Intorno alla tragedia di Giulia un infame circo mediatico per far passare un’altro storytelling ( raccontare come strategia di comunicazione pervasiva e manipolatrice): gli articoli che oggi trovate qui spiegano bene qual’è questo storytelling fatto sulla pelle di Giulia.

L’uso della tragedia di Giulia come un’altra azione infame di “distrazione di massa” per  “distrarre”, per esempio, dalle migliaia di donne massacrate a Gaza ( insieme a migliaia di bambini, vecchi e uomini), donne che non sono meno importanti di Giulia ( leggi QUI)

D’altra parte tutta l’azione nefanda e criminale degli ideatori e gestori ( l’aristocrazia finanziario-usuraia: leggi QUI) del progetto di dominio globale chiamato Grande Reset è basata su una successione di narrazioni, di storytelling ( con conseguenti stati di pseudo-emergenza, di impaurimenti e di confusione: vedi QUI) dove uno storytelling sostituisce un’altro precedente e così via contando proprio sul fatto che la gente non ricorda, non pone attenzione, non approfondisce ed è profondamente suggestionabile attraverso l’uso devastante dei media degli pseudo-gionalisti asserviti.

Così in maniera infame su può “usare” la tragedia di una povera ragazza, con cinismo e freddezza, affinchè si venga ancora continuamente “distratti” dal potersi rendere conto del progetto diabolico di dominio globale, di governance globale, di asservimento pseudo-sanitario, pseudo-green, gender e digitale che l’aristocrazia finanziario-usuraia persegue ( leggi QUI e QUI ).

Un profluvio di chiacchiere inutili, di false commozioni, di ipocriti “esperti” sulla pelle di Giulia che sarà presto dimenticata ( come è già successo per altri gravi avvenimenti) per lasciare il posto ad un nuovo storytelling “distraente” che contribuisca a non accorgersi del nuovo Patriarcato che si sta instaurando: quello dell’aristocrazia finanziario-usuraia, quello dell’èlite dei super-miliardari a cui delle uccisioni di donne ( e uomini e bambini e vecchi) non frega assolutamente nulla. (GLR)

 

 

I patriarchi e il femminicidio

Che questo Paese sia incapace di qualsiasi riscatto lo dimostrano le reazioni isteriche che un’accorta e cinica campagna di stampa ha trasformato in arma mediatica per mettere sotto accusa l’insieme dei rapporti affettivi di gran lunga preminenti e quelli sociali e culturali che essi sottintendono.

Certo questa sorta di pantomima è servita a distrarre dai massacri di Gaza e dalla sconfitta in Ucraina o magari all’avviso di garanzia a Speranza, insomma è molto utile con la sua scia di manifestazioni a coprire i sussurri e le grida per l’omicidio massivo di verità perpetrato ormai dal 2020 dall’informazione padronale.

Sono quindici anni almeno che con l’invenzione della parola femminicidio si cerca di alludere in qualche modo alla prospettiva di liquefare i rapporti regalando agli uomini una sorta di ruolo potenzialmente omicidiario, ma ogni tanto quando serve,  l’ isteria viene portata al diapason.

Fatto sta che il numero di omicidi compiuti da compagni, mariti e fidanzati rimane sempre sul livello di 150 – 160  circa all’anno, senza aumentare in modo significativo  e senza nemmeno diminuire, dando la prova che queste convulse operazioni  non hanno alcun concreto effetto, sia nell’arginare il fenomeno, sia nel mettere in crisi quella che viene chiamata società patriarcale.

Si potrebbe dubitare dell’esistenza concreta di tale società  visto che oggi alcune donne detengono il massimo potere in molte situazioni anche quando sono palesemente impari al compito come sappiamo bene in questo Paese, ma anche in Europa. ma diciamo che sì, una cultura fondamentalmente focalizzata sull’uomo, è ancora quella prevalente e uno dei modi per conservala è proprio quello di mettere fedeli esecutrici al potere o inscenare  episodiche  proteste di fronte ai casi tragici come quello di Giulia .

L’omicidio  è sempre un evento speciale al di fuori della logica sociale:  sostenere che tutti gli uomini in quanto tali sono potenzialmente assassini è una banale fesseria come le stesse passionarie con contratto a scopo o a tempo indeterminato le quali invocano la sorveglianza a tappeto della polizia.

Peccato che le forze dell’ordine siano composte in grandissima prevalenza da maschi e di certo non tra i più mansueti e adusi al pensiero o alla temperanza, quindi si tratterebbe di mandare le donne in bocca al lupo se chi fa queste affermazioni sulla natura maschile strutturalmente e culturalmente prevaricante fino all’estrema violenza fisica, credesse davvero a quello che dice.

Naturalmente ci dovrebbe essere una legislazione articolata capace di proteggere le donne (e in qualche caso anche gli uomini) quando i comportamenti dei partner possano prendere una brutta piega.

Per esempio la possibilità di divorzio immediato nei casi di violenza fisica, ma i modi potrebbero essere tanti e dovrebbero essere le persone che operano in questo settore a dare suggerimenti concreti e non vittime di ideologismi. Però il fatto è che qualsiasi causa femminista e anzi qualsiasi causa in generale, non può essere portata avanti  facendo leva su singoli episodi, per quanto essi possano colpire l’emotività.

Sono le strutture di pensiero, di logica, di cultura che devono semmai essere decostruite.

E questo non mi sembra che avvenga perché le donne stesse sono in mezzo al guado anche se si costruiscono mille alibi per dire di essere sull’altra riva.

L’esempio di scuola potrebbe essere quello di una giornalista che per rialzare le quotazioni del quotidiano che andava a dirigere approvò una pubblicità basata sul lato B femminile, salvo dare addosso ogni giorno a un premier per le sue cene eleganti, popolate di escort, scelte principalmente in ragione di quel lato.

Tanto poco sono servite queste battaglie che la condizione di molte donne che non vivono situazioni privilegio, che devono lottare per un lavoro, per essere madri, per non dipendere da un uomo,  sono nel frattempo peggiorate.

Ma è chiaro che sia così:  il sinedrio globalista che possiede l’informazione e che propende per  queste campagne sa che l’emotività è una benda sugli occhi: dentro questa cupola, le donne nemmeno esistono, sono meri oggetti di scarso valore. Loro vogliono più di una società patriarcale, vogliono essere dei Patriarchi .

https://ilsimplicissimus2.com/  23/11/2023

 

 

 

 

Giulia, Eliogabalo e il patriarcato

Non se ne può più: dinanzi alla volgare operazione mediatica in atto dopo l’omicidio della povera Giulia Cecchettin da parte del fidanzato, prende un senso di frustrazione e di rabbia.

La vittima- di cui non importa nulla a nessuno dei maestrini e maestrine dalla penna rossa saliti in cattedra al fischio del padrone- sarebbe stata uccisa dal “patriarcato”.

Una volta di più è evidente come una tragedia che ha travolto due vite e due famiglie fosse in qualche modo attesa da un’orda di sciacalli impegnati a montare un immenso circo di menzogne, o, come scrive il grande psichiatra Claudio Risé, “ una stupefacente campagna di stupidaggini”.

Nella quale, giova ripeterlo, attorno alla povera Giulia si svolge una vergognosa danza macabra. Stavolta il bersaglio è il patriarcato.

Come sempre, la neolingua stravolge le parole , imponendo significati del tutto impropri. Patriarcato, infatti significa  dominio dei padri e, in senso lato, degli adulti maschi. Che cosa c’entri questo concetto, del tutto estraneo ai tempi nostri, non è dato sapere. Poco importa: conta il messaggio che “deve” passare.

Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine e di seguire- alla rovescia- l’ esortazione di Nanni Moretti nel film Aprile. “ Dì qualcosa di sinistra”, chiede l’intellettuale al politico.

Noi diremo qualcosa “non di sinistra”, non progressista, non allineato al pensiero dominante. Talmente dominante che abbiamo ascoltato mea culpa anti patriarcali pronunciati da almeno tre ministri di centrodestra , uno dei quali è titolare della pubblica istruzione e propone un’ora di “educazione affettiva” nelle scuole.

C’è da ridere, se non ci fosse da piangere e rispettare una giovane vita spezzata. Peraltro, l’educazione sessuale- non lasciamoci ingannare dall’ eufemistico “ affettiva”- non mette al riparo la società: la statistica mostra più violenza, più omicidi laddove si impone l’educazione sessuale a scuola, estromettendo quel che resta della famiglia.

Un ministro in carica ha detto di vergognarsi di essere uomo. Gli consigliamo la chirurgia, ma questo è il punto: l’uomo è polverizzato, il padre distrutto.


Altro che patriarcato: se esistesse, il delitto probabilmente non ci sarebbe stato, poiché il padre è la legge, il limite, colui che discerne il bene dal male, insegna la responsabilità, indica i principi da seguire.

Uno dei quali, nelle società “normali”, era il rispetto per la donna, che, ci dicevano, non si tocca nemmeno con un fiore. Se vivessimo in una società patriarcale, i padri non sarebbero ridotti alla caricatura che sono.

Bancomat dei rampolli nel migliore dei casi, assenti nella maggioranza delle non-famiglie, esautorati tra separazioni, divorzi, preferenza accordata dai genitori d’ambo i sessi alla carriera o ai piaceri del consumismo.

Se il patriarcato ci fosse, il povero papà dell’assassinio non direbbe – confuso e sconcertato com’è chi subisce una tragedia così grande- che il figlio era così tranquillo, normale, senza contrasti.

I giovani maschi in genere sono esuberanti e ben poco tranquilli. Proprio quell’apparente mansuetudine, quel silenzio apparentemente rassicurante  avrebbe dovuto insospettire.

Ma poi perché, se va tutto liscio, se non ci sono conflitti da dirimere o divieti da imporre?

Se esistesse il patriarcato, o almeno il rispetto di sé, non ascolteremmo affermazioni del tipo di quelle dello scrittore Maurizio Maggiani , per il quale “ la mascolinità è un carattere recessivo della specie umana”. Un impressionante odio di sé unito all’astio contro la natura.

Magari avesse ragione un giornalista di Repubblica, autore di una lagnosa omelia anti maschile secondo cui “il maschio progressista non esiste”. Purtroppo esiste e fa danni incalcolabili a se stesso, ai figli, alla società tutta.


Infine, se il patriarcato esistesse, i bambini e i ragazzi non sarebbero così spesso affidati alle madri. Colpa di padri latitanti, certo, irresponsabili, ma anche di un atteggiamento che mette al centro la cura ( l’elemento materno, femminile) piuttosto che la guida o l’esempio.

Non avremmo generazioni di maschietti e adolescenti educati a scuola prevalentemente da insegnanti donne, seguiti soprattutto da psicologhe donne. Figure non certo incapaci, ma i bambini e i ragazzi hanno bisogno di modelli virili. Madri, insegnanti donne e psicologhe non possono fornirli.

Ma sa Dio quanto bisogno c’è di virilità , intesa come fortezza, temperanza, sicurezza, dominio di sé, capacità di imprimere una direzione.

Per istinto e per seguire la cultura dominante, troppe madri giustificano tutto mentre le docenti donne instillano nei giovani maschi un insidioso senso di colpa.

Sono vietate le attività in cui si mette alla prova l’ardimento e la forza: violenza da condannare, prova di attitudini regressive, primitive dei maschietti.

E’ esattamente il contrario: un caso evidente di primitivismo è proprio Filippo, perfino nella tragicomica programmazione dell’omicidio, nell’incapacità di valutarne le conseguenze, sino a una fuga finita per mancanza di benzina.


Ai giovani di sesso maschile non viene insegnato il rispetto della donna, ma il disprezzo di sé. Sei un violento, uno stupratore, un prevaricatore, gli grida un possente apparato di menzogne. Se diventa padre, lo si costringe a essere un “mammo”, amicone dei figli, abile solo nel cambio dei pannolini.

A noi sconcerta la moda che impone ai padri di neonati di tenerli in grembo o in marsupi dietro la schiena, anziché tra le braccia, con forza, calore, protezione.

Dobbiamo credere , noi uomini – già colpevoli, in questa parte del mondo, di essere bianchi e normali, ossia etero-  di essere il prodotto malriuscito della creazione, o dell’evoluzione al contrario.

Negli stessi giorni della grancassa mediatica sulla morte di Giulia, la neo cultura batte un altro colpo. L’imperatore romano del III secolo Eliogabalo è riabilitato: la nuova sentenza – assoluzione in attesa della santificazione- è che era transessuale.

In realtà era un sacerdote della divinità orientale di Iside e tentò di introdurre a Roma il culto del Sole Invitto, provocando forti resistenze che portarono al suo assassinio.

Era noto per gli eccessi sessuali ed ebbe almeno cinque mogli e due “ mariti”.  Wikipedia, bibbia del politicamente corretto, dà conto delle controversie sul suo “genere “ e sull’”orientamento sessuale”.


Diciamolo senza paura: episodi terribili come l’omicidio di Giulia sono sfruttati senza ritegno per portare nelle scuole, sin dall’infanzia, l’indottrinamento alla fluidità sessuale, i cui primi obiettivi sono la distruzione dell’ identità maschile e femminile. Il mondo di Eliogabalo.

Non è un caso che siano tornati all’attacco i sostenitori del decreto Zan e l’intramontabile signora Cirinnà, quella del simil-matrimonio “per tutti”, madre, dice, di “ figli non umani”, i suoi amatissimi animali. Amano gli animali, detestano gli umani di ambo i sessi. Sì, perché la distruzione della figura del padre non risparmia la madre.

Non è del matriarcato che vanno in cerca: sarebbe comunque una forma di autorità, una linea di continuità. L’obiettivo è la decostruzione della donna. Le prove sono evidenti.

Nel momento in cui si afferma- con uno sprezzo della verità che può sfuggire solo a soggetti cui è stato sottratto l’uso della vista e del cervello- che la maternità è costrutto “culturale”, imposto dal patriarcato, anzi dall’eteropatrircato ( gli omosessuali sono assolti dalle colpe maschili) si getta nell’immondizia la figura materna.

Padre e madre sono figure complementari, espressione della polarità maschio femmina voluta dalla natura o dal Dio che abbiamo ucciso: simul stabunt, vel simul cadent, insieme staranno oppure insieme cadranno.

 

Qual è  il modello femminile post moderno ? Innanzitutto non-madre , tanto che esiste la  corrente delle donne child free, libere dai figli, come se generare fosse una prigione.

Poi la virago interessata solo al successo, alla carriera, la cui iconografia è rigorosamente in  pantaloni e giacca, un’imitazione peggiorativa, per cinismo e disumanità, dei modelli maschili negativi. Oppure una sballata che rivendica pseudo libertà che si trasformano in dipendenze.

Un manifesto “femminista” (?) del governo spagnolo, impegnatissimo sulle questioni di “genere”, mostra una ragazza in preda all’alcool, dall’aspetto deplorevole, reduce da una notte brava, accanto a una didascalia –slogan: sola e ubriaca voglio tornare a casa. Nessun dubbio sul diritto di non essere importunata o aggredita sessualmente, ma non sarebbe meglio impegnare il denaro dei contribuenti in campagne contro l’alcolismo e le droghe?

Impossibile: si lederebbe la libertà, ridotta al diritto indiscutibile di fare qualsiasi cosa aggradi, ticchio o capriccio, anche distruttivo e autodistruttivo.

Episodi ripugnanti come le accuse di stupro riguardanti figli di personaggi famosi hanno in comune l’abuso di alcool e “sostanze”, un divertimento volgare, compulsivo di persone vuote ( maschi e femmine) tra musiche assordanti e una promiscuità figlia probabilmente della pornografia e dell’indistinzione tra reale e virtuale.


Se Filippo e altri esplodono in atti orribili è anche perché il modello dominante è la forma merce, il consumo.

Gli esseri umani non sono cose, Giulia non era di Filippo, ma come spiegarlo a chi ha imparato dalla società che tutto è un “diritto”, anche capricci, anche gesti di possesso dell’Altro che un’educazione sana avrebbe quanto meno stigmatizzato.

La reazione al rifiuto diventa il piagnucolio del bambino che non sa difendersi e “ lo dice alla mamma, o alla maestra”; oppure la destabilizzazione rancorosa che sfocia talvolta in violenza vendicativa, drammatica nelle conseguenze, ma infantile perché è la reazione di chi ha perduto il giocattolo.

Generazioni infantilizzate , confuse in quanto non viene mostrato loro un limite, insegnata la differenza tra bene e male. Chi non riceve mai rifiuti, chi non ascolta mai qualche salutare “no” da parte di un padre e di una madre, come può accettarne nel corso della vita?


Un ulteriore elemento di questa e di altre vicende è di tipo proiettivo, sostitutivo. Sconfitta la lotta di classe, impera la guerra dei sessi. Divide et impera, come sempre.

Il mondo-mercato è individualista, nega la dimensione comunitaria, insegna a odiare l’altro in quanto concorrente, competitor , dicono i comici cultori della neolingua globish.

Nulla di meglio, per l’oligarchia al potere, che la guerra tra uomini e donne, l’invenzione del femminicidio, l’ omicidio “più” che abbatte l’uguaglianza di fronte alla legge.

La contrapposizione agonistica, vissuta nella forma della lotta continua tra minoranze rissose, incomunicabili, vittimiste, decise a rivendicare privilegi o risarcimenti , è un’assicurazione sulla vita e la riproduzione del vigente modello sociale, economico e antropologico, orribile quanto fallimentare. In tutto ciò fa capolino uno strano convitato di pietra, il satanismo.

Riferimenti di quel tipo erano presenti sulla maglietta indossata dalla sorella di Giulia, una giovanissima Erinni che ha incolpato il mondo intero della tragedia, inanellando in poche frasi l’intero repertorio di luoghi comuni della subcultura sedicente progressista. Va scusata, perché il dolore toglie il senno e per la giovane età. Certamente non immagina i significati degli strani simboli del suo abbigliamento.

Tuttavia ci sembra di intravvedere nelle derive in atto l’azione di qualcosa di razionalmente indefinibile, maligno. Scrisse Emil Cioran che ogni civiltà morente aspetta sempre il suo barbaro, quello che le assesta il colpo di grazia.

Come definire diversamente il mondo che produce troppi Filippo, che applaude orgogliosa ogni inversione, distrugge il padre, criminalizza gli uomini e la famiglia, svilisce le donna, irride la madre, ridotta a incubatrice al servizio di coppie danarose ( gay ed etero) per le quali un figlio è un “diritto” da pagare in denaro ? Il tempo di Eliogabalo.

Roberto Pecchioli,  https://www.ereticamente.net/   23/11/2023

Roberto Pecchioli (1954), studioso di geopolitica, economia e storia, svolge un’intensa attività pubblicistica in ambito saggistico. Collabora con riviste e siti web di cultura e informazione indipendente. Già dal 2020 ha preso posizione contro la strategia del Grande Reset.

 

 

La vera colpa

Sarebbe colpa del patriarcato, se fossimo negli anni trenta o quaranta. Ma dato che siamo nel 2023, la colpa non può essere del patriarcato, non più esistente.

Dagli anni sessanta il capitalismo abbandona la forma patriarcale repressiva per passare a una nuova figura non meno repressiva, quella del capitalismo di consumo liberal-progressista.

Quest’ultimo – Pasolini docet - non si fonda sulla forza repressiva del maschio e del padre ma al contrario sull’indebolimento di ogni legame e sull’annichilimento della figura del padre in quanto simbolo della legge.

Il capitalismo liberalprogressista di libero consumo e di libero costume è per sua essenza anomico e senza padri, abitato solo da eterni bambini in cerca del godimento deregolamentato e tali da concepire la libertà in forma puberale come abbattimento di ogni legge e di ogni tabù.

In questo, e non certo nel patriarcato, devono semmai essere cercate le radici dei crimini di cui tanto si discute in questi giorni.

Diego Fusaro, filosofo  22/11/2023

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DALLA RETE

 

 

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