L’8 settembre 1943 muore impiccato dalla Gestapo nel carcere di  Plötzensee a Berlino JULIUS FUCIK (40 anni) giornalista, scrittore, Partigiano, Antinazista cèco.

Fucik nacque a Praga in una famiglia operaia. Iniziò precocemente a interessarsi di politica e di letteratura: a 12 anni cominciò a scrivere sul giornale Slovan (“Lo Slavo”). Dopo il diploma di maturità nel 1920 ben presto aderisce al movimento socialista ed entra nell’organizzazione studentesca comunista, di cui non tardò a diventare uno dei dirigenti.

Per vivere fece vari mestieri: fattorino, allenatore sportivo, muratore, terrazziere, e perfino uomo-sandwich. Più di una volta egli si trovò in condizione di soffrire la fame. Ma né le umili occupazioni alle quali era costretto per vivere  né la miseria più dura, gli impedirono di continuare a applicarsi allo studio e di svolgere una intensa attività di militante rivoluzionario, come organizzatore, oratore di comizi, giornalista, nelle condizioni sempre più difficili che la classe dominante cecoslovacca andava creando al movimento operaio.

Dal 1926 divenne redattore di varie riviste e nel 1929 fu giornalista del Rudé právo, l’organo del Partito Comunista.  Fu ripetutamente arrestato dalla polizia cecoslovacca e nel 1934 ricevette una condanna ad otto mesi di reclusione per motivi politici. Nel 1930, visitò l’Unione Sovietica per quattro mesi  Di ritorno a Praga, noncurante delle minacce della polizia, Fucik tenne in un anno oltre un centinaio di conferenze, con le quali documentò al pubblico cèco quanto l’URSS andava realizzando nel campo sociale e della cultura.

Ripetutamente arrestato per i suoi attacchi giornalistici ai gruppi privilegiati, Fucik dovette spesso nascondersi e camuffarsi per sfuggire alla polizia. Nel 1934, minacciato di un nuovo arresto, tornò in Unione Sovietica e vi rimase fino al 1936, come corrispondente del Rudè Pràvo. Le sue  corrispondenze dall’URSS fecero di lui uno dei giornalisti più popolari in Cecoslovacchia.

Nel 1938 le truppe tedesche invasero la Cecoslovacchia e dopo la firma del patto Molotov-Ribbentrop ( 23 agosto 1939), il trattato di non aggressione fra la Germania nazista e l’Unione Sovietica, il Partito Comunista Cecoslovacco venne messo fuori legge e Fučík dovette vivere in clandestinità; ritornò segretamente a Praga nel 1940.

Continuamente braccato dalla Gestapo, egli organizzò insieme con i compagni tutta una rete di giornali e riviste clandestine, che furono un modello del genere, per abbondanza e tempestività di informazioni e per accuratezza tipografica. Al principio del 1941 la sua attività coraggiosa e intelligente di organizzatore lo fece nominare membro del Comitato Centrale del partito Comunista cèco. Dopo l’attacco nazista all’URSS nel giugno 1941 aderì completamente alla resistenza antinazista fino a quando venne arrestato il 24 aprile 1942 a Praga dalla Gestapo assieme ad altri 6 compagni,.

Stanza della forca nel carcere di Plötzensee a Berlino

La cronaca della sua prigionia nel carcere di Pankrac, a Praga, e delle torture feroci a cui fu sottoposto, è raccontata nel suo diario Reportáž psaná na oprátce (“Reportage scritto sotto la forca”, tradotto poi in molte lingue fra cui l’italiano ), che Fucik  poté tenere e far uscire dalle mura della cella grazie all’organizzazione clandestina comunista la quale tesseva le proprie fila anche all’interno di Pankrac.

Trasportato in Germania, Fucik comparve dinanzi al tribunale nazista di Berlino il 25 agosto del 1943. Ai giudici dichiarò:

” So che sarò condannato e che la mia vita sta per finire, ma so anche di aver fatto tutto il possibile per la nostra vittoria. Sono certo che vinceremo. Noi morremo, ma altri verranno e continueranno la nostra opera”.

Condannato a morte Fucik venne giustiziato sulla forca nella prigione Plötzensee di Berlino l’8 settembre del 1943 e i suoi resti sono andati dispersi.

Colui che fu suo compagno di cella nei giorni precedenti l’esecuzione così raccontò successivamente:

“Io ero ridotto in uno stato di inebetimento completo. Non riuscivo a pensare più a nulla, nemmeno alla mia famiglia. Fucik, invece, non faceva altro che cantare o raccontare qualcosa. Si comportava come se avesse ancora dinanzi una lunga vita da vivere”.

Inoltre ricordò l’incontro  di Fucik con alcuni dei suoi compagni cèchi: incatenato ai polsi ed ai piedi, in mezzo al cortile, parlò loro a gran voce per scuotere gli animi dall’abbattimento in cui molti erano caduti.


In  “Reportage scritto sotto la forca” troviamo queste parole di altissimo valore morale e civile tra tutte quelle scritte dai Martiri della Resistenza europea:

“Non dimenticate. Vi chiedo una sola cosa: se sopravvivete a questa epoca non dimenticate. Non dimenticate né i buoni né i cattivi. Raccogliete con pazienza le testimonianze di quanti sono caduti per loro e per voi.

Un bel giorno oggi sarà il passato e si parlerà di una grande epoca e degli eroi anonimi che hanno creato la storia. Vorrei che tutti sapessero che non esistono eroi anonimi.

Erano persone, con un nome, un volto, desideri e speranze, e il dolore dell’ultimo fra gli ultimi non era meno grande di quello del primo il cui nome resterà. Vorrei che tutti costoro vi fossero sempre vicini come persone che abbiate conosciuto, come membri della vostra famiglia, come voi stessi.”

 

 

Vedi: 

"Non dobbiamo tradirli"

 


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