Un senso di spossatezza e di astensione, che non è dovuto al caldo, è calato sulla nostra vita e la condiziona, la regola. Come? Con una sorta di muta astensione, a volte offesa, a volta cercando soltanto di non esserci. Quanti di voi, lettori, parlate, giudicate e prendete posizione in una conversazione in pubblico, se il pubblico non sono pochi intimi?
Ho visto un momento esemplare di televisione dei nostri giorni, giovedì 20 giugno su La7, nel programma L’aria che tira, ore 13:20. Il tema era “ragazzi aggrediti, perché indossavano la maglietta del cinema America” che, secondo i fascisti, è “antifascista”. Il conduttore stava intervistando Tomaso Montanari che ha detto tutto il suo sostegno per l’antifascismo, tutto il suo disprezzo per i fascisti. Ma ha aggiunto che se qualcuno liberamente aggredisce e picchia, è perché qualcun altro ha creato un clima autoritario (ovvero segnali forti dal potere) che incita i fascisti a rompere il setto nasale di ragazzi che non si comportano da fascisti.
Per merito del cameraman dello studio, che non ha mosso la telecamera, abbiamo assistito ai vistosi segnali del conduttore, che tentava di parlare sulla voce di Montanari, di dissociarsi, di cambiare il collegamento. E poi ha detto al pubblico che le parole di disprezzo del fascismo e di richiamo alla democrazia che avevamo ascoltato, erano solo di Montanari (eppure è ovvio che un intervistato non parla a nome della tv che lo intervista).
E quando Montanari ha ripreso la parola per rispondere a chi stava difendendo i picchiatori, il conduttore ha scoperto che il tempo a disposizione era sfortunatamente finito e ha chiuso il collegamento. Probabilmente quel giornalista è un leone, tradito da qualche difficoltà di trasmissione. Però è venuta in mente la paura, e sarà sufficiente rivedere la sequenza per ritrovare questa impressione, speriamo infondata.
Paura di che cosa? Be’, siamo nella stessa settimana in cui il ministro dell’Interno, senza obiezioni del ministro della Giustizia, ha tolto al procuratore di Agrigento il potere che gli è proprio di intervenire su reati compiuti in tutta l’area di mare intorno a Lampedusa. Può il ministro degli Interni togliere una parte di potere giudiziario a un giudice, senza che il ministro della Giustizia abbia nulla da dire, solo perché quel giudice aveva rimandato in mare, libera da sequestro, la nave Sea Watch, disobbedendo agli ordini di un ministro che – apprendiamo adesso – può dare ordini ai giudici?
Può, se tanti tacciono, se mentre c’è guerra in Libia, non viene convocato il Consiglio Supremo di Difesa, per sapere, almeno, se le navi cariche di profughi si possono lasciare in mare, se e chi può chiudere i porti italiani, e se è vero (cosa che nessuno crede al mondo) che i porti libici sono sicuri.
Resta il fatto che il decreto Sicurezza bis attribuisce al ministro dell’Interno due diritti che creano un super governo a parte. Il primo è “vietare l’ingresso, transito o sosta in mare per motivi di ordine e sicurezza pubblici” con l’accordo del ministro della Difesa e delle Infrastrutture (il che vorrebbe dire la convocazione immediata e mai avvenuta del Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal capo dello Stato). Il secondo è una multa di 50 mila euro a carico di chi osasse entrare nelle acque territoriali italiane con un carico di migranti salvati. E ancora: “Per chi si ostina ancora a proseguire nelle azioni di salvataggio, potrà scattare, per mano dei prefetti, il sequestro del natante.
È naturale che si diffonda la paura a mano a mano che i cittadini sono indotti a capire che c’è un super potere sfacciato (ovvero fortemente esibito) di uno dei due vicepresidenti, a cui non dispiace tentare di far apparire il collega, teoricamente pari grado, come un signore gentile e irrilevante, che non può certo spaccare la mano di un giornalista di Repubblica.
Ma ecco che cosa ha scritto l’uomo del giorno a proposito di una donna rom arrestata per furto ma non trattenuta perché incinta (tener presente che l’uomo in questione ha appena dedicato un comizio e un rosario al “Cuore Immacolato di Maria”): “Questa maledetta ladra deve andare in carcere per trent’anni, messa in condizione di non avere più figli. I suoi poveri bimbi devono essere dati in adozione a famiglie perbene, Punto”.
Pensate in che Italia diversa e civile vivremmo se io potessi scrivere, a conclusione del triste ritratto: “Per fortuna nell’affollato Parlamento italiano non si parla d’altro. Gli on. Zingaretti e Calenda, del Pd, per esempio, si sono uniti per dire di avere un solo pensiero: riportare l’Italia alla sua Costituzione democratica, alla fine del silenzio della paura, al ritorno dell’orgoglio della Resistenza che ha combattuto e vinto il fascismo”.
Tutti sostengono che si deve smentire il New York Times International che il 19 giugno intitola: “Italia confusa e senza senso” (Italy rattles).
Furio Colombo Il Fatto 23 giugno 2019
Vedi: L'ondata d'imbarbarimento che travolge la democrazia
La galassia nera dei demoni di Salvini