Signor Presidente, il Partito radicale rileva il degrado dello Stato di diritto, in cui il Governo ha precipitato il nostro paese. L’emergenza sanitaria in Costituzione è un vincolo stringente, ma anche da interpretare in modo stretto: invece, il bilanciamento di interessi è assente e lo squilibrio tra ipertrofia amministrativa e diritti dei cittadini è evidentissimo.
Ogni burocrate di ministero ha colto l’occasione per tirare fuori dal cassetto segreto i suoi sogni di regolamentazione della vita di tutti: il guaio è che i suoi sogni segreti si stanno traducendo negli incubi dei cittadini.
L’iper-regolamentazione dei momenti più personali della vita quotidiana sta avvenendo con un coinvolgimento minimo – se non meramente formale e sostanzialmente nullo – dei presìdi di partecipazione democratica.
Alle decisioni che impattano sulle libertà di tutti, in primo luogo, dovrebbe essere compartecipato il Parlamento, che invece di fatto sta essiccando il suo ruolo: accettando il sistema dei “decreti a grappolo” e dei “decreti a perdere”, le Camere stanno di fatto abdicando al loro ruolo e legittimano l’espansione dei poteri dell’Esecutivo.
Nella seduta di mercoledì scorso della Commissione giustizia del Senato il rappresentante del Governo ha estorto dalla maggioranza una sostanziale rinuncia ad esaminare nel merito il decreto che incide sull’articolo 24 della Costituzione, respingendo l’offerta di collaborazione espressa dall’opposizione.
Quel che è peggio è che neppure il Governo è di fatto coinvolto: tutte le decisioni sono adottate – sotto il “cappello” formale di decisioni del Consiglio dei Ministri – con decreti del presidente del Consiglio, la cui vaghezza si presta a confusioni interpretative cui si risponde o con interlocuzioni dirette con le Istituzioni territoriali (altri esecutivi, quelli regionali) o con le Faq pubblicate sul sito Governo.it.
Lo Stato di diritto, dalla legge formale, sta passando alle fonti extra ordinem. guarda caso tutte prodotte da un Uomo solo al comando.
È già accaduto quando il terremoto di Messina fu affrontato con lo stato d’assedio ed i decreti reali a ratifica parlamentare successiva: ci auguriamo che Lei voglia esercitare il ruolo di salvaguardia della legalità e delle libertà di tutti che. un secolo fa. il re rinunciò ad esercitare, avvelenando il dibattito pubblico e precostituendo le condizioni per la marginalizzazione del Quirinale nel ventennio successivo.
Maurizio Turco e Irene Testa, Segretario e Tesoriere del Partito Radicale
in Il Riformista 14/2/2020
La democrazia alla prova del virus
I provvedimenti adottati con l’ultimo decreto del presidente del Consiglio costituiscono una limitazione delle libertà fondamentali previste dalla Costituzione? L’interrogativo ripropone l’antica questione del rapporto tra interesse generale e diritti individuali. Che il problema esista non è una ubbia da intellettuali acchiappanuvole che discettano sul sesso degli angeli quando Costantinopoli brucia.
Lo ha ricordato lo stesso Giuseppe Conte, pur con il suo linguaggio ellittico, nella conferenza stampa che ha preceduto l’adozione delle ultime misure: va difeso un bene «vitale» come la salute, senza però dimenticare che altri beni sono anch’essi ineludibili, e indispensabili per la «vita», come noi la concepiamo nelle democrazie compiute.
La libera circolazione, come i diritti di espressione e organizzazione, sono connaturati a una società democratica. In condizioni particolari, eccezionali, alcune libertà possono essere limitate o coartate per un bene superiore.
La nostra Costituzione prevede infatti (articolo 16) che per ordine pubblico o tutela della salute si possa sospendere temporaneamente la libera circolazione delle persone. Solo che quella norma era stata pensata dai nostri costituenti per situazioni circoscritte geograficamente non per l’intera nazione e, tra l’altro, nemmeno adombrata al tempo del terrorismo.
Ora, invece, su consiglio degli esperti, la restrizione delle libertà è stata applicata su scala nazionale. Gli scienziati, comprensibilmente, non si occupano di politica e società. Il loro sguardo si posa, alternativamente, sul microscopio e sui malati.
Spetta alla classe politica adeguare i loro suggerimenti al contesto socio-politico, perché essa sola è “responsabile” di fronte ai cittadini. I tecnici informano, consigliano, suggeriscono ma non sono legati da alcun vincolo politico con la cittadinanza.
La via cinese, invocata e applicata, ha un corollario che gli esperti trascurano: è stata adottata in un sistema totalitario, in cui l’individuo non vale nulla rispetto al potere, e non in uno stato di diritto dove, oltre al bene primario della salute, vanno salvaguardate anche le libertà individuali.
Le restrizioni di questi giorni in cui per alcuni — non tutti, per fortuna — andrebbe addirittura negata l’ora d’aria che si concede anche ai carcerati, spingono al limite estremo il potere dello Stato sui cittadini. Questa situazione eccezionale introduce un sottile veleno nel nostro sistema di cui meglio essere coscienti fin d’ora: quello dell’invocazione di uno Stato, forte nonché etico, che veda e provveda per tutti noi.
Molti decenni fa il grande intellettuale liberale Ralf Dahrendorf nel suo Quadrare il cerchio (Laterza, 1995) aveva messo in guardia dalla possibile fascinazione del modello Singapore: una dittatura paternalistica dove tutto funzionava a meraviglia, assicurando grande benessere ai suoi cittadini, senza però permettergli alcun dissenso. Del resto perché dissentire se il buon padre di famiglia provvede per tutti?
L’eccezionalità del momento è presente a tutti, e ciascuno deve fare il possibile per evitare che il contagio si diffonda. Allo stesso tempo, però, va ribadito che questa situazione deve essere limitata nel tempo e non prorogabile, qualunque cosa succeda, in quanto intacca i diritti inalienabili della persona.
Il coprifuoco che ci è imposto, perché di questo si tratta, va messo tra parentesi come evento irripetibile, proprio per evitare che si radichi l’idea di uno Stato che possa limitare la vita democratica per “interessi generali”.
La debolezza della cultura liberale di questo Paese e il ricordo del passato regime inducono a molta cautela quando si toccano i diritti. A maggior ragione oggi, quando forze politiche culturalmente estranee a quella tradizione, come Lega e Fratelli d’Italia, riscuotono ampi consensi.
Piero Ignazi Repubblica 15/3/2020
“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.”
“La libertà è condizione ineliminabile della legalità; dove non vi è libertà non può esservi legalità.”
Piero Calamandrei (1889- 1956), politico, avvocato, Azionista e Resistente
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