Il 29 ottobre del 1799 viene giustiziato in piazza del Mercato a Napoli IGNAZIO CIAIA (33 anni) poeta, insegnante, politico e Responsabile della Repubblica Napoletana del 1799.

Ciaia nacque a Fasano (Brindisi) in una famiglia benestante proveniente dalla Toscana. Compì gli studi elementari in casa, secondo la tradizione delle famiglie benestanti dell’epoca, in seguito entrò nel Seminario di Monopoli (BA) dove studiò con passione “grammatica” e con insofferenza gli studi teologici.

Uscì dal Seminario nel 1780 e rientrò a Fasano dove studiò retorica e filosofia per poi passare a Napoli nel 1786 dove seguì studi di diritto ma soprattutto frequentò circoli letterari dove si coltivavano la poesia e gli ideali libertari della cultura illuministica e riformatrice, circoli ben presenti nella Napoli di allora.

Cominciò a scrivere poesie col nome arcadico di Aiace Telemonio mentre s’interessò anche a studi letterari e storico-filosofici che lo portarono ad abbandonare gli studi giuridici e la sua decisione di divenire avvocato.

Carlo Lauberg

Ciaia nel 1792 divenne “soprannumerario” nella Segreteria di Stato per le cose ecclesiastiche ma, soprattutto, cominciò una decisa attività poetica e politica nei circoli giacobini che si stavano formando a Napoli.

Decisivo fu per Ciaia l’incontro con CARLO LAUBERG (1762- 1834), ex frate scolopio, scienziato e uomo d’azione, con cui legò una forte amicizia. Lauberg attraverso mille attività accademiche aveva diffuso le idee rivoluzionarie giacobine francesi affinchè anche nel Regno di Napoli potessero radicarsi i principi di libertà, fraternità e uguaglianza propri della Rivoluzione Francese.

Nacque così la Società Patriottica o Società giacobina di Napoli ( legata anche ad ideali massonici) guidata da Lauberg e Ciaia che subito suscitò l’attenzione della corte borbonica che stava avviando, in quegli anni, ricerche e punizioni severe di sospetti rivoluzionari.

Lapide dedicata a Ciaia, Fasano

Ciaia riuscì a sfuggire ad una prima repressione nel 1794 perché accusato di aver tradotto la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino ( testo fondamentale della Rivoluzione francese, del 26 agosto 1789) e aver partecipato ad una cospirazione poi soffocata con arresti e pene capitali il 3 ottobre del 1794. Anche Lauberg riuscì a fuggire in Francia per ritornare, con le truppe francesi, a Napoli nel 1799.

Intanto Ciaia, rifugiatosi a Fasano, continuava anche la sua appassionata attività poetica componendo odi in onore degli ideali repubblicani e delle vittime della repressione borbonica. Ciaia si rivelava sempre più non solo un uomo d’azione ma anche un ottimo poeta civile.

Ciaia venne comunque arrestato e internato nel carcere di Sant’Elmo a Napoli nel 1795, anche su delazioni familiari. Rimase in carcere tre anni dove continuò a comporre poesie spesso melanconiche e sconsolate ma senza diminuire la sua intrepida fede nei valori della libertà ( rappresentati in quel periodo dalla Francia) e da una decisa convinzione della necessità di una rivoluzione per Napoli e della fine di ingiustizie e disuguaglianze.

Ciaia venne liberato il 25 luglio del 1798 insieme ad altri 28 giacobini al termine di un lungo processo. Senza più lavoro tornò a Fasano ma poco tempo dopo fu di nuovo arrestato dopo una perquisizione nella sua casa di Napoli ed imprigionato a Bisceglie (Barletta).

Il 23 gennaio 1799 i francesi occuparono Napoli guidati dal generale Jean Etienne Championnet che subitò proclamò la Repubblica e, dopo averlo liberato, chiamò Ciaia a far parte del Governo Provvisorio costituito da 25 membri e guidato da Lauberg, ritornato a Napoli. Il Poeta ebbe l’incarico di presiedere il Comitato Centrale ( Napoli era stata divisa in sei comitati).

Il Monitore Napoletano ( voce ufficiale della neonata Repubblica diretto da ELEONORA FONSECA PIMENTEL) segnalò l’arrivo di Ciaia a Napoli nel n.5 del 16 febbraio del 1799. Pochi giorni dopo, il 19 febbraio, Ciaia successe a Lauberg come presidente del Governo Provvisorio.

La sua presidenza durò fino al 23 marzo 1799 poi passò a far parte della Commissione esecutiva che si era insediata a Castel Nuovo (Napoli) e che organizzò la difesa della città e della giovane Repubblica che, dopo la partenza delle truppe francesi l’11 giugno, era assediata dalle truppe borboniche e dai “lazzari” scatenati dal cardinal Fabrizio Ruffo, capo dei “sanfedisti”.

Il 19 giugno del 1799 la Repubblica si arrese dopo aver ottenuto vaghe promesse di libertà per i responsabili della Repubblica da parte del Ruffo. Molti patrioti, insieme a Ciaia, s’imbarcarono sulle navi inglesi alla fonda nel porto di Napoli e che avevano contribuito alla caduta della Repubblica.

Monumento dedicato a Ciaia, Fasano

Ma l’ammiraglio inglese Horatio Nelson, subendo pressioni da parte dei borbonici, tradì la sue promesse di salvaguardia dei Patrioti e pochi giorni dopo consegnò Ciaia e gli altri ai soldati borbonici che li rinchiusero in Castel Nuovo. Ciaia fu processato con MARIO PAGANO e DOMENICO CIRILLO come “Rei di Stato” il 30 settembre 1799 e il 6 ottobre furono condannati a morte.

Il 29 ottobre del 1799 Ciaia venne impiccato in piazza del Mercato a Napoli con Pagano, Cirillo e GIORGIO PIGLIANCELLI, impiegato governativo. I loro resti furono seppelliti nella Chiesa del Carmine Maggiore ma in seguito andarono dispersi.

Benedetto Croce (1866- 1952) scriverà: “ Ciaia è una delle più belle anime e uno dei più squisiti ingegni di quella generazione” proprio per onorare la sua coraggiosa affermazione dei valori della libertà e della Repubblica che ispirarono sempre la sua poesia e la sua azione rivoluzionaria.

Grazie a uomini come Ciaia e ai suoi Compagni Patrioti della Repubblica Napoletana si creò nel Meridione d’Italia una grande tradizione di patriottismo liberale che darà grandi frutti durante il Risorgimento.

Ci restano solo dieci poesie di Ciaia, un epitalamio e quattro lettere: quasi tutta la sua opera andò dispersa in quel periodo così travagliato, tra Rivoluzione e reazione.

 

Dall’ode ” Alla Francia” di Ignazio Ciaia:

“No, non fia ch’io veggia/ Con iniqui intervalli ognor distinte/ La capanna e la reggia/

Né che trapassi ancor la gloria e il merto/ Delle vetuste immagini dipinte/

Non fia che un dritto incerto/Sempre il reo ch’è forte/ assolver deggia/

Alle futuri genti Passi l’esempio di ardir la nostra etade/”


 

Vedi: Il "Platone di Napoli": FRANCESCO MARIO PAGANO

Una Repubblica a Napoli

 

Vedete il nostro video  ” Il dovere della Memoria“: QUI

 

 


 


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