Il 5 novembre del 1977  muore a Firenze dopo una lunga malattia GIORGIO LA PIRA (73 anni) politico, docente universitario, Padre  costituente, Sindaco di Firenze, pacifista, Antifascista e frate laico francescano e domenicano.

La Pira nasce a Pozzallo (RG), in Sicilia, primogenito di una famiglia di umili condizioni e a prezzo di grandi sacrifici riesce a diplomarsi in ragioneria. Il giovane La Pira è affascinato da poeti come Gabriele D’Annunzio e Tommaso Marinetti e dal loro ideale di cambiamento dei costumi ma in seguito rimase fortemente colpito dall’ascolto di un coro di suore, con cui intuì una dimensione ulteriore, finchè nel 1924 approdò alla conversione cristiana con un desiderio di consacrazione per cui diverrà frate laico terziario domenicano già nel 1925, a Messina, assumendo il nome di fra Raimondo. Successivamente divenne frate laico terziario francescano. La Pira scelse di essere “libero apostolo del Signore“, come lui stesso si definì cercando la sua missione nella società.

Nel 1926 si trasferì a Firenze e venne ospitato presso il convento domenicano di San Marco e si laureò in giurisprudenza all’Università fiorentina. Nel 1934 divenne ordinario di Diritto Romano e  fondò la “Messa di San Procolo“, per l’assistenza materiale e spirituale dei poveri. Si impegnò a fondo nell’Azione Cattolica giovanile e nella pubblicistica cattolica scrivendo in numerose riviste, tra cui il famoso Frontespizio.  Alla vigilia della guerra (1939) fondò e diresse la rivista Principi nella quale – in pieno regime fascista – pose le premesse cristiane per un’autentica democrazia. Il regime ne vietò la pubblicazione.  Tra il 15 luglio e l’8 settembre 1943 creò il foglio clandestino San Marco.

Il 23 settembre sfuggì alla polizia segreta che lo cercava per arrestarlo. Raggiunta Roma, nel 1944 tenne all’Ateneo Lateranense un corso di lezioni che riscosse molto successo. L’anno successivo le lezioni vennero pubblicate sotto il titolo Le premesse della politica. Liberata Firenze l’11 agosto 1944, La Pira tornò ad insegnare all’Università e collaborò al quotidiano del Comitato di Liberazione Nazionale toscano La nazione del popolo. Nel frattempo arricchì il suo pensiero approfondendo la cultura cattolica francese e l’economia anglosassone. Sostenne il diritto universale al lavoro e l’accesso generalizzato alla proprietà.

La vocazione sociale di La Pira si espresse nell’impegno politico: alle accuse e gli avvertimenti mossigli da più parti, circa il pericolo di compromissione nell’attività politica, risponderà:

“Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa ‘brutta’! No: l’impegno politico -cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico- è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità. “

Nel 1946 venne eletto all’Assemblea Costituente. Nel 1947, insieme a Dossetti, Fanfani e Lazzati, diede vita a Cronache sociali, la rivista che meglio ha espresso la presenza cristiana nel difficile processo di rinascita della democrazia in Italia. Alla Costituente svolse un’opera di grande rilievo, e da tutti apprezzata, nella Commissione dei 75, in particolare per la formulazione dei principi fondamentali che dovranno reggere la nuova Repubblica Italiana.

L’attuale Art. 2 della Costituzione venne modellato attorno alla sua proposta iniziale. In una sua relazione scrisse che trovava necessaria una specifica menzione dei diritti umani nella Costituzione italiana, per la prima volta nella storia dell’Occidente.

“Alcune Costituzioni recenti (Austria 1920, Lettonia 1932, Polonia 1935) mancano di tale premessa: e ne mancano per la ragione che gli essenziali e tradizionali diritti dell’uomo sono in esse considerati come il presupposto tacito ed ineliminabile di ogni Costituzione. Diverso è il caso per la nuova Costituzione italiana: essa è necessariamente legata alla dura esperienza dello stato “totalitario”, il quale non si limitò a violare questo o quel diritto fondamentale dell’uomo: negò in radice l’esistenza di diritti originari dell’uomo, anteriori allo stato: esso anzi, accogliendo la teoria dei “diritti riflessi”, fu propugnatore ed esecutore di questa tesi: – non vi sono, per l’uomo, diritti naturali ed originari; vi sono soltanto concessioni, diritti riflessi: queste “concessioni” e questi “diritti riflessi”, possono essere in qualunque momento totalmente o parzialmente ritirati, secondo il beneplacito di colui dal quale soltanto tali diritti derivano, lo Stato.”


Nel 1948 venne nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro; nel 1950 scrisse in Cronache Sociali il famoso saggio L’attesa della povera gente, nel quale dimostrò la necessità, e la concreta possibilità, del lavoro e della casa per tutti.
Nel 1951 intervenne presso Stalin in favore della pace in Corea. Il 6 luglio dello stesso anno fu eletto Sindaco di Firenze (1951-1958; 1961-1965). La sua opera di sindaco sarà punteggiata da notevoli realizzazioni amministrative e urbanistiche e da straordinarie iniziative di carattere politico e sociale. Visse quasi sempre in una cella del monastero domenicano di S. Marco a Firenze, semplice e disadorna, e distribuiva tutto il suo stipendio ai poveri.

Di fronte al grave problema degli sfrattati, respinta la sua richiesta di graduare gli sfratti da parte dei proprietari, La Pira chiese ad essi di affittare al Comune un certo numero di abitazioni non utilizzate. In mancanza di una disponibilità in tal senso, ordinò la requisizione degli immobili stessi, basandosi su una legge del 1865 che dà la facoltà al Sindaco di requisire alloggi in presenza di gravi motivi sanitari o di ordine pubblico

Nello stesso tempo La Pira condusse una coraggiosa lotta in favore dei lavoratori: si battè per evitare il fallimento e la chiusura della Fonderia delle Cure. Intervenne attivamente e con successo presso il presidente dell’ENI Enrico Mattei ( suo amico personale dai giorni della Resistenza) a difesa dei posti di lavoro delle officine Pignone, la cui crisi aveva colpito duramente la regione Toscana minacciando di coinvolgere tremila operai: Mattei metterà a servizio delle esigenze meccaniche del gruppo ENI il vecchio Pignone con il nome di Nuovo Pignone. La Pira in seguito si adopera per le Officine Galileo e le Cure.

Per questi suoi interventi fu accusato di statalismo e di “comunismo bianco” dagli ambienti della DC: tra i critici ci fu don Luigi Sturzo che lo ammoniva del rischio di finire in un “marxismo spurio” se non si atteneva ai principi del non-statalismo e dell’interclassismo. La Pira rispose così:

“10000 disoccupati, 3000 sfrattati, 17000 libretti di povertà. Poi le considerazioni: … cosa deve fare il sindaco? Può lavarsi le mani dicendo a tutti: “scusate, non posso interessarmi di voi perché non sono statalista ma interclassista?””

Sotto l’amministrazione di La Pira vengono ricostruiti i ponti Alle Grazie, Vespucci e Santa Trinità distrutti dalla guerra; vengono creati nuovi quartieri come  L’Isolotto e Sorgane; si costruiscono, in varie zone della periferia, moltissime case popolari; si riedifica il nuovo Teatro Comunale; si realizza la Centrale del Latte; viene nuovamente pavimentato il Centro Storico. Grazie al suo impegno Firenze viene dotata di un numero di scuole tale da ritardare di almeno vent’anni la crisi dell’edilizia scolastica in città.

Nel 1952 organizzò in piena guerra fredda il primo Convegno Internazionale per la pace e la civiltà cristiana. Da esso ha inizio un’attività, unica in Occidente, tesa a promuovere contatti vivi, profondi, sistematici tra esponenti politici di tutti i Paesi. Nel 1955 i sindaci delle capitali del mondo siglano a Palazzo Vecchio un patto di amicizia. Nel 1958 ebbero luogo a Firenze i Colloqui Mediterranei a cui parteciparono rappresentanti arabi ed israeliani.

Nel 1959 La Pira, invitato a Mosca, parlò addirittura al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo. Nel 1965 incontrò ad Hanoi Ho Chi-Minh con il quale mise a punto una serie di proposte che, se non fossero state osteggiate da esponenti occidentali ostili alla pace, avrebbero anticipato di un decennio la fine della tragica guerra vietnamita. In parallelo a questi contatti diplomatici avvengono i gemellaggi di Firenze con Filadelfia, Kiev, Kioto, Fez e Reims; nonché il conferimento della cittadinanza onoraria di Firenze al segretario dell’ONU U Thant e al grande architetto Le Corbusier.

Nel capoluogo toscano La Pira promosse il Comitato internazionale per le ricerche spaziali; una tavola rotonda sul disarmo; iniziative tese a mettere in luce il valore e

La Pira e padre Balducci

l’importanza del terzo mondo e degli emergenti Stati africani (tra l’altro, invita a Firenze il presidente del Senegal Léopold Senghor, uno dei piú prestigiosi leaders cristiani dei movimenti di Liberazione). È ancora lui che per primo lanciò l’idea dell’Università Europea da istituire a Firenze.

Nelle elezioni amministrative del 1966 la DC decise di non ricandidare La Pira alle elezioni amministrative, evidenziando così le difficoltà e le incomprensioni da lui incontrate all’interno del suo stesso partito e provocando gravi polemiche nel mondo cattolico fiorentino, anche perché molti ritenevano che tale decisione fosse stata presa con l’avallo dell’arcivescovo di Firenze, Ermenegildo Florit.

Florit si opponeva, man mano con maggior decisione, alle iniziative per lui “imprudenti” di La Pira, mentre censure “romane” si erano verificate alla fine degli anni Cinquanta, con l’allontanamento o provvedimenti canonici, contro preti profondamente legati al sindaco e alle sue iniziative, quali padre ERNESTO BALDUCCI, padre DAVIDE MARIA TUROLDO e don LORENZO MILANI. La dialettica e il conflitto, già presenti nella Chiesa fiorentina, si evidenziarono ancora più fortemente nel 1968 con il caso della comunità cristiana dell’ Isolotto guidata da don ENZO MAZZI che vide contrapposti la Comunità di base, l’arcivescovo di Firenze e lo stesso Paolo VI.

Dal 1966 La Pira cominciò a ritirarsi dall’attività pubblica, ma nel 1967 venne eletto presidente della Federazione Mondiale delle Città Unite. Il suo slogan è “Unire le città per unire le nazioni“.  Quale presidente della Federazione mondiale delle città unite continua a mantenere contatti internazionali e in questa veste, tiene colloqui e conferenze in vari paesi d’Europa, in preparazione alla Conferenza di Helsinki del 1975.

La Pira e il presidente egiziano Nasser nel 1968

Dopo la Guerra dei Sei Giorni (giugno 1967) visitò Hebron, Gerusalemme e l’Egitto. Nel 1967 ebbe colloqui con Nasser in Egitto ed Abba Eban in Israele, per collaborare alla pace tra i due grandi gruppi umani usciti dall’unico progenitore Abramo. Trovò un inaspettato interesse per questa impostazione di discorso politico fondato sulla tradizione religiosa.

Fu anche tra i componenti del comitato promotore del referendum abrogativo della legge che nel 1970 introdusse in Italia il divorzio. Nell’autunno del 1971, su invito di Salvator Allende, si recò in Cile e suggerì al presidente cileno un’intesa con la DC locale per arginare le spinte estremiste che dividevano il Paese. All’indomani del golpe cileno, avvenuto l’11 settembre 1973, mandò un telegramma ad Augusto Pinochet ammonendolo: “Ricordi divina ammonitrice parola. Qui Gladio ferit, gladio perit“. Quindi intervenne a difesa dei detenuti politici.

Nel 1973 a Houston (USA) parlò al Convegno internazionale “I progetti per il futuro” ed delineò i compiti delle nuove generazioni. Nel contesto di queste molteplici iniziative svolse un’intensa attività pubblicistica. Scrisse a Capi di Stato, a personalità di ogni continente, ai monasteri di clausura, ai vecchi e ai bambini di Firenze, tenne discorsi, conversazioni, incontri, soprattutto con giovani, che lo seguirono con entusiasmo avvertendo la grande forza della sua fede e la purezza dei suoi ideali.

Non a caso l’operare politico di La Pira è stato definito con l’espressione “l’arte della pace“. Fu fortemente orientato alla multilateralità e alla compresenza di più livelli di dialogo assolutamente paritetici per rendere giustizia alla complessità dei conflitti. È questo ideale che lo sostenne negli ultimi anni, resi difficili da una grave malattia e da un penoso isolamento. Il 5 novembre 1977 muore a Firenze.

Nel 1986 Giovanni Paolo II avviò la sua causa di beatificazione e a fine ottobre 2007 le sue spoglie sono state traslate nella chiesa fiorentina di san Marco.

 

 

Vedete il nostro video  ” Il dovere della Memoria“: QUI

 

 


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