È in atto nei confronti del “no” una manovra a tenaglia organizzata da quei “poteri forti” che, secondo l’ineffabile ministra Boschi, erano contro il governo. Ad aprire la strada sono stati il “finto rottamatore” e “Maria la referendaria” i quali, anziché astenersi rigorosamente da interloquire in una materia di esclusiva competenza, prima del Parlamento e, poi, del popolo, non solo sono impropriamente intervenuti nella campagna referendaria con tutta la forza delle loro cariche, rispettivamente, di capo del governo e di ministro delle Riforme, quanto hanno posto in essere una penetrante campagna di disinformazione “vendendo” un prodotto “taroccato” spacciato per la panacea di tutti i mali italiani, magnificato da gran parte della stampa e dal servizio pubblico televisivo, oramai asservito, non solo a un partito ma, addirittura, a un solo “uomo al comando”.

Lo slogan, “o Renzi o il caos” ha fatto così proseliti anche tra i soliti “utili idioti”. È scesa poi in campo la potente armata della Confindustria, la quale è talmente schierata da aver distribuito tra i suoi membri un vademecum per spiegare le ragioni del “sì”. Quindi, poiché le sorti del “sì” potevano essere in pericolo, è intervenuto il “calibro da 90” e cioè la grande finanza internazionale (la massoneria mondiale?) e i suoi potenti media (Wall Street Journal, Financial Times e New York Times) che hanno rafforzato, a livello internazionale, la strategia della tensione: “Referendum, allarme in Usa e in Europa”; “il Referendum costituzionale è il principale rischio per la politica europea al di fuori della Gran Bretagna”, “l’Italia rischia una crisi economica, stagnazione, disoccupazione, miseria”.

Non poteva mancare, da ultimo – ma non ultima per l’importanza che le deriva dalla sua capillare organizzazione e dalla capacità di espansione anche nel mondo giovanile e cattolico – “la filogovernativa” Comunione e Liberazione il cui annuale “meeting” di Rimini non poteva avere altro titolo: “Storia e futuro della riforma costituzionale italiana”. Occasione propizia per divulgare il “sì” dal momento che la maggior parte degli invitati è schierata per il “sì”. Nessun componente del comitato per il “no” e nessun esponente del M5S è stato invitato.

Ospite d’onore sarà naturalmente la ministra Boschi che sarà aiutata dal giurista Sabino Cassese a spiegare le ragioni del “sì”, nel confronto – mediato dal costituzionalista Andrea Simoncini, membro del consiglio di presidenza di Cl e considerato molto vicino al “giglio magico” – con il non oltranzista prof. Casavola. Non poteva mancare l’ex presidente della Camera Luciano Violante, fervente sostenitore del “sì”. Né potevano mancare il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, e il segretario della Cisl, schierata per il “sì”, Anna Maria Furlan. Da seguire con molta attenzione gli interventi dei membri della Consulta (che il 4 ottobre dovrà esaminare la costituzionalità dell’“Italicum”), entrambi nominati da “Re Giorgio”, Marta Cartabia e l’“immarcescibile” Giuliano Amato. Saranno presenti – il che darà enorme prestigio alla manifestazione e agli organizzatori ciellini – il capo dello Stato Sergio Mattarella (che, ovviamente, non si schiererà), e i vertici del Csm (Giovanni Legnini) e della magistratura (Giovanni Canzio) i quali, prudentemente, parleranno di “Giustizia e separazione dei poteri”.

Ora, a fronte di questo imponente schieramento di forze, non basta che Di Battista vada in giro per l’Italia in moto a sostenere il “no” o che sorgano comitati per il “no” se poi ognuno è slegato dall’altro; è necessario e urgente invece una battaglia comune dei sostenitori del “no” con la programmazione di una strategia unitaria.

Soprattutto è necessario spiegare agli italiani che Renzi sa benissimo che la riforma costituzionale, se approvata, non avrà alcun effetto benefico sull’economia; così come sa che la vittoria del “no” non porterà a quella catastrofe artificiosamente prospettata. Il capo del governo sa bene che la vittoria del “sì” significherà la definitiva sconfitta “politica” delle forze di opposizione e la completa emarginazione, se non l’espulsione (e la non candidatura) degli esponenti della sinistra Pd.

Egli sa bene che, se vincerà il “sì”, avrà quella legittimazione popolare che non ha mai avuto, vedrà consacrato definitivamente il suo ruolo di capo assoluto del partito di maggioranza e di “premier” e si rafforzerà ancor di più il gruppo di oligarchi che già oggi si sta impadronendo del potere con il concorso esterno dei “verdiniani”, con conseguente ulteriore riduzione degli spazi di democrazia.

Oramai è illusorio pensare che l’esito del referendum si giochi sul merito delle riforme perché, se così fosse, la vittoria del “no” sarebbe assicurata dal momento che la riforma costituzionale, fatta approvare da un gruppo di ambiziosi incompetenti, rappresenta il peggio di quanto si potesse immaginare.

Antonio Esposito          Il Fatto Quotidiano del 24/08/2016.

 

vedi:  FinanzCapitalismo: il mostro che uccide la democrazia

La maschera democratica dell'oligarchia

Referendum, la pressione è solo all’inizio


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