Gentile Augias, intervengo volentieri nella discussione destra-sinistra. Concordo con la definizione da lei data in una trasmissione tv sulla maggiore difficoltà di essere di sinistra, piuttosto che di destra. Intendiamoci, ci possono essere qualità sociali in entrambe le sensibilità, come onestà, senso del dovere, rispetto delle leggi.

Tuttavia, chi si sente di sinistra vive sintonizzato con il benessere della propria collettività, a prescindere se conosca chi ne fa parte. Le persone di destra, invece, hanno più bisogno di rapporti personali per esprimere il loro impegno, alle volte esemplare, ma che spesso non si spinge oltre la famiglia o gruppi ristretti. Gli esempi sarebbero molti, ma questa differenza emerge nella disputa fiscale “tasche contro servizi”. Le persone di destra vedono le tasse come “lo Stato che mette le mani nelle loro tasche”; quelle di sinistra, come il necessario contributo per far funzionare i servizi pubblici, che diminuiscono l’ingiustizia sociale. Quindi nessuna “supremazia culturale” della sinistra, ma va riconosciuta un’apertura alla complessità, che all’orientamento di destra sfugge. Massimo Marnetto — massimo.marnetto@gmail.com

Cerchiamo di tenere questa piccola discussione sui giusti binari, come la lettera del signor Marnetto già fa, evitando forzature e sbandamenti che non servono a nessuno. La diversità tra destra e sinistra non coinvolge la qualità né l’impegno degli individui che può essere esemplare o deplorevole sia da una parte sia dall’altra. Sia detto una volta per tutte.

La diversità riguarda una diversa concezione della società e lo sguardo con cui ogni individuo la valuta.

Nel lontano 1994 Norberto Bobbio pubblicò un breve saggio prezioso Destra e sinistra (Donzelli); alla fine del ragionamento si riscoprivano le radici d’ogni possibile distinzione nel famoso binomio settecentesco Libertà-Uguaglianza. Posti sui due piatti d’una bilancia i due valori risultano inversamente proporzionali: più sale l’uno più scende l’altro. Cercare il massimo di libertà è l’istintivo desiderio d’ognuno.

L’uguaglianza non è così, anche perché la libertà indica uno stato, l’uguaglianza un rapporto. L’uomo come persona dev’essere in quanto individuo, libero; in quanto essere sociale dev’essere con gli altri individui in un rapporto d’uguaglianza (ancora Bobbio).

La libertà può essere spinta fino all’arbitrio, l’uguaglianza però la limita, per conseguenza va imposta con la forza delle leggi. Per questo preferire il massimo di libertà è più “istintivo” che scegliere di partecipare a una giusta uguaglianza della società.

In questo senso essere di destra è più facile. Sono concetti delicati, ci vuol poco a metterli in caricatura, basta andare giù di piatto trascurando l’appassionato dibattito sull’argomento cominciato più di due secoli fa e ancora in corso.

È appena uscito un saggio di Aldo Schiavone intitolato appunto Eguaglianza (Einaudi). L’autore ipotizza che i vecchi miti del “sociale”, del “collettivo” debbano essere ridiscussi nell’attuale travolgente rivoluzione. Serve un cambiamento radicale di cui Schiavone abbozza un possibile schema.

Ancora una volta sarà il pensiero della sinistra democratica a doversi far carico di questa ridefinizione — se ne sarà capace.

Corrado Augias      Repubblica 24/11/2019

 

 

Che cosa vuol dire essere di sinistra

Gentile dottor Augias, la lettera del signor Marnetto (24 novembre) sulle categorie “essere di destra” e “di sinistra” è molto equilibrata, concordo con essa e con il suo commento che risale alle origini filosofiche delle definizioni. Nella mia esperienza di medico e di docente universitario, dialogando con gli allievi, ho sempre fatto notare che esiste una etica medica “di sinistra” e un comportamento “di destra”.

La prima mira a un rapporto empatico con il paziente che è al centro del sistema, il secondo, pur senza tralasciare il paziente, ha al centro visibilità personale e carriera. Le due categorie relative all’essere medico non sempre coincidono con le categorie politiche. Tanti che si professano politicamente di “destra” si comportano in modo eticamente di “sinistra” e, purtroppo, viceversa. Gabriele Riegler — gabrieleriegle@yahoo.it

Non mi sorprende nemmeno un po’. Essere di destra o di sinistra nel comportamento (per seguire l’esperienza del dottor Riegler) prima che una scelta politica è un’inclinazione personale. Non soltanto in campo medico. Ho dei cugini di destra di generosa attività filantropica e conobbi persone di convinta sinistra che rifiutavano l’elemosina per non rendere meno dure “le contraddizioni del capitalismo”.

Infatti, messa sul piano individuale la questione è mal posta. Essere di destra o di sinistra riguarda una prospettiva filosofica e un modello di organizzazione sociale anche se uno sventurato mi ha fatto dire che io sosterrei addirittura la superiorità genetica delle persone di sinistra — umiliante polemizzare a questo livello.

Essere di sinistra vuol dire privilegiare il termine uguaglianza nel famoso trinomio Libertà-Uguaglianza-Fraternità. Lasciando da parte l’ultimo termine che meriterebbe un discorso a parte (avendone lo spazio), gli altri due risultano inversamente proporzionali: se uno sale l’altro scende.

Nel saggio appena uscito Eguaglianza (Einaudi), Aldo Schiavone descrive bene il momento storico in cui il tema dell’uguaglianza s’impose grazie a Rousseau e Marx; si trattava di una centralità: «Mai prima raggiunta, anche se è solo nel secondo (Marx) che esso veniva ricondotto in modo stringente al tema del lavoro. Diventava, per la prima volta nella storia della cultura occidentale, non più solo un problema di coerenza filosofica, tecnica giuridica, visione religiosa o rigore etico, ma una ineludibile questione sociale e politica, una prospettiva totale attraverso cui ripensare l’intera storia dell’incivilimento umano».

È sul discrimine Uguaglianza contro Libertà che si è consumata la divisione tra destra e sinistra a partire dal liberismo classico ottocentesco ( Laissez faire, laissez passer ) al neoliberismo degli ultimi anni Ottanta che ha trasformato il mondo “in uno sconfinato individualismo di massa”, accentuando nello stesso tempo le speranze, i desideri e le contraddizioni.

La sinistra avrebbe dovuto fare argine, opporre alla libertà il limite dell’uguaglianza. Compito arduo in un mondo che sembrava (e in parte era) così promettente dove le cose parevano andare da sole. Poi è arrivato il 2008 e la sinistra s’è trovata nuda davanti alla crisi. Purtroppo non è facile essere di sinistra, il ruolo è faticoso, può diventare sgradevole.

Corrado Augias      Repubblica 26/11/2019

 

Vedi:  Eravamo nati uguali

La sinistra resti dalla parte delle sue idee

Se vengono meno i principi della democrazia

Zitti o perdiamo

No al biscontismo ultima variante del trasformismo

La ricchezza ha vinto: l'uguaglianza è morta

 


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