere un metro di distanza (anche facendo sesso?) tra le persone; gli assembramenti diventano associazioni sediziose a scopo di contagio. Ovviamente – bene che vada – le partite e le altre manifestazioni sportive si vedranno in televisione, con gli stadi vuoti (a questo proposito ci siamo chiesti per quale ragione i talk show sono tuttora autorizzati a esibire un pubblico plaudente). Stavamo dimenticando a proposito della riscoperta di antiche terapie quella che fu attribuita a Ponzio Pilato: il lavaggio delle mani. Tutto più o meno come le orchidee di Andreotti.

Ma non è il caso di scherzare, neppure per scacciare la disperazione di chi è costretto a vivere nelle attuali circostanze, il quale ha capito che, non solo lui, ma tutti, compresi i governanti, non sanno più come regolarsi, quando, col proposito annunciato di voler sdrammatizzare, le tv compilano ad horas dei veri e propri bollettini di guerra, con l’indicazione dei caduti e dei feriti, nella guerra di resistenza al Coronavirus.

Capita, persino, che delle gentili conduttrici di programmi televisivi chiedano ai loro ospiti se hanno paura, fornendo loro il modo di dar prova di abnegazione a buon mercato. Sembra ormai che in Italia (e passo dopo passo in tutto il mondo) si muoia soltanto a causa del Coronavirus, che può essere ovunque (ma sempre lontano dai residenti di origine cinese) e, soprattutto, si avvale di eserciti di portatori sani, i quali diffondono il virus in giro per i continenti e contagiano “a loro insaputa” l’umanità dolente. È il contrario della trama di un’antica pièce della commedia musicale italiana: Un Mandarino per Teo, dove il protagonista viene sfidato a spingere un bottone che provocherebbe la morte di un Mandarino in Cina.

Insieme al virus si diffonde l’isteria collettiva. Dobbiamo aspettarci di tutto: giunte che si mettono in quarantena o che si riuniscono nei reparti per infettivi nei nosocomi; emittenti televisive che chiudono i battenti, quando si accerta che dei giornalisti sono infetti. Addirittura si potrebbe porre un problema nel funzionamento delle assemblee elettive. Il Collegio dei Questori della Camera ha già preso dei provvedimenti con una circolare nella quale vengono indicate le persone che devono evitare di accedere nei locali di Montecitorio. In particolare, sono previste per ora limitazioni per le attività politiche e culturali programmate.

Ma la situazione più grave è quella della produzione e del lavoro. A questo proposito è in corso un dibattito insensato tra le forze politiche. Che si debba sostenere l’economia, tutelare i lavoratori con adeguate misure (bene la reintroduzione della Cig in deroga, ad esempio) è certamente necessario. Ma è un’assurdità sparare – come sta facendo Matteo Salvini – cifre a casaccio come la richiesta di uno stanziamento da 50 miliardi. E’ soltanto un’espressione della consueta irresponsabile demagogia.

Il Coronavirus ha determinato una crisi della domanda; la produzione (che già non se la passava bene) si è fermata perché si sono chiusi i mercati, per banali, ma insuperabili barriere psicologiche. Dobbiamo allora accontentarci di produrre senza vendere? O forse si prospetta l’istituzione di un “reddito di contagio” da erogare a tutti i cittadini che abbia no subito dei danni nelle loro attività?

Direbbe Polonio, il cortigiano di Elsinore, che – tutto sommato – c’è una logica in questa follia. Dovevamo aspettarcelo.

In gran parte del mondo il “percepito” ha preso il posto del “reale”. I dati, le statistiche, le competenze, gli studi, gli approfondimenti sono stati sostituiti dalle “percezioni”. La politica allora ha drizzato la prua dei governi in direzione del “sentire” del popolo. Si è presa carico delle paure irrazionali che accompagnano da sempre i cambiamenti economici e sociali, soprattutto se intensi ed epocali come quelli a cui assistiamo.

Si è addirittura teorizzato che la politica dovesse prioritariamente tener conto delle paure, qualunque esse fossero, perché i cittadini avevano il diritto di essere rassicurati anche per i pericoli inesistenti o assai meno gravi di come li percepivano.

Così, la politica non ha compiuto alcun sforzo per “fare luce”; ovvero per svolgere quella funzione educativa che un tempo spettava ai partiti, per chiarire la complessità delle sfide da affrontare, senza potersi avvalere delle risposte tradizionali e senza averne ancora a disposizione delle nuove. Anzi, per mantenere e aumentare il consenso, ampi settori della politica hanno coltivato quelle paure, inverandone le cause e promettendo soluzioni facili e semplici.

È la “percezione” che ha portato alla vittoria Donald Trump, che ha prodotto la Brexit e disseminato di suggestioni populiste la Vecchia Europa.

Alla fine, però, è bastata una simil-influenza (è la definizione che Ilaria Capua ha dato del Covid-19) “percepita” come una peste misteriosa – per collassare il mondo sviluppato. Il fatto è che si continua a operare sul terreno del “percepito”.

Le popolazioni temono il virus sconosciuto più di ogni altra patologia? Tutti gli sforzi vanno rivolti a una campagna di resistenza contro quel nemico. La celebre esortazione di Franklin Delano Roosevelt agli americani (“L’unica cosa di cui aver paura è la paura stessa”) non ha più quel significato.

Giuliano Cazzola      Il Riformista  5/3/2020

 

 

“Paura e ottusità sono i due carburanti essenziali per alimentare un regime degno di questo nome.”

Walter Fontana (1957), umorista e scrittore

 

 

Articoli che vi raccomandiamo di leggere:

Leggere gli articoli al “tag” emergenza

La democrazia immunitaria nel caleidoscopio del Coronavirus

La paura ai tempi del coronavirus

Il bisticcio del potere

Lo stato d’eccezione provocato da un’emergenza immotivata

Come il populismo si è diffuso grazie ai social network


 


Calendario eventi
marzo 2020
L M M G V S D
 1
2345678
9101112131415
16171819202122
23242526272829
3031EC
Cerca nel Sito
Newsletter
In carica...In carica...


Feed Articoli