In tempi di crisi dei valori – da quelli culturali a quelli religiosi, sociali, etici, economici, politici, cui la nostra generazione era stata abituata ed educata – è difficile resistere alla tentazione del pessimismo. Basta pensare al vuoto, quando non all’odio, alla violenza e al nichilismo di cui sembrano essere portatori alcuni (forse molti) esponenti della generazione che segue la nostra. (…)

È difficile di fronte a queste realtà scoprire qualcosa in cui credere e sperare, per cui entusiasmarsi e impegnarsi, da condividere con gli altri.

È difficile per chi – come me – comincia a guardare dietro di sé il proprio percorso culturale, istituzionale e professionale; è forse ancor più difficile per chi inizia ora quel percorso.

Eppure, a pensarci e a guardare bene, nella realtà che ci circonda ci sono (sono tanti) i valori per cui battersi, che vale la pena di difendere e di proporre ai giovani – ovviamente con un linguaggio adeguato a loro e ai tempi – per cercare di evitare la spinta dal vuoto e dalla frustrazione alla radicalizzazione, al califfato, al nulla. (…)

Sono valori – l’eguaglianza, la libertà, la solidarietà e la sussidiarietà, la laicità, il personalismo e il pluralismo sociale, il lavoro, il pacifismo – che caratterizzano la nostra Costituzione come suoi principi fondamentali e si inverano in essa, nonostante i suoi limiti, le sue lacune, le inadempienze nella sua attuazione.

Sono valori che giustificano il richiamo della Costituzione nella ricerca di un dialogo con i giovani; un percorso comune di partecipazione, di realizzazione e di vita in cui coinvolgerli, per contrastare il percorso di rivolta, di radicalizzazione, di morte in cui altri (complici la Rete e la droga) cercano di illuderli.

Oggi sono sempre più diffusi e frequenti l’ignoranza, il disinteresse, la disapplicazione sistematica, l’aggressione più o meno esplicita alla Costituzione.

Perciò mi sembra giusto ricordarne l’origine, il contenuto, per sommi capi; gli autori e il modo con cui essa è stata scritta coralmente e nella sofferenza; il ruolo che la Costituzione (nonostante i suoi limiti) ha saputo svolgere nel mantenere libero e unito il nostro Paese nei difficili settant’anni trascorsi dal 1° gennaio 1948.

Mi sembra giusto – anche se forse ingenuo (ma qualche volta è necessaria l’ingenuità, soprattutto per continuare a sperare) – esprimere un elogio alla Costituzione come cittadino, prima ancora che come uomo impegnato nello studio e nella pratica del diritto, prestato alle istituzioni per qualche tempo.

È in realtà un invito e un augurio, rivolto a chi ci seguirà nel nostro e poi nel suo percorso istituzionale, a far vivere, attuare e mantenere attuale quella Costituzione almeno per i prossimi settant’anni.

È un invito a tradurre questo impegno non nell’immobilismo; o al contrario in un progetto di troppo ambiziose riforme organiche, destinate al fallimento se non a secondi fini (come quello di banalizzare e di svuotare la Costituzione dall’interno).

È un invito a tradurlo in alcuni interventi mirati e responsabili; a raccogliere e a sviluppare gli spunti positivi (anche se non molti) maturati nel dialogo e, da ultimo, nel confronto-scontro sulla riforma della Costituzione che da alcuni decenni, e soprattutto nell’ultimo tempo, hanno segnato il dibattito politico del nostro Paese.

È infine una testimonianza doverosa di gratitudine personale a una Costituzione cui devo molto della mia formazione e della mia educazione civile.

Giovanni Maria Flick        Il Fatto   20 ottobre 2017

Il libro:  Giovanni Maria Flick,  Elogio della Costituzione,  ed. Paoline  2017, € 15

 

vedi: La Costituzione repubblicana nata nelle bande partigiane

Referendum: non sprechiamo quel no

Il compito degli uomini della Resistenza non è ancora finito


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