“Io non sono convinto che in questi mesi gli italiani abbiano dimostrato “responsabilità”, “disciplina”, “senso civico”. I nostri concittadini si sono fatti prendere dal panico, si sono lasciati convincere da un’informazione (soprattutto televisiva) sensazionalista, parziale, ispirata al ‘pensiero unico” del male assoluto.”

(da:  Terrore sanitario e la gente comune. )

 

Caso Musso: TSO, la nuova arma contro il dissenso

Aldous Huxley: un metodo farmacologico per “piegare” le menti dei cittadini

«Credo che le oligarchie troveranno forme più efficienti di governare e soddisfare la loro sete di potere e saranno simili a quelle descritte in Il mondo nuovo».

In una lettera del 21 ottobre 1949, lo scrittore Aldous Huxley scriveva a George Orwell che nel prossimo futuro il potere avrebbe presto attuato «the ultimate revolution»: «inducendo le persone ad amare il loro stato di schiavitù».

Aldous Huxley (1894- 1963) scrittore britannico

Huxley si mostrava convinto che i governanti avrebbero assunto la forma della dittatura “dolce”, in quanto avrebbero trovato nell’ipnotismo, nel condizionamento infantile e nei metodi farmacologici della psichiatria un’arma decisiva per piegare le menti e il volere delle masse.

Un’ipotesi che il romanziere inglese avrebbe confermato nel 1958 nel suo saggio Ritorno al mondo nuovo. Nel 1932 lo stesso Huxley aveva ambientato il suo capolavoro distopico, Il mondo nuovo, in un mondo globale pacificato, in cui una droga di Stato, il soma, controlla lo stato d’animo dei cittadini.

Nella distopia huxleyana non c’è posto per le emozioni forti, per l’amore per l’odio o per il dissenso. Non c’è spazio per l’intuizione, l’arte, la poesia, la famiglia. Le persone sono arrivate ad amare le proprie catene perché sono state manipolate prima ancora della nascita tramite l’eugenetica e da adulte sono totalmente spersonalizzate e manipolate nel profondo.

In questo modo non è possibile alcuna forma di ribellione. E il potere ha raggiunto il proprio scopo: fare in modo che i cittadini non diano fastidio. Di fatto per creare una società apparentemente perfetta e pacificata si devono controllare se non addirittura annientare, cancellare, le emozioni, rendendo i cittadini degli zombie.

Il caso di Dario Musso

Nei giorni scorsi la Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per i reati di abuso d’ufficio, reati contro la libertà personale e lesioni in seguito a un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) perpetrato nei confronti di Dario Musso di Ravanusa.

Il Garante nazionale delle persone private della libertà, ha chiesto una relazione di informazione al sindaco e alle autorità sanitarie, relativamente alle modalità di attuazione e al successivo sviluppo di tale trattamento.  L’uomo stava inscenando una protesta politica, una forma di disobbedienza civile, guidando per le strade della città e urlando con un megafono che la pandemia non esiste e che la gente doveva uscire e ricominciare a vivere.

Fermato dai carabinieri, invece di essere multato, identificato o portato in caserma, si è scelta la strada del trattamento sanitario obbligatorio. Nonostante non stesse opponendo resistenza, Dario Musso è stato sedato da tre operatori sanitari. I medici che sono intervenuti insieme ai rappresentanti delle forze dell’ordine avrebbero dichiarato, sull’apposito modulo prestampato della proposta di TSO, come il soggetto in questione presentasse uno “scompenso psichico e agitazione psicomotoria”, sebbene dalle immagini video non risultasse nessuno scompenso psicomotorio e il ragazzo apparisse lucido e tranquillo.

Le immagini video che ritraevano il trentatreenne inerme atterrato dagli agenti e sedato a forza hanno fatto il giro del web, provocando sdegno e preoccupazione. Claudio Messora ha dedicato su Byoblu ampio spazio al caso e in una puntata ha fatto intervenire il fratello di Dario, l’avv. Lillo Massimiliano Musso: questi, documentazione alla mano, ha spiegato che per ben quattro giorni è stato impossibile ai famigliari di Dario riuscire non solo a vedere il ragazzo ma persino a parlare con lui dopo il ricovero coatto presso l’ospedale di Canicattì, al punto che i genitori avevano iniziato a credere che il figlio potesse essere morto. .

Il caso di Beate Bahner

Senza entrare nel merito della vicenda, è da segnalare un precedente altrettanto inquietante che è avvenuto in Germania a metà aprile e che ha riguardato l’avvocatessa di Heidelberg, Beate Bahner, molto critica con le misure prese dal governo per la quarantena da Coronavirus.  Come riporta l’Huffington Post, dopo essere stata fermata dalla polizia di Mannheim, l’avvocatessa era stata portata come misura precauzionale in un reparto psichiatrico, qui poi era stata fatta visitare da un medico e sottoposta a un TSO.

La Bahner aveva fatto notizia per aver sostenuto che «il virus è innocuo per il 95% della popolazione» e per aver tentato di organizzare delle manifestazioni in tutto il Paese per la cancellazione delle misure contro la quarantena, giudicate eccessive e in grado di mettere “a rischio la protezione dei fondamentali diritti umani e la tutela dell’ordine libero e democratico nella Repubblica Federale della Germania”. Ora, le posizioni e le dichiarazioni di Bahner e Musso possono essere opinabili, ma rimangono appunto opinioni.

La patologizzazione del dissenso

La creazione di una sorta di “terrore sanitario” sta diventando il grimaldello per scardinare le libertà individuali e stringere le maglie del controllo sociale.

Ci dobbiamo chiedere se la biosicurezza non ci stia portando verso una dittatura sanitaria e se non si stia tentando di patologizzare il dissenso, per poter intervenire in maniera coatta e creare un pericoloso precedente: trattare e ospedalizzare i dissidenti.

Nella società del politicamente corretto coloro che non si allineano al pensiero unico vengono da tempo denigrati, perseguitati e marchiati con etichette diverse tuttavia sempre denigratorie, per incasellare appunto il dissenso; ora però, a quest’opera capillare di discredito, si affianca il tentativo di curare i dissidenti per riportare costoro sul giusto binario e poterli riaccogliere nella società.

Per chi sgarra la prima sanzione è l’avvertimento sul web tramite le armate di haters e cyberbullisti . Si passa poi all’esclusione dal dibattito, infine alla punizione. Ora persino all’accusa della patologia psichiatrica e all’internamento.

Nell’ultimo anno abbiamo assistito a inquietanti precedenti, dalla creazione della nuova espressione “sovranismo psichico”  alla proposta di una ricercatrice dell’Istituto italiano di tecnologia di utilizzare scariche elettriche o magnetiche per influenzare il cervello e curare gli stereotipi e i pregiudizi sociali .

Ci troviamo di fronte a un atteggiamento paternalistico, autoritario e scientista del potere che mira a ottenere cieca obbedienza da parte dei cittadini e nel caso che questi si rifiutino di sottomettersi in modo acritico, di poter correggere il comportamento e il pensiero di costoro attraverso la psichiatria o la tecnologia.

Il totalitarismo dei buoni sentimenti (“buoni” solo in apparenza) ha i suoi cani da guardia pronti a riportare all’ovile chiunque dissenta od osi manifestare pubblicamente dei dubbi.

Oggi la psicopolizia sembra pronta a elaborare nuovi strumenti degni di una psicodittatura. Si vuole neutralizzare la coscienza critica e censurare qualunque forma di dissidenza.

Chi dissente va censurato, deve arrivare a vergognarsi non solo di quello che ha detto ma di quello che ha “osato” pensare. Potrà pertanto essere riaccettato nella comunità solo a patto di umiliarsi, di chiedere pubblicamente perdono, di sottoporsi a cure psichiatriche per guarire da una malattia che il totalitarismo progressista spera di curare: pensare in modo libero e critico.

Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice    in  https://enricaperucchietti.blog   13/5/2020

 

 

Dall’articolo: L’accusa di complottismo: “la fallacia ad hominem” per screditare il dissenso

… Invece di confutare l’argomentazione che si vuole negare, si attacca così la fonte o la persona che la sostiene. Si sposta pertanto l’attenzione dalla tematica alla persona che ne parla e la divulga.

Le argomentazioni ad hominem sono manovre diversive che servono a distogliere l’attenzione dall’argomentazione centrale per spostarla e focalizzarla su temi collaterali o estranei alla discussione: invece di controbattere gli argomenti dell’interlocutore lo si attacca screditandolo, minacciandolo o deridendolo.

Ultimamente si usano le solite etichette per denigrare i pensatori alternativi: si crea un frame, un fermo immagine, per inserire colui che si vuole attaccare in questa cornice, magari dicendo che è un complottista o un ciarlatano.

Si crea cioè una cornice, per esempio quella del “complottista”: tutto quello che vi viene fatto rientrare, vi appartenga o meno non importa, sarà visto dall’opinione pubblica come qualcosa da cui stare alla larga.

Così chi viene incasellato, etichettato, in questa determinata categoria verrà considerato a priori un paranoico cospirazionista e qualunque cosa dica verrà percepito e liquidato come farneticazione. Il fatto che esistano evidenti eccessi nel campo della controinformazione non significa che tutti i ricercatori debbano essere additati e ridicolizzati come webeti e come degli squilibrati.

La propaganda vuole invece rassicurare l’opinione pubblica del fatto che non sono mai esistiti e non esistono trame occulte né complotti (facilmente smentibile a livello storico) e che chi diffida della ricostruzione ufficiale di alcuni eventi allora sarà un cretino che crede ai rettiliani o alla teoria della terra piatta, e via discorrendo.

Si tratta ovviamente di una tecnica per liquidare e denigrare chi si pone in modo alternativo rispetto alla propaganda e al pensiero unico, in modo da spingerlo a vergognarsi addirittura di aver osato pensare “male”, di essersi cioè macchiato di psicoreato.

Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice    in  https://enricaperucchietti.blog   16/5/2020


 

“Ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici.

Aldous Huxley /1894- 1963), scrittore britannico

 

“È sui governanti che bisogna vigilare, non sui governati!”

Friedrich Dürrenmatt (1921- 1990) scrittore e drammaturgo svizzero

 


 

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Il virus autoritario

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"Diceva Carlo Levi: la gente ha paura della libertà"

Pensiero urgente n.286) Disubbidienza civile.

 



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