Archivio di dicembre 2010

Crediamo nella eguaglianza di tutti gli esseri umani a prescindere dalle opinioni, dal sesso, dalla razza, dalla appartenenza etnica, politica, religiosa, dalla loro condizione sociale ed economica.

Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati. Leggi il resto di questo articolo »

Oggi a Madrid domani a Roma, siamo antifascisti poiché non misuriamo la patria a cannoni ed a frontiere  ma con il nostro mondo morale e con la Patria di tutti gli uomini liberi.

Carlo Rosselli (1899-1937),  Scritti politici e autobiografici,  1936

 


Dagli anni della Rivoluzione francese alla morte di Cavour, Denis Mack Smith brillante storico inglese e fra le voci più autorevoli sulla storia d’Italia demistifica molti luoghi comuni sul Risorgimento, attraverso la voce stessa dei protagonisti. Con l’avvertenza che “i documenti, bisogna ricordare, non sono la storia, ma gli elementi che contribuiscono a fare la storia“, in queste pagine vengono riportati gli scritti e le testimonianze di Filippo Buonarroti e Eleonora de Fonseca Pimentel, Metternich e Manzoni, Mazzini e Garibaldi, Gioberti e Pio IX, Carlo Alberto e Carlo Pisacane, Vittorio Emanuele II e Cavour, Giuseppe Massari e Carlo Cattaneo. Ogni documento è introdotto da acute riflessioni di Mack Smith e il risultato è una immagine viva e palpitante di un periodo che ha profondamente trasformato la penisola italiana. In questo volume il lettore è messo a diretto contatto con testi di quegli anni: pagine intense il cui filo conduttore dello svolgersi degli eventi nasce da passioni politiche, ambizioni personali, ideali di popoli e interessi di singoli, aspirazioni rivoluzionarie, vittorie e sconfitte da cui è nata l’Unità d’Italia.

di   Denis Mack Smith,  ed. Laterza  2010,  €  22,00

Può apparire inopportuno parlar di Natale sul manifesto, disteso com’è nella vignetta di Vauro sul lettino di rianimazione, moribondo per i colpi di Babbo letale Tremonti. Ma non è affatto inopportuno. Perché Natale vuol dire «rinascita» oltre ogni speranza: dal «no future» al «new future». Leggi il resto di questo articolo »

Si è aperto ieri a Firenze un nuovo processo per le stragi del maggio 1993, Roma, Milano, Firenze, e in particolare va ricordata quella che sventrò il palazzo dei Georgofili, colpì gli Uffizi e soprattutto uccise cinque persone e ne ferì più di quaranta. È imputato Francesco Tagliavia, capo della famiglia palermitana di Corso dei Mille. Venne arrestato il 22 maggio ’93, subì una condanna a due ergastoli per 26 omicidi, ma non come responsabile di quelle stragi. Finché non è stato chiamato in causa da Gaspare Spatuzza. Il quale ha rivelato che Tagliavia partecipò a una riunione per la preparazione delle stragi e mise a disposizione per la loro esecuzione tre suoi uomini. Il processo fiorentino si svolge in un momento politicamente molto caldo. Emergono infatti sospetti gravissimi di complicità e trattative della politica con Cosa nostra e la Camorra. Leggi il resto di questo articolo »

Dobbiamo vivere la solidarietà con gli uomini senza rimetterne in questione le regole? Allora saremo impuri! Dobbiamo rimetterle in questione. Starci dentro standone fuori, per così dire. Ecco la contraddizione. È quella che noi viviamo. Secondo me, per quanto questa scelta sia deludente perché non ci consente mai un punto di armonizzazione dei contrari, è l’unica scelta che ci è possibile e che ci guida a comprendere perché non diciamo frasi fatte, imparate nell’educazione devota, quando diciamo che siamo tutti peccatori: ci siamo dentro. Leggi il resto di questo articolo »

Noi credevamo“, recita il bel titolo del recente film di Mario Martone sul Risorgimento ( discreto ma, forse, non perfettamente riuscito e comunque un tentativo importante). C’era gente che credeva durante il Risorgimento, durante quella costruzione faticosa di un’Italia che quegli uomini sognavano democratica, libera, repubblicana ( o anche monarchica ma senza culto del re). E il loro credere si concretizzava in un impegno che durò dieci, venti, trent’anni: in battaglie, moti locali, discussioni, progetti. Vite spese per un ideale, in maniera totale. Questo, forse, è il lascito più grande di quel periodo: gente che credeva, uomini  che si si assomigliavano tra loro anche se distanti nel tempo e nei luoghi. Leggi il resto di questo articolo »

La Speranza: quella ribellione che rifiuta il conformismo e la sconfitta, una Speranza che si chiama anche dignità, una patria senza nazionalità, un arcobaleno che è anche un ponte, il mormorio del cuore, la ribelle irriverenza che si prende gioco di frontiere, dogane e guerre.

Gustavo Esteva , attivista e intellettuale messicano


Dai primi anni Novanta del secolo scorso l’interesse degli italiani per la questione dell’identità nazionale non accenna a diminuire. Le preoccupazioni per la fragilità dell’assetto nazionale si accompagnano alla questione della modernità, o della scarsa modernità, del paese e della qualità della sua cultura civile. Come mai un concetto come “carattere nazionale”, che ha perso legittimità in campo teorico, è ancora tanto radicato nella cultura popolare? Che genere di popolo siamo e perché ci comportiamo così?

Nella turbolenta storia dell’Italia del XX secolo, crisi di regimi politici hanno generato ricerche di cause e responsabilità, se non esami di coscienza, e spesso il ricorso all’idea del carattere ha fornito un modo per addossare colpe e responsabilità a quel certo fattore “immutabile”, l’eterno carattere degli italiani. Questo libro mette a fuoco i vizi, le virtù, le autorappresentazioni, gli stereotipi ricorrenti del nostro paese e la loro presenza nel discorso di intellettuali e politici nel corso della storia dell’Italia contemporanea, dal periodo della lotta per l’indipendenza e per l’unificazione nazionale, quando il carattere degli italiani cominciò a essere percepito come un problema politico, attraverso le varie fasi della storia politica e culturale postunitaria, fino agli anni più recenti quanto si è riproposto come una questione di riflessione pubblica.

di   Silvana Patriarca,  ed. Feltrinelli  2010,  € 22

 

Vedi:  Nazionalismo di cartapesta


Domani andrà in scena il rito della fiducia al governo. Annunciato da tempo e poi rinviato. Messo indubbio e infine ribadito. Perché la fiducia è una cosa seria. Anche se è una merce rara, in politica come nella vita quotidiana. Ma è necessaria in Parlamento: per verificare l´esistenza di una maggioranza, più che di un legame di “fiducia”. Alla base del sostegno a un governo, a un partito o a un premier ci possono essere, infatti, diversi motivi. Spesso personali. Ostilità e solidarietà, simpatia e antipatia. Ma anche interesse e utilità. Perché nella democrazia rappresentativa non si può ricorrere al «mandato imperativo», che vincola l ´eletto alla fedeltà verso i suoi elettori. Per cui gli eletti dispongono di un buon grado di autonomia individuale nelle proprie scelte. Leggi il resto di questo articolo »

Italiano sia il pensiero continuo dell’anime vostre: Italiani siano gli atti della vostra vita; Italiani i segni sotto i quali v’ordinate a lavorare per l’Umanità. Non dite: io, dite : noi. La Patria s’incarni in ciascuno di voi. Ciascuno di voi si senta, si faccia mallevadore [garante] dei suoi fratelli: ciascuno di voi impari a far sì che in lui sia rispettata ed amata la Patria.

Bisogna convincere gli uomini ch’essi, figli tutti d’un solo Dio, hanno ad essere qui in terra esecutori d’una sola Legge – che ognuno d’essi, deve vivere, non per sé, ma per gli altri – che lo scopo della loro vita non é quello di essere più o meno felici, ma di rendere sé stessi e gli altri migliori – che il combattere l’ ingiustizia e l’errore a beneficio dei loro fratelli, e dovunque si trova, é non solamente diritto, ma dovere: dovere da non negligersi senza colpa – dovere di tutta la vita. Se i vostri doveri non fossero che negativi, se consistessero unicamente nel non fare il male, nel non nuocere ai vostri fratelli, il grido della vostra coscienza basterebbe a dirigervi.

Siete nati al bene, e ogni qual volta voi operate direttamente contro la Legge, ogni qual volta voi commettete ciò che gli uomini chiamano delitto, v’è tal cosa in voi che v’accusa, tale una voce di rimprovero che voi potrete dissimulare agli altri, ma non a voi stessi. Ma i vostri più importanti doveri sono positivi. Non basta il non fare: bisogna fare. Non basta limitarsi a non operare contro la Legge; bisogna operare a seconda della Legge. Non basta il non nuocere: bisogna giovare ai vostri fratelli.

Giuseppe Mazzini,   DOVERI DELL’UOMO,  1860

 

vedi:  Pure a sinistra serve l'amor di patria


“Una volta il traditore era abominevole come Giuda; adesso da singolo è diventato legione e se ne vanta apertamente e attende fanaticamente il momento in cui la vittoria gli concederà la gioia e le attribuzioni dell’eroe”

“La fede, l’amicizia, la patria possono essere tradite da questa gente “esperta”, che mercanteggia su tutto e di tutto fa denaro, e che crede di potersi salvare dalla disperazione costruendosi intorno una cintura blindata di biglietti di banca”

don Primo Mazzolari       da   Adesso del 15 luglio 1950

La vita mi pesa, ma credo sia debito di ciascun uomo di non gettarla se non virilmente o in modo che rechi testimonianza della propria credenza.

Giuseppe Mazzini,  1862

Si susseguono a ritmo battente le notizie, regolarmente riportate da questo settimanale, dell’affido ad un solo prete di tre, quattro, addirittura sette parrocchie. E’ il segno evidente della scarsità di clero e delle vocazioni al sacerdozio. Ma non è di questo che voglio parlare. Dietro queste notizie c’è un uomo, di Dio fin che volete, ma con le sue forze, la sua salute, le sue capacità. Che possono anche venir meno. E può essere quindi a disagio. A questo disagio dei preti è stato dedicato uno studio della rivista “Il Regno“, che riporta analisi e  inchieste fatte da Alessandro Castegnero, presidente dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto e riguardano quindi anche le diocesi di Trento e di Bolzano. Possiamo quindi sentirvi le voci, i lamenti, le confidenze e i sospiri dei nostri preti. Leggi il resto di questo articolo »

Sembra solo un lungotevere, uno dei tanti di Roma. Uno di quei lungotevere brutti, trafficati, confusionari che sono il frutto dello scempio urbanistico perpetrato dalla fine dell’800 per costruire gli argini del Tevere, senza tener conto della storia millenaria che si addensava su quelle rive attraverso chiese, torri, case, piazze. Tutto cancellato. Il lungotevere Arnaldo da Brescia fu il primo fuori le mura aureliane, mentre nasceva il primo quartiere, il Flaminio.

Ma in questo luogo di sottovie, incroci, semafori, metropolitana e macchine, tante macchine, s’incrocia la memoria formidabile della Storia. Quella memoria che vorrebbe richiamare la parte migliore di noi ( se ancora c’è) per ritornare ad essere umani e liberi portatori di libertà. Leggi il resto di questo articolo »

Da un vecchio film di Moretti, una domanda venne molto citata anche da chi non si distingueva molto da colei cuil’attore la rivolgeva, una giornalista clonata e imbecille (specie non rara, e rigorosamente bisex): “ma come parli?” In Roma di Fellini, una paciosa bellona in trattoria citava una frase portatrice di una saggezza molto più antica: “come che magni, cachi”.

Potremmo allargare e dire che c’è un rapporto diretto tra ciò che si mangia e come si parla. Ma il mangiare è anche una metafora: se ci nutriamo, per esempio, di linguaggio televisivo, non possiamo che riproporlo, giorno per giorno, nella nostra quotidianità, e poi “espellerlo”, però non “liberandocene” e invece inquinando l’ambiente – i bambini, per esempio, in quel gioco ignobile di corruzione dei nuovi nati di cui gli adulti di oggi criminalmente si compiacciono. Leggi il resto di questo articolo »

Noi non solo pensiamo in una lingua, ma la lingua “pensa con noi” o, per essere ancora più espliciti, “per noi”.” Nell’ Italia di oggi, per fortuna, non vi è un ministero della propaganda a forgiare una lingua che influenzi le coscienze, addormenti le resistenze e spinga al pensiero unico; eppure è difficile negare che il linguaggio usato dalla politica e amplificato dai mezzi di comunicazione di massa ruoti attorno a espressioni, parole, frasi che ricorrono sempre di più, si fanno senso comune, sono spesso udite ma non certo indagate e capite a fondo. Gustavo Zagrebelsky passa in rassegna una serie di questi “luoghi comuni linguistici” e denuncia il rischio che sia questa lingua a pensare per noi, e che i cittadini vivano immersi, senza rendersene conto, in una rete di significati che, se pure gli sfuggono, nondimeno strutturano la loro esperienza, danno forma alla loro vita politica, in ultima analisi regolano e limitano le loro possibilità di comunicare.

di    Gustavo Zagrebelsky,  ed. Einaudi  2010,   € 8,00

 

vedi: Le parole che ingannano

 

Speriamo di poter avere il coraggio di essere soli e l’ardimento di stare insieme, perché non serve a niente un dente senza bocca, o un dito senza mano.

Speriamo di poter essere disubbidienti, ogni qualvolta riceviamo ordini che umiliano la nostra coscienza o violano il nostro buon senso.

Speriamo di poter meritare che ci chiamino pazzi, come sono state chia­mate pazze le Madri di Plaza de Mayo, per commettere la pazzia di rifiutarci di dimenticare ai tempi dell’amnesia obbligatoria.

Speriamo di poter essere così cocciuti da continuare a credere, contro ogni evidenza, che vale la pena di essere uomini.

Speriamo di poter essere capaci di continuare a camminare per i cammi­ni del vento, nonostante le cadute e i tradimenti e le sconfitte, perché la storia continua, dopo di noi, e quando lei dice addio, sta dicendo: arri­vederci.

Speriamo di poter mantenere viva la certezza che è possibile essere com­patrioti e contemporanei di tutti coloro che vivono animati dalla volontà di giustizia e dalla volontà di bellezza, ovunque nascano e ovunque viva­no, perché le cortine dell’anima e del tempo non hanno frontiere.


Eduardo Galeano, scrittore uruguayano

Ma i disastri sono apocalittici. Strutture dello Stato stravolte e il popolo dei berluscones deciso a resistere per non perdere privilegi che immaginava eterni. Travestiti da cattolici o da liberali, adesso il pericolo sono loro.

La politica vive anche di simboli. Quelli che sono stati evocati da politici e giornalisti per rappresentare la fine del potere di Berlusconi, alludono tutti a delle catastrofi. Il discorso con cui a Bastia Umbra Fini ha chiesto le dimissioni del governo, è stato paragonato dai difensori del premier alla marcia su Roma: un colpo di Stato! I giornali che cercavano di descrivere la portata dell’evento, lo hanno paragonato al 25 luglio, quando solo la rivolta di ministri e gerarchi del duce poté provocare la fine del regime. Altri hanno assimilato il crollo del regime berlusconiano al 25 aprile, quando dopo la devastazione della guerra si dovette ricominciare tutto dalle macerie. Leggi il resto di questo articolo »

Il trionfo del materialismo è la vera prerogativa del capitalismo, il quale poggia su quei due pilastri che sono la tecnica e l’economia. Queste dischiudono scenari senza scopi, senza fini, senza l’indicazione di un senso che non sia quello dell’autopotenziamento senza motivo, senza perché e senza uno straccio di risposta alle domande che gli uomini incessantemente si pongono circa il senso del loro esistere. L’ideologia comunista,  anche se dichiaratamente atea, era attraversata da motivi messianici di riscatto, versione laicizzata della redenzione; il suo tempo era escatologico, la sua utopia di giustizia non chiudeva la possibilità di un mondo diverso, il presente si configurava come oltrepassabile e non come monotona ripetizione dell’esistente senza residui di speranza.

 

 Umberto Galimberti,   La Repubblica   22.12.01


Nell’estrema sobrietà del suo gesto Mario Monicelli ci ha consegnato un interrogativo doppio sulla vita e sulla morte. Qual è la sostanza della prima, che la rende degna di essere continuata? Qual è il significato della scelta di affrontare la seconda, volontariamente, precedendo il doloroso disfacimento del corpo? “I morti parlano”, diceva Arthur Schnitzler per indicare che il loro apparente assentarsi costituiva un segno presente per i sopravvissuti. Monicelli, con quel volto scavato segnato dalla barba, così simile al bronzo di un filosofo greco, non lascia dietro di sé un “fatto di cronaca”, ma una questione su cui misurarsi. Leggi il resto di questo articolo »

Abbiamo guardato quegli occhi grandi che ci guardavano. Gli occhi di Maria De Medeiros che interpretava la parte di Eleonora Fonseca Pimentel. E per un attimo erano gli occhi di  Eleonora, cuore vivente e mente lucidissima della Repubblica Napoletana del 1799, una repubblica giacobina prerisorgimentale, la più importante. Gli occhi di Eleonora ci guardavano nel bellissimo film di Antonietta De Lillo, Il Resto di Niente del 2004. La bravissima regista ha soprattutto mosso la macchina da presa intorno ad Eleonora, al suo volto, ai suoi occhi per farci guardare ed interrogare.  ” La gente non vuole niente, solo noi lo vogliamo. La gente vuole essere lasciata in pace. A cosa è servito quello che abbiamo fatto?” dice Eleonora verso la fine del film. Leggi il resto di questo articolo »

5 dicembre 2010
15:00a18:00

 

  INCONTRI PER STRADA


 

 

DOMENICA 5  DICEMBRE   2010

 Appuntamento:   ore 15,00  in piazzale Flaminio accanto alla Porta del Popolo

 

Su un Lungotevere moderno s’incontra la memoria di due uomini eccezionali, lontani nel tempo ma vicinissimi nell’ apertura della mente e del cuore, ” eretici” nei confronti  dell’oscurantismo del proprio tempo: Arnaldo da Brescia, monaco dell’XII secolo e Giacomo Matteotti, un deputato socialista del XX secolo.


 


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12 dicembre 2010
17:00a20:00

 

 

Incontri come un modo per riflettere e confrontarci

 DOMENICA 12 DICEMBRE    ore 17,00

     

 Il “Risorgimento” fu in realtà una vera e propria rivoluzione politica, culturale e spirituale: la Rivoluzione Italiana. Come tale la vissero i protagonisti di allora. Ma forse fu una Rivoluzione mancata nonostante le grandi utopie, la generosità di molti, gli eroismi. Le radici del nostro declino come Paese, della diffusa pavida mediocrità, esempio di cinico realismo e sete di potere, non risiedono certo negli ultimi pur disastrosi trent’anni, ma in un’Italia che è nata, forse, morta. Proponiamo una lettura del Risorgimento non supinamente conforme ai riti celebrativi, per trarne elementi di maggiore comprensione della triste realtà italiana attuale.

 

 presso:  CENTRO SOCIOCULTURALE GARBATELLA

 Via A. Caffaro 10 ROMA

  Per informazioni: 06 9300526

 

 


14 dicembre 2010
21:00a23:00




Incontri come un modo per riflettere e confrontarci

 

MARTEDI  14  DICEMBRE   ore 21,00

 
  UNA RICERCA SUL PAGANESIMO
 
 
Alla scoperta del mondo pagano antico, della sua visione della vita e dell’uomo,
dei suoi dei e dei suoi miti, delle sue speranze e delle sue domande.
14° incontro
 
 
  
 presso:  CENTRO SOCIOCULTURALE GARBATELLA

Via A. Caffaro 10 ROMA

Per informazioni: 06 9300526

 

vedi:  

21 novembre 2010. Mezz'ettaro di Storia.

 

19 dicembre 2010
15:00a18:00




INCONTRI PER STRADA


 

 

 Il ricordo di una donna coraggiosa e amica di Francesco d’Assisi, Jacopa dei Sette Soli, si unisce a quello della Repubblica Romana del 1849 che intorno a questa porta visse i suoi ultimi drammatici momenti come sul Gianicolo. Due forme di resistenza all’oscurantismo del proprio tempo.

 

DOMENICA 19 DICEMBRE  2010

Appuntamento: ore 15,00 in piazza San Francesco d’Assisi


 



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21 dicembre 2010
21:00a23:00
 
 
 
 
INCONTRO AGGIUNTO AL PROGRAMMA DI DICEMBRE
 
Incontri come un modo per riflettere e confrontarci
 
 
 
MARTEDI 21 DICEMBRE   ore 21,00
 

    Dio, l’uomo e la Terra secondo la Bibbia

 

 

 

  Il libro della Genesi è un grande affresco sull’uomo, sulla vita, sul bene, sul male, sul dramma magnifico della libertà, sulla sessualità, sul bisogno di cercare, capire e crescere, sul dolore e la fatica di costruire la storia.  Vorremmo tentare di cogliere i grandi temi fondamentali che il libro pone andando oltre risposte o immagini scontate e vederne tutta l’attualità. In maniera laica senza nessun proselitismo…

 

 presso:   CENTRO  SOCIOCULTURALE  GARBATELLA 

  Via A. Caffaro 10     ROMA

  Per informazioni:   06 9300526

 


28 dicembre 2010
21:00a23:00




Cineforum come un modo per riflettere e confrontarci

DOMENICA 28 DICEMBRE   ore 21,00

 

 

di Luigi Magni  (Ita 1987)

 

  presso:  CENTRO SOCIOCULTURALE GARBATELLA

Via A. Caffaro 10 ROMA

Per informazioni: 06 9300526

 

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