Il caso dello smemorato di Collegno fu un famoso caso giudiziario e mediatico che si svolse in Italia tra il 1927 e il 1931, riguardante un individuo affetto da amnesia totale sulle sue origini e ricoverato presso il manicomio di Collegno (TO).

Pur se  fu identificato da varie famiglie come un proprio congiunto, non si arrivò mai ad una definizione precisa. Grazie all’interesse mediatico suscitato dalla vicenda la definizione «smemorato di Collegno» divenne la definizione per antonomasia  per indicare «una persona molto disattenta, che dimentica qualsiasi cosa» o in particolare «chi finge di non capire», «chi fa il finto tonto».

Ecco, oggi andando in giro per strada, per i luoghi di lavoro, tra gruppi di amici e nelle famiglie stesse abbondano gli “smemorati di Collegno” come se negli ultimi tre anni non fosse successo l’indicibile a livello umano, sociale e morale ( leggi QUI).

Una massa di smemorati repellenti, tutti impegnati nell’ancor più repellente resilienza ( leggi QUI), che vivono solo per dimenticare pensando che siamo usciti da tutte le emergenze (poveri e stupidi illusi). E casomai disposti pure a “perdonare” ( leggi QUI)!!

Una massa di smemorati della Costituzione e dei sacrifici di Coloro che lottarono e morirono perchè l’italia l’avesse; smemorati della Repubblica e dei valori repubblicani, della dignità umana vilipesa da vili governi; smemorati dei diritti e della libertà, dei bambini violentati da norme oppressive; smemorati del ritorno dell’apartheid ( leggi QUI), della violenza sui lavoratori che non volevano vaccinarsi, delle censure e del racconto del mainstream a senso unico; smemorati di aver messo miserabilmente il proprio corpo a disposizione per esperimenti ignobili con pseudo-vaccini ( sieri genici, in verità) di cui non si doveva sapere niente; smemorati di essersi fatti imbavagliare ignobilmente.

Una massa di smemorati di essere stati impauriti, terrorizzati, imtimiditi, chiusi in casa come infettati purulenti, distanziati come animali rognosi, inseguiti e denunciati come criminali, soggetti a limitazioni senza senso ed accettate in maniera vergognosa.

Una massa di smemorati che non sanno cos’è la vergogna, la dignità umana (leggi QUI), il rispetto per se stessi, l’indignazione, la rabbia, la disubbidienza civile e la resistenza ( leggi QUI e soprattutto QUI).

Una massa di smemorati che non sanno nulla del progetto criminale globale chiamato Grande Reset ( gestito nelle buie viscere del deep state dall’aristocrazia finanziario-usuraia composta di miliardari, banchieri, finanzieri, industriali) che è dietro tutto quello che è accaduto, accade e accadrà ancor di più. Quindi smemorati ignoranti perchè non studiano, non s’informano, non cercano di capire ma si limitano a sopravvivere e a subire ( leggi QUI).

Lasciamo agli importanti articoli che seguono di allargare ed approfondire l’ampio spettro delle cose che gli “smemorati di Collegno” hanno dimenticato e continuano a dimenticare ricordando, almeno, che i mostri che preparano la loro governance globale, l’addomesticamento di tutti noi, una società soffocante dell’iper-controllo e della totale sorveglianza ed il percorso diabolico verso il transumanesimo non si dimenticano affatto di noi ( leggi QUI).

Essi non sono degli “smemorati Collegno”. (GLR)

 

 

 


 

 

Tre anni di pandemia. Per non dimenticare

Nel febbraio 2020 iniziò l’incubo della pandemia di Covid 19. Ora che il peggio sembra passato, abbiamo il dovere di non rimuovere, di non dimenticare. Troppe ne abbiamo viste, troppe ce ne hanno fatte passare.

Per alcuni il triennio che è dietro di noi ha cambiato definitivamente molte idee e convincimenti, portando a compimento processi interiori in atto da tempo, che attendevano solo l’innesco, la miccia per esplodere.


Abbiamo il dovere della memoria in quanto uomini, e non possiamo lasciarci alle spalle – per sete di verità e ansia di giustizia – quel che abbiamo vissuto, i sentimenti e la progressiva presa di coscienza che ci ha cambiato nel profondo.


Lo dobbiamo ai morti, alle famiglie che non hanno potuto vegliare i propri cari, ai medici e agli operatori sanitari, a chi si è impegnato in scienza e coscienza nello studio di terapie, a chi ha cercato con tenacia e gravi rischi la verità, a chi non ha accettato la narrazione ufficiale.

Lo dobbiamo anche alla maggioranza allineata, imprigionata da fiumi di immagini e parole per alimentare la paura, il terrore, l’acquiescenza di massa. Lo dobbiamo perfino a chi vive ancora impaurito, mascherato e fa un po’ rabbia e un po’ pena. Vanno capiti: sono le vittime di lungo corso, vivono peggio di chi ha alzato la testa e allargato lo sguardo


La memoria è un dovere nei confronti della storia: nessuno avrebbe pensato di subire la prigione domiciliare, di uscire di casa come un evaso con in tasca la giustificazione. Non avremmo mai pensato di non poter lavorare senza il foglio di vaccinazione, e chiamare vaccini i sieri genici sperimentali.


Non immaginavamo di doverci separare da parenti e amici e di trovare tra loro dei nemici: non solo possibili veicoli di contagio, ma anche delatori, se i nostri comportamenti non erano quelli prescritti dal potere.

Non pensavamo, in vita nostra, di dover esibire un cartiglio per accedere al bar, al bus, a tutti i luoghi della vita e del lavoro.

Hanno rinchiuso bambini e ragazzi con enormi danni psicologici, costretto milioni di persone a lavorare da casa, isolati: lo chiamano smart work, lavoro furbo ed è singolare come tutto sia “furbo” nel mondo di lorsignori.

Non immaginavamo neppure che chiamassero green pass, lasciapassare verde, il cartiglio neo feudale. Verde come il semaforo, a significare un lampo provvisorio di libertà, che diventa rosso – divieto, blocco – un attimo dopo.

Invece, è il pilastro dell’identità digitale dell’uomo-cifra.

Non fu normale definire la clausura, il coprifuoco, la carcerazione domestica in quel modo astruso, in una lingua straniera, lockdown (isolamento, confinamento). Se ce lo avessero imposto nella nostra lingua, forse avremmo riflettuto di più.


Non possiamo dimenticare la violenza governativa, l’uso di strumenti giuridici impropri, ma nulla importano le regole, i diritti di carta, dinanzi alla minaccia della vita.

 

E che dire della distinzione – rammentata da filosofi stimati diventati improvvisamente nemici del popolo infermo – tra nuda vita, sopravvivenza (zòe) e vita piena, libera, che respira a pieni polmoni (bìos)?

 

Non possiamo lasciarci alle spalle lo sconcertante silenzio della Chiesa, custode delle anime, che non si è rivolta a Dio ma ha sbarrato le porte sino a sostituire l’acqua benedetta con l’igienizzante, simbolo della divinità tecnoscientifica, unica entità a cui credere.


Nessuno stupore per la sentenza della Corte Costituzionalequindici strapagati custodi dell’ortodossiache ha legittimato tutte le angherie subite. La Consulta ha affermato che sono legge le opinioni del momento della scienza ufficiale – legata al carrozzone onnipotente di Big Pharma e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, feudo del filantropocapitalismo.

Il potere si difende; le istituzioni di garanzia sono parte in causa, non baluardo del popolo.


Non scordiamo il bollettino quotidiano dei morti e dei contagiati, compilato – la verità sta emergendo – in maniera cervellotica e terrorifica.

Strano non si parli affatto dello stupefacente aumento della mortalità generale, le cui cause non conosciamo e per le quali non azzardiamo conclusioni.

Almeno due ipotesi – suscettibili di onesta smentita, se dovuta – concedetele allo scrivano che nulla sa di medicina: la mancata cura delle patologie diverse dal Covid, unita alla fuga volontaria dagli ospedali di chiunque potesse tenere duro con i suoi malanni. Degli effetti avversi del siero, capiremo nel tempo. Da quelle risposte sapremo se le élite del mondo sono “soltanto” irresponsabili e ingorde, o direttamente criminali.


Tre anni di pandemia: già questo desta stupore. Le epidemie naturali non durano – è un dato storico – più di due anni. Lo dice la statistica e il professore Francesco Palù, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, scienziato e uomo di sistema.

Nel corso del tempo i Coronavirus perdono la carica patogena iniziale, anche a causa delle numerose mutazioni. Vaccinare in piena pandemia può favorirle, ammettevano virostar come i professori Burioni e Crisanti nel 2021.

Le linee guida dell’OMS dichiarano la stessa cosa: “evitare le campagne di vaccinazione di massa fino a quando la situazione Covid-19 non si risolve”. Ma era il 2020: poi arrivò Big Pharma con le magiche fialette.

Le cinque maggiori multinazionali del settore, Johnson & Johnson, Pfizer, Roche, Novartis e Merck vantavano, già prima della pandemia, la loro miniera d’oro, un fatturato annuo superiore al PIL della Spagna.

Due anni o poco più è la durata storica delle pandemie naturali. Ma questa? Per almeno un anno ci hanno trattato da minus habentes con la teoria dei pipistrelli, poi è risultato chiaro che a Wuhan esiste un laboratorio chimico (finanziato anche dalle potenze occidentali) in cui si sperimentano pessime cose relative ai virus.

Lo chiamano “guadagno di funzione” e consiste nel rafforzare i ceppi virali al fine di approntare rimedi capaci di sconfiggerli. Questa è la versione ufficiale; il fondato sospetto è che in quegli antri si lavori a guerre chimiche. L’ipotesi di bioterrorismo è davvero solo una fobia di svitati?

Nel 2021 Anthony Fauci, virologo americano capo degli organismi scientifici governativi, ha ammesso di non credere all’origine naturale del virus.

Data la prudenza di personaggi di quel calibro, è un’ammissione vera e propria, venuta dopo analoghe prese di posizione di numerosi scienziati internazionali liberi da conflitti di interessi con Big Pharma o pubbliche istituzioni, come il premio Nobel Luc Montagnier, poi deceduto, schernito senza vergogna dal mainstream giornalistico.

Delle due l’una: o il virus è sfuggito per caso o incuria da un laboratorio riservato (ora sappiamo che il mondo ne è pieno) o qualcuno lo ha fatto uscire. Non abbiamo prove e neppure indizi.


Tuttavia, conosciamo alcuni fatti, che esponiamo come memento, piccoli Bignami di informazione. Nel maggio 2009, in occasione dell’epidemia suina, Jacques Attali, membro del Bilderberg Club, banchiere, esponente di primo piano dell’oligarchia mondialista e futurologo assai informato, dichiarò che una crisi pandemica avrebbe permesso l’instaurazione di un governo mondiale.

La storia insegna che l’umanità evolve (!!!) significativamente soltanto quando ha realmente paura. La pandemia potrebbe far scatenare una di queste paure strutturantiDefinì inevitabile una futura crisi pandemica, come più tardi fecero Bill Gates, dominus dell’OMS e altri “bene informati”.


Attali, il rompighiaccio, riconobbe tranquillamente che l’epidemia prossima ventura avrebbe permesso di “organizzare una polizia mondiale e una fiscalità mondiale”, rendendo inevitabile “più di quanto avrebbe permesso la sola ragione economica” porre le basi di un governo mondiale.


E’ andato forse lontano dalla verità? L’anno successivo, il 2010, la stessa OMS fu accusata dal Consiglio d’Europa di aver diffuso notizie su una falsa pandemia che scatenarono il panico, la corsa ad accaparrarsi i vaccini. Il governo francese disdisse gli acquisti e fu apertamente minacciato da Novartis, la quale fece sapere che “alla prossima pandemia, perché ci sarà una nuova pandemia” avrebbe ignorato gli ordini d’acquisto francesi. Che cosa sapeva?

Contemporaneamente, la fondazione Rockefeller – gigante del filantropocapitalismo, il potere mondialista privatizzato – pubblicava una relazione in cui auspicava l’istituzione di uno stato di polizia antivirus, vaticinando che sarebbe stata la Cina a debellare per prima il contagio attraverso la quarantena di massa e il lockdown. Pensiero magico o segnali di un programma?

Il laboratorio di Wuhan cominciò a lavorare nel 2014 sui virus dei pipistrelli con l’intervento dei maggiori specialisti del mondo. Gli esperimenti su virus detti “chimera”, il mostro mitologico col muso di leone, il corpo di capra, la coda di drago e vomitante fiamme, vietati negli Usa, si traferirono in Cina: un brillante esempio di delocalizzazione.

I finanziamenti arrivarono copiosi e nel 2015 i cinesi annunciarono di aver creato un virus chimera patogeno per l’uomo, nello stesso anno in cui Bill Gates – un altro profeta – annunciava che la prossima catastrofe non sarebbe stata una guerra ma una pandemia. Abbiamo avuto l’una e l’altra.

Un esponente della monarchia ereditaria finanziaria Rothschild depositò nel fatidico 2015 un brevetto per test di Covid 19, suscitando polemiche e interrogativi. Due anni dopo Anthony Fauci dichiarò di essere certo che la presidenza Trump avrebbe dovuto affrontare una pandemia. Meglio di Nostradamus e del mago Otelma, i membri dell’oligarchia globale.

 

Nel 2019 a Wuhan si svolse un’esercitazione militare che simulava la minaccia di un Coronavirus. Il mese dopo, per non essere da meno, il Johns Hopkins Center for Health Security, un organismo privato finanziato dai soliti noti, organizzò, con il Forum di Davos e la fondazione di Bill Gates, Event 201 Exercise, un’altra simulazione pandemica con dovizia di dati sugli enormi costi economici e umani. L’esperimento fu condotto alla presenza di capi di multinazionali, esponenti di governo e della sanità pubblica.

Il 1 dicembre 2019 fu reso ufficiale il primo caso di coronavirus a Wuhan. L’analisi del virus permise poi di accertare che si trattava dello stesso ceppo del virus chimera prodotto nel 2015. Sin qui i fatti. La loro concatenazione è un’ipotesi, forse maliziosa o forse no.

La memoria, tuttavia, serve a non dimenticare e a stimolare la ricerca della verità. Ipotesi anche quanto pubblicato all’epoca da La Stampa – quotidiano che si è distinto per zelo nel difendere ogni versione ufficiale e atto conseguente – secondo cui Bridgewater, il maggiore hedge fund del pianeta, puntò un miliardo e mezzo di dollari sul crollo delle borse nel marzo 2020. Il fatto, in piena crisi pandemica, si verificò nonostante le previsioni contrarie.

Nessuno degli eventi citati spiega ciò che abbiamo vissuto e perché. Tanto meno enuncia verità alternative: è un modesto riassunto a uso degli immemori, una testimonianza di chi ha attraversato, con sentimenti via via mutevoli, la lunga Via Crucis epidemica.

Nel ringraziare Dio per averci – sinora – risparmiato personalmente il peggio, non possiamo che inchinarci con il rispetto dovuto ai morti, alle sofferenze, ma anche al coraggio di chi ha cercato di fornire aiuto concreto e successivamente si è trasformato in cercatore di verità, viandante alla scoperta dell’enorme cumulo di menzogne, marciume, violenza di cui siamo stati oggetto.


Che il virus sia stato un orribile esperimento in corpore vili – perfettamente riuscito – o una casualità dalla quale il potere ha approfittato per cambiare nel profondo le nostre vite, dobbiamo ragionare, riflettere, capire.


E ringraziare chi non ha abbassato la testa senza prostrarsi davanti all’immensa potenza delle narrazioni ufficiali.


A loro – un pochino anche a noi stessi – va una riconoscenza umile, senza vanità, un sentimento riassunto da Ezra Pound nei Canti Pisani.

“Ma avere fatto in luogo di non avere fatto, questa non è vanità. Avere, con discrezione, bussato perché un Blunt aprisse. Aver raccolto dal vento una tradizione viva o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata, questa non è vanità. Qui l’errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece esitare.”

Roberto Pecchioli,  https://www.ereticamente.net/  18/2/2023

Roberto Pecchioli, studioso di geopolitica, economia e storia, svolge un’intensa attività pubblicistica in ambito saggistico. Collabora con riviste e siti web di cultura e informazione indipendente.

 

 

 


 

L’elenco crescente di bugie sul Covid

STORIA A COLPO D’OCCHIO

Blocchi, allontanamento sociale, chiusura di scuole e aziende, uso universale della maschera, uso di schermi facciali e barriere di plastica, restrizioni di viaggio, uso di test PCR per diagnosticare l’infezione, scelta dei trattamenti e sicurezza ed efficacia dei vaccini COVID – tutto di queste contromisure erano basate su una combinazione di menzogne, frode e/o ignoranza intenzionale

I blocchi universali non sono mai stati utilizzati prima come misura di prevenzione della pandemia, e per una buona ragione. Non funziona. Per prevenire la diffusione dell’infezione, isoli coloro che sono effettivamente malati. Le persone sane non possono diffondere l’infezione, quindi non c’è motivo di isolarle

Un’analisi dell’agosto 2020 dei dati di sorveglianza COVID-19 dai primi 50 paesi in termini di casi segnalati ha anche concluso che le chiusure delle frontiere, i blocchi e i test diffusi non hanno avuto alcun impatto sulla mortalità COVID-19 per milione di persone. Un altro articolo pubblicato nel 2021 ha rilevato che i blocchi erano effettivamente associati ad un aumento della mortalità in eccesso

L’assenza di prove a sostegno dell’uso della maschera per il controllo delle infezioni è stata confermata fin dall’inizio dalle stesse agenzie e organizzazioni che hanno finito per raccomandare e/o imporre l’uso universale della maschera

Per evitare di commettere gli stessi errori in future pandemie, le crisi sanitarie non devono essere gestite mediante poteri di emergenza. I poteri di emergenza dovrebbero essere usati solo in caso di guerra….

 

Scarica il PDF e continua la lettura:

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Volete che gli “smemorati di Collegno” ricordino queste cose? Poi come fanno a stare tranquilli…

 

LA MAZZATA DI RESTRIZIONI E RINCARI ALLE ATTIVITÀ COMMERCIALI: 4.800 CHIUSURE SOLO NEL 2022

Il periodo più duro di limitazioni anti-Covid è passato già da un po’ ma gli effetti delle norme restrittive pesano ancora oggi sulle attività commerciali, adesso anche colpite dai rincari energetici.  Nel 2022 sono 4.787 i bar, i ristoranti, gli alberghi e le discoteche ad aver chiuso.

Lo rendono noto i dati di Infocamere-Movimprese, elaborati al 31 dicembre 2022, che affermano come ad aver pagato maggiormente il conto siano in particolare i bar, con 4.339 chiusure.

Bar, ristoranti e discoteche: la giungla delle normative

Per comprendere questi dati è bene ricordare cosa hanno vissuto i gestori. Da un giorno all’altro, infatti, subirono la decisione del governo di sospendere l’attività tramite decreto all’inizio del 2020 con l’obiettivo di contenere la diffusione dei contagi.

Dopo le riaperture, commercianti e proprietari dei locali furono costretti ad adeguarsi a una serie di regole spesso contorte e cervellotiche. Non ci furono infatti soltanto gli obblighi di mascherina, gli ingressi contingentati, l’attività di sanificazione e successivamente di green pass per potere accedere.

Nei bar, per esempio, il rituale del caffè fu stravolto: prima non fu possibile sostare al bancone, poi fu consentito solo in numero limitato (e dunque con una sosta rapida per garantire l’ingresso agli altri avventori), dopodiché fu reso possibile solo a chi esibiva il super green pass, impedendo l’ingresso a chi non lo possedeva e attuando quindi una discriminazione giustificata da qualcuno come unico mezzo per impedire la trasmissione di un virus che, in realtà, anche chi era vaccinato poteva trasmettere.

I ristoranti, invece, dovevano rispettare le distanze tra un tavolo e l’altro, dove poteva sedersi solamente un numero limitato di persone, senza più grandi tavolate. Chi non aveva il green pass poteva accomodarsi fuori ma non era detto che tutti i ristoranti avessero lo spazio esterno, per cui quelli al chiuso dovevano inevitabilmente servire meno clienti a causa di distanze e numero limitato da rispettare.

I gestori di discoteche furono forse quelli che subirono di più l’assurdità di certe norme. Non c’era infatti solo il limite di capienza ma misure quali l’obbligo di mascherina imposto ai presenti, eliminato durante il ballo ma che ritornava appena non ci si muoveva più.

Qualche aiuto, molti costi

Per i gestori ci sono state soprattutto le tante risorse impiegate per adeguarsi alla legge. Dalle ditte responsabili per la sanificazione, alle barriere divisorie in plexiglas da installare fino ai soldi persi a causa di chiusure e limiti di ingressi che hanno inevitabilmente ridotto la clientela.

Gli aiuti del governo ci sono stati ma erano legati al calo del fatturato, non tenevano quindi conto di tutte le altre spese e spesso non sono stati nemmeno sufficienti a coprire tutti i costi a carico dei gestori.

Il risultato è che 4.787 imprese del tempo libero hanno chiuso nel 2022, che si aggiungono alle 58mila sparite l’anno precedente e alle circa 22mila del 2020. In sintesi: chi è più forte è rimasto, alle prese però con l’impennata dei costi, mentre chi era più debole ha chiuso.

Non se la passano bene neppure le librerie

Oltre a bar, ristoranti e discoteche, i numeri sono negativi pure per luoghi di cultura come le librerie: sempre secondo i dati Infocamere-Movimprese, dal 2020 ne sono state chiuse 71, di cui 30 solo nel 2022.


Forse è stato anche questo l’intento degli ultimi tre anni: demonizzare i luoghi di socialità e ridurre anche l’esercizio di stimolazione di un pensiero critico, per promuovere il modello di isolamento davanti a uno schermo.


Byoblu, 20/2/2022

 

 

 

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Scegliamo di farci curare solo da medici no-vax: anche questo è una scelta di Resistenza!

Da La Verità, 22/11/2022

 


 

 

 

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