Quanti stanno dando il permesso al nostro governucolo di farci del male: meglio essere trattati da sudditi, addomesticati in vista del “mondo nuovo” previsto dal Grande Reset ( leggete gli articoli a questo link e guardate quanto male ci stanno già facendo: http://www.gruppolaico.it/category/rassegna-stampa/emergenza-rassegna-stampa/), derubati di diritti, lavoro, salute, cittadinanza che morire di covid.

Meglio morti dentro, meglio senza dignità, mascherati, tamponati e vaccinati come cavie da laboratorio che morti fuori.

Perchè il covidiota, ben rintontito dal bombardamento mediatico su di un virus trasformato in peste nera, vede ancora solo le bare che le televisioni a marzo ed aprile scorso gli ammansivano ogni sera; vede solo i numeri di quella lotteria di positivi, morti, infettati che ogni sera gli ammansiscono e senza domandarsi se questi siano numeri taroccati ad uso e consumo del Grande Reset.

A chi vive con l’ossessione di morire si può fare ogni tipo di male perchè l’ossessionato dà ogni permesso che gli venga fatto. Alla faccia di Gandhi… (GLR)


 

Meglio sudditi che morti

Secondo uno studio del Censis, il 38,5% dei cittadini italiani sarebbe pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni. Commenta Enrica Perucchietti.

Siamo in una sorta di esperimento sociale di massa, che apparentemente o per una parte della società, sta riuscendo benissimo.

Nicoletta Forcheri   in https://scenarieconomici.it/ 6/12/2020


Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice

Vedi e ascolta: https://youtu.be/Kfjpyz23Nf8

 

 

Il suddito covidiota sta permettendo che il governucolo nostro e i mostri del Big Money dietro la regia del Grande Reset gli facciano ogni male che il poveretto interpreta come azioni per il suo bene. E il suddito permette poi che venga fatto una marea di male a bambini e giovani. E qui il suddito diventa un criminale! (GLR)


 

Un’intera generazione a rischio: il danno psichico è peggio di quello educativo

Molti istituti superiori sono ancora chiusi dopo la decisione presa da numerosi governatori, nonostante le proteste, di mantenere blindate le scuole secondarie di secondo grado, in una logica in cui, nella gestione della pandemia, il diritto allo studio è considerato inferiore del diritto alla salute.

Non è assolutamente chiaro a cosa sia collegata la scelta, dal momento che anche l’Istituto Superiore della Sanità rileva come l’incidenza di focolai in ambito scolastico, sia pari solo al 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale.

L’ISS stesso non suggerisce la chiusura, ma sostiene che la riapertura delle scuole dovrebbe essere il frutto di un compromesso tra le conseguenze epidemiologiche e le esigenze educative.

Le stesse scuole, anziché restare chiuse, dovrebbero dunque essere parte integrante di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, eventuale isolamento e utilizzo di misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus come distanziamento, dispositivi di protezione e adeguata ventilazione dei locali.

I docenti, i bambini e i preadolescenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado hanno mostrato nei mesi un impegno costante nell’adesione alle procedure richieste, dall’igienizzazione al distanziamento, fino all’uso di dispositivi di protezione, ma a nulla è valso l’impegno profuso.

Gli istituti scolastici superiori restano chiusi in città in cui, anziché investire sul potenziamento dei trasporti scolastici per la riduzione dei contagi, si è preferito continuare a richiedere sacrifici ad allievi e docenti, logorati da mesi d’isolamento e didattica a distanza.

Il danno culturale è enorme, qualsiasi insegnante valente sa come la didattica online non abbia la stessa efficacia di un approccio in presenza. Ma oltre al danno educativo, a spaventare è quello psichico prodotto negli adolescenti, un danno che viene continuamente sottovalutato.

Con l’aumento dell’isolamento sociale, i rischi per la salute psicologica si elevano in aree connesse a problematiche quali quelle ansioso-depressive. Da non sottovalutare, inoltre, il disagio in giovani con disturbi specifici dell’apprendimento, costretti a un tipo d’istruzione assolutamente invalidante e ingiusta anche nei loro confronti.

E così molti adolescenti restano rinchiusi in casa da mesi, spesso in appartamenti angusti, chiassosi, dove nelle poche stanze a disposizione ci si soffoca vicendevolmente tra le esigenze della didattica a distanza e quelle dello smart-working. I giovani costretti da troppo tempo a tale innaturale stile di vita possono essere più soggetti anche allo sviluppo di problematiche connesse all’abuso tecnologico.

Le passioni che rivitalizzavano all’interno di contesti sportivi, ricreativi, artistici e legati all’espressione di talenti non sono alimentate e si resta soli, davanti a un monitor, per troppe ore in una vita dalle connotazioni alienanti. Il prevalere del mondo virtuale sulla vita reale frammenta, rende soli. L’overdose tecnologica è a discapito di relazioni e della condivisione della cultura.

Attualmente viviamo un’esistenza mortifera quasi completamente regolamentata e mediata dal web, in cui si è sempre più isolati e in cui, purché non si tocchino mai gli interessi delle grandi produzioni, si può anche morire.

Se si continuerà così, il mondo che conosciamo, col tempo, sarà sempre più costituito da automi spersonalizzati e incapaci di socializzare, perché scuole, cinema, teatri, musei, palestre e in generale i luoghi di socializzazione, sono i più colpiti dalla pessima gestione della pandemia.

Va detto che esistono dei responsabili di questo disastro. Tra essi vi sono coloro che hanno fatto ingerenza nella gestione dell’emergenza pandemica dai primi stadi.

Mentre in Cina, nell’immediato, un sistema organizzativo centralizzato e rigoroso rispendeva virtuosamente alla pandemia con un lockdown severissimo, ma che ha portato i suoi frutti, nel nostro paese si lasciava che la grande industria dettasse le folli “regole di convivenza” col virus e anziché testare, tracciare e curare come si è fatto in Cina, con un investimento cospicuo nel settore sanitario, in Italia si perdeva la possibilità di identificare e bloccare i primi focolai in regioni come la Lombardia, dove la vita è andata avanti fino alla tragedia dei contagi.

Il virus è reale, ma la gestione della pandemia è dettata dall’insensibilità e dall’avidità, caratteristiche proprie dei sistemi neoliberisti in cui viviamo, sistemi che non investiranno mai nell’istruzione, nella socialità, nella sanità o nella cultura. No.

Perché questi sistemi non si basano sulla vita, si basano sulla morte: e che si muoia pure interiormente, purché si produca e purché si consumi. Dunque si continuerà a perire, ma non solo di sindromi respiratorie. Stanno uccidendo i sogni di un intero popolo, partendo dai più giovani.

Occorre rovesciare questo sistema economico o l’arte, la cultura, la socialità, la giustizia sociale e più in generale la vita, saranno solo un ricordo in esistenze di morte.

Sara Reginella  https://www.lantidiplomatico.it/  15 1 2021

SARA REGINELLA: Psicologa a indirizzo clinico e giuridico, psicoterapeuta, regista e autrice di reportage di guerra. I suoi lavori integrano l’interesse per le dinamiche psicologiche con l’attenzione per l’attualità e uno sguardo che mai dimentica le frange socialmente più vulnerabili.

 

 

L’inquietante analisi di Reginella ( inquietante non certo per il covidiota) trova una conferma in questa bella analisi filosofica di Giorgio Agamben, uno dei più grandi filosofi viventi. E ci aiuta a capire come il suddito, accettando la logica perversa del distanziamento sociale, permette a questi politici d’accatto legati al Grande Reset  di fargli ” perdere la carne”.  (GLR)

 

 

Filosofia del contatto

Due corpi sono a contatto quando si toccano. Ma che significa toccarsi? Che cos’è un contatto? Giorgio Colli ne ha dato un’acuta definizione affermando che due punti sono a contatto quando sono separati soltanto da un vuoto di rappresentazione.

Il contatto non è un punto di contatto, che in sé non può esistere, perché ogni quantità continua può essere divisa. Due enti si dicono a contatto, quando fra essi non si può inserire alcun medio, quando essi sono cioè immediati.

Se fra due cose si situa una relazione di rappresentazione (ad esempio: soggetto-oggetto; marito-moglie; padrone-servo; distanza-vicinanza), essi non si diranno a contatto: ma se ogni rappresentazione viene meno, se fra di essi non vi è nulla, allora e solo allora potranno dirsi a contatto.

Ciò si può anche esprimere dicendo che il contatto è irrappresentabile, che della relazione che è qui in questione non è possibile farsi una rappresentazione – o, come scrive Colli, che «il contatto è dunque l’indicazione di un nulla rappresentativo, di un interstizio metafisico».

Il difetto di questa definizione è che essa, in quanto deve ricorrere a espressioni puramente negative, come «nulla» e «non rappresentabile», rischia di sfumare nella mistica. Colli stesso precisa che il contatto può dirsi immediato solo approssimativamente, che la rappresentazione non può essere mai integralmente eliminata. Contro ogni rischio di astrattezza, sarà allora utile tornare al punto di partenza e chiedersi nuovamente che cosa significa «toccare» – interrogare, cioè, quel più umile e terrestre dei sensi che è il tatto.

Sulla natura particolare del tatto, che lo differenzia dagli altri sensi, ha riflettuto Aristotele. Per ogni senso esiste un medio (metaxy), che svolge una funzione determinante: per la vista, il medio è il diafano, che illuminato dal colore, agisce sugli occhi; per l’udito è l’aria, che mossa da un corpo sonoro, percuote l’orecchio. Ciò che distingue il tatto dagli altri sensi è che noi percepiamo il tangibile non «perché il medio esercita un’azione su di noi, ma insieme (ama) al medio». Questo medio, che non è esterno a noi, ma in noi, è la carne (sarx).

Ma ciò significa che toccato non è solo l’oggetto esterno, ma anche la carne che ne è mossa o commossa – che, in altre parole, nel contatto noi tocchiamo la nostra stessa sensibilità, siamo affetti dalla nostra stessa ricettività.

Mentre nella vista non possiamo vedere i nostri occhi e nell’udito non possiamo percepire la nostra facoltà di udire, nel tatto noi tocchiamo la nostra stessa capacità di toccare ed essere toccati.

Il contatto con un altro corpo è, cioè, insieme e innanzitutto contatto con noi stessi.

Il tatto, che sembra inferiore agli altri sensi, è, allora, in qualche modo il primo, perché è in esso che si genera qualcosa come un soggetto, che nella vista e negli altri sensi è in qualche modo astrattamente presupposto. Noi abbiamo per la prima volta un’esperienza di noi stessi quando, toccando un altro corpo, tocchiamo insieme la nostra carne.

Se, come si cerca oggi perversamente di fare, si abolisse ogni contatto, se tutto e tutti fossero tenuti a distanza, noi perderemmo allora non soltanto l’esperienza degli altri corpi, ma innanzitutto ogni immediata esperienza di noi stessi, perderemmo cioè puramente e semplicemente la nostra carne.

Giorgio Agamben, filosofo   in quodlibet.it 5/1/2021


 

I sudditi ossessionati dalla paura di morire non sono più capaci di vedere quanta gente sta morendo non per colpa del covid ma per la politica criminale del covid. Ma si sa che tra i sudditi “prevale la docilità di gregge dinanzi alle angherie subite dai dominanti”. (GLR)


 

ECCESSO DI MORTALITA’!

Accade in Italia: “Rispetto al 2019, triplicata la mortalità per infarto”: è quanto attesta la Società italiana di cardiologia. Sono le cosiddette «vittime indirette», a cui il sistema sanitario nazionale non è stato in grado di salvare la vita perché in perenne emergenza, a causa – secondo le autorità – della presunta pandemia.

Difficile quantificare con esattezza quanti sono questi morti in Italia, senza contare le persone decedute in ospedale (conseguenza delle famigerate infezioni mai debellate). I dati ufficiali (certificati dall’ISS) sono sempre dell’Istat nel rapporto pubblicato il 30 dicembre 2020. Da febbraio a novembre 2020, rispetto alla media dei 5 anni precedenti nello stesso periodo, ci sono stati 83.985 decessi in più.

Pur ammettendo in teoria che il nuovo coronavirus abbia mietuto 57.647 vittime (un calderone), però, non ci sono prove scientifiche o mediche e nemmeno autopsie, bensì numeri truccati dalle istituzioni), in ogni caso nei dieci mesi presi in considerazione (il 69% dell’eccesso di mortalità totale), restano fuori dal conteggio generale, ben 26.338 persone che hanno perso la vita per cause non legate al Sars CoV-2.

L’Istat , infatti, ha conteggiato 664.623 decessi totali da gennaio a novembre 2020, ovvero 77.136 in più della media 2015-2019. L’eccesso di mortalità, però, è ancora più elevato da febbraio «in quanto non è compensato dal deficit di morti a gennaio rispetto alla media per lo stesso mese dei cinque anni precedenti».

Uno studio pubblicato dalla rivista Public Health, ha sviluppato un modello matematico per valutare le vittime in eccesso. Il titolo è eloquente: «Tasso di mortalità raddoppiato durante il Covid-19: quantificazione di quanto non viene catturato dalla sorveglianza».

I ricercatori prendono in esame in particolare i giorni che vanno dal primo marzo al 15 aprile 2020. L’analisi viene condotta nelle regioni del nord d’Italia maggiormente colpite. In Lombardia è stato registrato il 168,2% in più di mortalità, in Emilia Romagna il 68,2%, in Piemonte il 66,1%, in Liguria il 58,6%, in Veneto il 27,6%.

«Le morti ufficiali per Covid – si legge nello studio – rappresentano solo una frazione del totale di eccesso di mortalità, lasciando non spiegata una grande proporzione delle morti in eccesso»: il 38% in Emilia Romagna, il 47% in Lombardia e Veneto, il 51% in Liguria e fino al 56,5% in Piemonte. Nel periodo considerato, il modello matematico stima che «più di due-terzi dell’eccesso di mortalità possa essere dovuto ad altre cause rispetto al Covid».

I dati suggeriscono che «la pandemia abbia aumentato indirettamente la mortalità attraverso altri percorsi, inclusa la diminuzione della domanda e dell’offerta di servizi sanitari non legati al Covid».

Nel Medioevo tecnologico – in corso - prevale la docilità di gregge dinanzi alle angherie subite dai dominanti. I cloni tricolore, incapaci di un pensiero critico, invece di insorgere, ringraziano pure con soddisfazione e si mettono in coda ovunque, non solo per farsi iniettare il veleno vaccinale.

In alternativa, ci sono pure quelli privi intelligenza, che da anonimi non si espongono mai. Gli italidioti ritengono inoltre di salvarsi dalla morte quando in realtà rinunciano alla vita.

Gianni Lannes   http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/   17/1/2021

Riferimenti:

https://www.istat.it/it/files//2020/12/Rapp_Istat_Iss.pdf

https://ilmanifesto.it/ospedali-laltra-strage-allombra-del-coronavirus/

https://www.istat.it/it/files//2020/03/nota-decessi-22-ottobre2020.pdf

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=coronavirus


ANNO II DEL REGIME SANITARIO

 

 

Mirco Mariucci (1978), libero pensatore e saggista

 

Potere e sudditanza mentale e pratica s’intrecciano tra di loro. Ma pochissimi sono disposti a fare un esame di coscienza su se stessi e sulle proprie sudditanze: ci crediamo quasi tutti, chissà perchè, dei dritti. Mah!

V’invitiamo a cliccare sui tag che trovate in fondo a questa pagina per approfondire con altri articoli ciò che è stato proposto.

In particolare v’invitiamo a leggere:

UMILIATI E OFFESI (2). Ci vuole così poco ad abituarci...

Considerazioni al tempo del regime sanitario (17). Vivere di paura, morire di paura.

Consapevolezza e resistenza legale (9). La dignità di difendersi per amore della Costituzione.

Considerazioni al tempo del regime sanitario (12). Uno stivale sulla faccia.

Terrore sanitario (27). La Resistenza di un filosofo

Considerazioni al tempo del regime sanitario (7). Trame nascoste al tempo del cretino.

Scuola: salviamo i bambini! (3) Scuola di sottomissione

Terrore sanitario (17). L'allarme di psicologi e psichiatri

 

 

 


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