L’11 luglio 1966 muore a Roma dopo una breve malattia AUGUSTO MONTI (85 anni) scrittore, docente, pedagogista, politico Antifascista e Azionista.
Monti nacque un piccolo paese delle Langhe in Piemonte, Monastero Bormida (Asti) , in una famiglia di modeste condizioni e all’età di tre anni si trasferì a Torino al seguito del padre. Dopo gli studi liceali conseguì la laurea in lettere e nel 1904 ed ebbe l’incarico d’insegnare prima in Sardegna e poi a Chieri (TO).
Fedele agli ideali del Risorgimento partecipò come volontario alla prima guerra mondiale passando due anni in Austria da prigioniero. Dopo la guerra continuò a lavorare come insegnante e tra il 1924 e il 1934 fu docente di lingua italiana e lingua latina in un liceo a Torino ed ebbe tra i suoi allievi alcuni tra i più noti personaggi della cultura torinese del periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale come CESARE PAVESE (1908- 1950), LEONE GINZBURG (1909- 1944), GUIDO SEBORGA (1909- 1990) e MASSIMO MILA (1910- 1988) ( tutti futuri antifascisti militanti, impegnati in Giustizia e Libertà, poi nel Partito d’Azione e nella Resistenza) e trasformando il proprio insegnamento in scuola di libertà attraverso un’autentica visione laica e un profondo antifascismo (nel 1925 abbandonò la prestigiosa collaborazione con il Corriere della Sera per protestare contro la “presa fascista” del quotidiano).
Nelle lotte politiche di quel periodo si schierò con PIERO GOBETTI della cui Rivoluzione liberale fu assiduo collaboratore e sostenitore. Fu anche amico e frequentatore di ANTONIO GRAMSCI.
Fautore di un rinnovamento educativo nel senso più alto collaborò alle riviste pedagogiche di Giuseppe Lombardo Radice, fu seguace del movimento culturale e politico che faceva capo a GAETANO SALVEMINI ed ebbe una concezione quasi sacerdotale dell’insegnamento. S’interessò profondamente di problemi di cultura e di riforma della scuola, argomento che trattò nel saggio pedagogico pubblicato nel 1923 Scuola classica e vita moderna.
Nel 1935 fu arrestato per antifascismo e condannato con il gruppo piemontese di GIUSTIZIA E LIBERTA’ a cinque anni di carcere. Monti si rifiutò di firmare la domanda di grazia che gli avrebbe valso l’immediata scarcerazione e trascorre tre anni nei penitenziari di ‘Regina Coeli’ e Civitavecchia. Durante il periodo di detenzione ebbe come compagno di cella ERNESTO ROSSI.
Quando venne scarcerato da Regina Coeli a Roma nel 1939 si stabilì prima a Torino, poi a Cavour (TO) e infine a Chieri (TO) nel tentativo di sfuggire al continuo controllo degli agenti dell’OVRA ( polizia segreta fascista).
A Chieri trovò riparo nella casa dell’ex domestica della figlia Luisa presso il colle di San Giorgio: spacciandosi per generale in pensione riuscì a non destare sospetti tra i vicini di casa e da lì poté anche proseguire il suo impegno di militanza politica e di sostegno della Resistenza alla quale partecipò come membro del Partito d’Azione. Dopo la caduta del fascismo Monti accettò l’incarico di sovrintendente regionale scolastico affidatogli dal Comitato di Liberazione Nazionale piemontese.
Quando il PdA venne sciolto nel 1947 aderì come indipendente al PCI. Fu tra i più attivi collaboratori del quotidiano l’Unità e delle riviste Rinascita, Belfagor e del Il Ponte di PIERO CALAMANDREI. Negli anni Cinquanta l’impegno politico nelle file del Partito comunista s’intensificò: molto aspri e duri furono per esempio i suoi interventi giornalistici ai tempi dei licenziamenti decisi da Vittorio Valletta alla Fiat nel 1952.
Monti nella sua azione culturale e politica fu un borghese liberale, un borghese radicale che sosteneva la visione gobettiana di conciliare liberalismo e comunismo. Pubblicò numerosi saggi politici e opere letterarie anche se il suo principale campo d’intervento fu sempre la scuola e l’educazione tanto che nel 1962 pubblicò la sua singolare autobiografia intitolata I miei conti con la scuola. Morì dopo una breve malattia nel 1966 e i suoi resti riposano nel cimitero di Monastero Bormida, sua città natale.
Come Calamandrei s’impegnò moltissimo per la difesa e la continuazione della Memoria della Resistenza e per l’affermazione continua dei valori Antifascisti in un Italia dell’oblio e dell’opportunismo. Così Monti scrisse nel 1950:
… l’Italia allora poté trarsi in salvo, pur dolorante e piagata, dall’ abisso in cui l’aveva gettata il fascismo grazie – solamente – alla Resistenza. La patria s’era salvata dal peggio solo perché sotto e accanto all’Italia fascista all’Italia di coloro che non avevano accettato – o non avevano conosciuto – o peggio avevano dimenticato il Risorgimento era rimasta vigilante l’altra Italia quella che rappresentava e continuava – e intendeva completare – il Risorgimento, l’Italia di coloro che prima della Marcia su Roma o subito dopo avevano capito che quello del fascio non era l’amor di patria ma era l’odio contro lo straniero; che quella fascistica non era la Rivoluzione ma era la Reazione, la Restaurazione semmai; che gli uomini del fascismo non erano gl’Italiani di Mazzini, Gioberti, Garibaldi come presumevano ma erano i borbonici, i sabaudisti, i papalini, i sanfedisti, i calderari, i mariuoli…
e che contro il fascismo valeva la pena di congiurare, di andare nelle isole, in galera, in esilio, di combattere con altri resistenti in Spagna, in Francia di nuovo oggi come nel ’21, come nel ’31 in attesa di un nuovo Quarantotto, d’un altro Cinquantanove, d’un secondo Sessantuno: l’Italia insomma dei liberali come Amendola e Piero Gobetti, dei radicali come Salvemini, dei liberali cattolici come i seguaci di don Sturzo e don Minzoni, dei socialisti come Matteotti, dei comunisti come Gramsci: l’Italia – in una parola – degli antifascisti. …
Credete a noi che siamo quelli della Resistenza: avevamo ragione allora, abbiamo ragione adesso. Se amate davvero la Patria, se davvero vi sta a cuore la civiltà – che non sa di punti cardinali, capitelo una buona volta – venite, tornate con noi senza paure, senza esitazioni e senza secondi fini; ascoltate la voce dei Matteotti, degli Amendola, dei Gobetti, dei Gramsci, dei don Minzoni, dei Perotti, dei Banfo, degli onesti, degli “ingenui” che morirono resistendo al fascismo in difesa di Civiltà e di Patria: unitevi ai superstiti loro commilitoni. Si tratta di salvare il meglio del vostro passato, si tratta di preparare a tutti un migliore avvenire. Si tratta di salvare la pace.
Cavour (TO), Settembre 1950
Vedete il nostro video ” Il dovere della Memoria“: QUI