II populismo ha molte facce e un’anima sola. Nel recente saggio Uno non vale uno (Marsilio, pagine 156, €12), Massimiliano Panarari, sociologo e docente alla Luiss, illustra con ironia i motivi per i quali non è il caso di cedere alle lusinghe delle sirene populiste e, soprattutto, al richiamo della democrazia diretta, mito che ha origini antiche, ora coagulatosi nella Rete.

In questa epoca di «post», che rivela una ricerca spasmodica di punti di riferimento, i nuovi populismi hanno raccolto il lascito del postmoderno. Recuperando dai suoi postulati tutti i cascami e usandoli per costruire una nuova strategia di potere sgravata dal pensiero ideologico. Anzi, dal pensiero tout court, in nome di un individualismo autoreferenziale.

Tra i populismi emergenti dall’onda lunga dell1 individualizzazione, spicca — per temerarietà e disdegno della memoria slorica — il populismo di destra. Si ammanta della qualifica di «sovranista», esibendola come una decorazione al valore. Essere sovranisti fa tendenza e incute rispetto.

Ma che cos’è il sovranismo? In quanto ideologia di riferimento del populismo di destra è divenuto il carattere distintivo degli euroscettici, di coloro che vorrebbero uscire dall’Unione Europea e che vedono l’euro come una iattura. I sovranisi invocano la riaffermazione dell’identità nazionale, degli interessi particolari e il rafforzamento dello Stato sovrano. Assomigliano un po’ alla corrente culturale Strapaese, che nei primi anni del fascismo si opponeva a Stracittà per una rivalutazione delle tradizioni locali. Si presentano con pretese autoritarie e promettono il ritorno all’ordine e alla sicurezza.

Il neologismo «sovranista», d’importazione francese, nasconde un carattere reazionario nel senso proprio del termine, cioè che intende tornare a una condizione storica precedente e ormai superata: la chiusura entro i confini nazionali, la centralità dello Stato, la difesa del territorio dall’«invasione» di popolazioni straniere.

Il sovranismo, solleticando anche istanze razziste, attrae i delusi col miraggio del riscatto sociale e dell’assistenzialismo di Stato, ma intanto prepara il terreno a svolte in senso autoritario. Conviene allora — avverte Panarari — seguire l’invito della Turandot di Giacomo Puccini: che «nessun dorma».

Carlo Bordoni     Corriere La Lettura  30/ 12/ 2018

 

 

Il sovranismo è un nodo scorsoio

Di Maio ha ragione, perché non indossare tutti (tutti loro) i Gilet gialli dei francesi casseurs, visto che tutti, nel governo Lega-5Stelle sono impegnati in un serio lavoro di distruzione? Infatti basta un po’ di attenzione per capire che il fatto nuovo (le leggendarie nuove leggi del reddito e di quota 100) conta niente, si può congelare, fermare, mettere in lista d’attesa, rinviare a un altro gennaio.

L’importante è distruggere certe cose che c’erano prima e ci sono ancora (buone o cattive non importa, sono “di prima”), allontanare certe persone che non devono più ingombrare le istituzioni, esibire un livello morale che ormai non si misura con niente perché niente è stato lasciato intatto, solo i resti di una rissa continua.

Se pensate che da un lato dello schermo entra in scena un ministro dell’Interno vestito da poliziotto e dall’altra un capo di bande ultras con pesanti precedenti penali – non per una sfida (vediamo chi vince fra vita e malavita) ma per un forte abbraccio e una dichiarazione di amicizia reciproca –, vi rendete conto che la differenza con il pericoloso tumulto francese consiste nel fatto che in Francia i rivoltosi si gettano contro il governo.

Qui il governo si getta nel vuoto, perché ha già manomesso le istituzioni che gli erano state affidate, ha già spintonato (o lasciato spintonare da fascisti veri e dichiarati) giornalisti sgraditi, ha già espulso tutti i titolari di uffici e cariche di nomina governativa, senza incontrarli e senza conoscerli, sulla base dell’unico dato: “Sono quelli di prima”. Ha già fatto molto per spartire la Rai secondo contratto, far tacere Radio Radicale, e limitare il più possibile il resto dell’informazione.

A questo punto, fatti crudeli e, fino a poco tempo fa inimmaginabili, come abbandonare al mare gelato in tempesta una sessantina di naufraghi, si rivela come la più importante azione di governo fino a oggi. Ma sta diventando chiaro che ciò che accade ora è solo un inizio: c’è dell’altro in arrivo, e sarà molto di più.

La prima cosa da notare è che l’arco del comportamento persecutorio comincia a farsi ampio. Le persone cacciate sono molte. Le notizie, anche televisive, sono un po’ peggiorate (pensate) rispetto al prima. Ancora più oleose di prudenza e cautela nel descrivere eventi deliberatamente dimenticati, come l’arresto del sindaco Lucano.

E poi ci sono fatti, non si sa se risibili o tragici, come l’ultima sentenza della Corte Costituzionale. Dichiara che una violazione alla Costituzione, come approvare una legge-chiave senza discuterla, per una volta si può tollerare, però che non si ripeta mai più. Ma poi ci sono i porti chiusi, che il ministro vestito da poliziotto ha concordato con il ministro delle Infrastrutture, uno che si occupa di migranti ma non del porto di Genova.

Qualcuno dice, con mal motivato ottimismo, che questa gente di governo, legata non da una idea ma da un contratto sui rispettivi poteri, non può durare. Eppure il complicato disastro provocato fin dal primo momento (pensate ai vaccini, sacrosanti ma facoltativi) ha tutta l’aria di una preparazione a ben altro.

Pensate a persone non prive di esperienza come Maria Giovanna Maglie che intima alla Comunità ebraica italiana di non interferire negli affari italiani (sic). Pensate alla improvvisa scoperta di supermotoscafi veloci che (viene detto da adulti ad adulti, senza ridere) trasportano velocemente nel Mediterraneo sigarette, terroristi e organi da trapianto (come si sa, basta una borsa e via), alla faccia dei buonisti che non avevano mai pensato ai terroristi che forniscono cliniche e tabaccherie con lo stesso comodissimo trasporto, sotto gli occhi distratti della Marina italiana, Guardia costiera e Guardia di finanza.

Pensateci per dire: se c’è chi si offre di dare queste notizie, e di spiegare il complotto della sostituzione dei popoli ordito dal miliardario ebreo Soros (che dovrà vedersela con la Maglie) e se il vicesindaco di Trieste, dopo avere buttato via le coperte di un clochard (temperatura zero gradi) dichiara che “il potere finanziario mondiale è in mano al sistema giudaico-massonico”, e se ci si ripete con orgoglio di avere chiuso definitivamente l’Italia, qualcosa deve ancora accadere. Qualcosa di peggio.

Il sovranismo è un nodo scorsoio, e prima o poi la vittima è chi lo sbandiera. Purtroppo però ha già messo il nodo al collo di tutto il Paese.

Furio Colombo      Il Fatto   13 gennaio 2019

 

Vedi:   Democrazia diretta, il miraggio dei populisti

La sindrome d'onnipotenza dei sovranisti

Per capire meglio chi vuole governarci

Il cortocircuito tra i sovranisti e il popolo

La patria è un valore, il nazionalismo no

I sovranisti vogliono un sovrano

Pensiero Urgente n.251)

 


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