Come sono buoni e caritatevoli questi immondi miliardari che sono i veri registi del Grande Reset, il piano criminale d’ingegneria sociale e umana con cui vogliono addomesticarci dietro il paravento del virus e del terrore sanitario. Ad uso e consumo di milioni di covidioti e cavieidioti che sono i loro primi complici insieme a governucoli come il nostro e a politici orribili.
Come sono ecologici, “verdi”, amanti del clima questi ignobili miliardari che dopo aver danneggiato gravemente l’ambiente per i loro sozzi affari ora, sfruttando la paura dei covidioti per il virus, si ergono a paladini di un mondo pulito e vivibile. Per i loro futuri affari…
Che grande presa per i fondelli ( dei covidioti!). Questi scellerati miliardari del Big Money, attraverso vaccini e vessazioni sanitarie, vogliono poi arrivare al loro fine estremo: la iper-digitalizzazione dell’esistenza, dei nostri corpi, della vita.
Leggete questi articoli con attenzione e cercate di comprare il libro che è presentato. E soprattutto leggete gli articoli presenti in questo link: http://www.gruppolaico.it/category/rassegna-stampa/emergenza-rassegna-stampa/. Vediamo se qualcuno in più capirà che questa cosiddetta epidemia non è una questione sanitaria ma politica/affaristica, la più sporca delle politiche affaristiche che abbiamo mai conosciuto. (GLR)
Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo
Un documentatissimo libro-inchiesta di Nicoletta Dentico sul perché Bill Gates, Warren Buffett, Bill Clinton e Mark Zuckerberg sono i protagonisti della nuova mega filantropia. Il ruolo ambiguo di Bill Gates sul vaccino anti-Covid19.
- “…Perché l’élite dell’1% del pianeta, la classe più predatoria della storia umana, è anche la più socialmente impegnata a sostenere cause nobili come salute, educazione, lotta alla fame, con la scusa di cambiare il mondo? Che cosa si nasconde dietro la rinascita della filantropia a vocazione globale? L’impegno sempre più pervasivo dei filantropi è davvero la soluzione alle sfide della contemporaneità o non è piuttosto un ambiguo e problematico effetto delle disuguaglianze strutturali che rendono la nostra epoca la più ingiusta di tutti i tempi? E che cosa è il «filantrocapitalismo», la versione più sofisticata della filantropia che da due decenni domina la scena internazionale e che si consolida oggi nel tempo di Covid19?”
Sono queste, e molte altre, le domande che la giornalista Nicoletta Dentico, esperta di salute globale e cooperazione internazionale, affronta nel suo formidabile saggio-inchiesta Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo (Editrice missionaria italiana, pp. 288, euro 20, già in libreria).
Si tratta del primo libro in Italia dedicato al tema del filantrocapitalismo, un’abile strategia inaugurata all’inizio del nuovo millennio da una ristretta classe di vincitori sulla scena della globalizzazione economica e finanziaria.
Grazie alle donazioni erogate tramite le loro fondazioni in nome della lotta alla povertà questi imprenditori, nuovi salvatori bianchi, hanno cominciato a esercitare un’influenza sempre più incontrollata sui meccanismi di governo del mondo e sulle loro istituzioni, modificandole profondamente.
Il tutto, in un intreccio di soldi, potere e alleanze con il settore del business che i governi non sanno più arginare né possono più controllare. Anzi, sono i leader del mondo politico ad accogliere i ricchi filantropi a braccia aperte, ormai, senza più fare domande.
Come è avvenuto in passato con John Rockefeller e Andrew Carnegie, la generosità di chi ha accumulato mastodontiche ricchezze rischia di non essere del tutto disinteressata. «Il Wealth-X and Arton Capital Philantrophy Report 2016 evidenzia come le donazioni dei super-ricchi siano incrementate del 3% nel 2015», scrive Dentico. «Numeri alla mano, il rapporto racconta gli effetti benefici di questa arte della generosità: gli imprenditori che hanno versato almeno un milione di dollari hanno finito per ammassare più profitti dei loro pari di classe».
Di questa realtà di costante accumulazione si nutre l’ottimismo win-win che alimenta il fenomeno filantropico, i cui valori, strumenti e metodi sono inequivocabilmente quelli della cultura di impresa, applicata al mondo dei bisogni umani disattesi. I filantropi, per loro stessa ammissione, puntano a creare nuovi mercati per i poveri. «Funziona così: se i poveri diventano consumatori non saranno più emarginati. E da clienti possono riguadagnarsi la loro dignità».
Rispetto alla filantropia classica, il filantrocapitalismo ha assunto dimensioni così pervasive e sistemiche da condizionare la stessa azione degli stati: «Libere da ogni costrizione territoriale, le fondazioni filantrocapitaliste sono riuscite a occupare un campo d’azione sconfinato» si legge nel libro. «Esercitano un ruolo ingombrante nella produzione di conoscenza, nell’affermazione di modelli, nella definizione di nuove strutture della governance globale».
«Il liquido amniotico della filantropia è la disuguaglianza» sostiene Nicoletta Dentico, che nella sua poderosa inchiesta motiva accuratamente le ragioni per cui questa élite si è messa alla testa della battaglia per cambiare il mondo.
Invece, «se nel mondo vigesse un’equa distribuzione delle risorse non ci sarebbe tanto spazio per la filantropia», perché non ci sarebbero più i pochi plutocrati che detengono più della metà delle risorse del pianeta.
Dentico mette in luce uno degli aspetti più controversi e paradossali del fenomeno: le enormi agevolazioni fiscali di cui godono nel mondo filantropi e fondazioni, anche le più opulente: «Che cosa legittima politicamente l’idea di un incentivo sulle tasse a questi miliardari e alle loro fondazioni? Quali vantaggi ne avrebbe una società, se si utilizzasse invece la tesoreria pubblica, perduta a causa degli incentivi, per produrre il bene comune?».
Il filantrocapitalismo diventa così una strana forma di legittimazione morale, «una valvola di sfogo» tramite cui investire, detassati, i profitti spesso accumulati con flagranti operazioni di elusione o evasione fiscale.
Un esempio per tutti: «Nel 2012, un rapporto del Senato americano calcolava in quasi 21 miliardi di dollari la quantità di denaro che Microsoft era riuscita a trafugare nei paradisi fiscali in un periodo di tre anni, grosso modo l’equivalente della metà dell’incasso netto delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti, con un guadagno fiscale di 4,5 miliardi dollari annui».
Oggi il fondatore di Microsoft, Bill Gates, è la figura preminente e più iconica del filantrocapitalismo, con una fondazione intitolata a lui e alla moglie Melinda che al momento della nascita (2000) disponeva di 15,5 miliardi di dollari per esercitare la propria azione, focalizzata su salute e vaccinazioni, biotecnologie, incremento della produttività agricoltura in Africa (ciò che significa far largo agli Ogm), educazione, finanza.
La Fondazione Gates mantiene un forte legame finanziario con aziende assai poco virtuose sul piano dei consumi e della salute, che però garantiscono sicure remunerazioni sull’investimento: ad esempio, investe 466 milioni di dollari negli stabilimenti della Coca-Cola e 837 milioni di dollari in Walmart, la più grande catena di cibo, farmaceutici e alcolici degli Usa.
La Fondazione Gates spicca oggi per l’incontenibile attivismo con cui dirige le attività internazionali nella ricerca di un vaccino anti-coronavirus, con implicazioni non banali data la rilevanza pubblica di un’emergenza mondiale come quella di Covid-19: «Nel 2015, Gates aveva capito che un virus molto contagioso sarebbe arrivato a sconquassare il mondo iperglobalizzato. Sars-CoV-2 è arrivato, alla fine, e il mondo si è fatto trovare del tutto impreparato.
L’unico pronto a un simile scenario è stato il monopolista filantropo di Seattle», spiega Dentico: 300 milioni di dollari subito sul piatto da parte della Fondazione Gates (poi saliti addirittura a 530 milioni di dollari), ormai accreditatasi sulla scena della lotta alla pandemia alla pari di istituzioni internazionali come Oms, Banca Mondiale e Commissione europea, un pericoloso precedente nella governance di fenomeni globali – come in questo caso la lotta a una pandemia.
Tanto più che «in tutti questi anni, Bill Gates ha molto contribuito al rafforzamento geopolitico di Big Pharma [il cartello composto dalle principali case farmaceutiche mondiali, ndr], erodendo e sottraendo terreno alla società civile in questo duro conflitto politico».
L’implacabile inchiesta di Nicoletta Dentico scruta anche l’azione filantropica di altre figure di imprenditori plutocrati o politici potentissimi diventati improvvisamente «benefattori» globali: Ted Turner, Bill e Hillary Clinton, e i nuovi arrivati sulla scena della filantropia come Mark Zuckerberg.
Unico nella sua genesi è il caso della famiglia Clinton, che ha fatto della filantropia globale – tramite la Fondazione Clinton – la via maestra per continuare a esercitare il potere dopo due mandati presidenziali, anche a costo di contraddire l’agenda diplomatica statunitense, nel momento in cui Hillary Clinton è segretaria di stato dell’amministrazione Obama.
Molto eloquente a questo riguardo il caso del potentissimo uomo d’affari Frank Giustra che entra nel giro delle estrazioni minerarie in Kazakhstan grazie ai buoni uffici della Fondazione Clinton nel paese centro-asiatico, che gli Stati Uniti hanno stigmatizzato per le sistematiche violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali della persona.
Come scrive Bandana Shiva nella prefazione, «il libro di Nicoletta Dentico arriva al momento giusto, ed è necessario. Sarà una bussola importante per difendere le nostre esistenze e libertà dalle forme della ricolonizzazione variamente avallate dal filantrocapitalismo».
Nicoletta Dentico, giornalista, è esperta di cooperazione internazionale e salute globale. Dopo una lunga esperienza con Mani Tese, ha coordinato in Italia la Campagna per la messa al bando delle mine vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1997, e diretto in Italia Medici Senza Frontiere (MSF) – premio Nobel per la Pace nel 1999 – con un ruolo di primo piano nel lancio e promozione della Campagna internazionale per l’Accesso ai Farmaci Essenziali. Co-fondatrice dell’ Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (Oisg), ha lavorato a Ginevra per Drugs for Neglected Diseases Initiative (DNDi) e poi per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Più di recente è stata per alcuni anni responsabile della sezione internazionale della Fondazione Lelio Basso. Dal 2013 al 2019 è stata consigliera di amministrazione di Banca Popolare Etica e vicepresidente della Fondazione Finanza Etica. Dalla fine del 2019 dirige il programma di salute globale di Society for International Development (SID).
In http://www.vita.it/ 19/10/2020
IL PARADOSSO DELLA CARITÀ DI BILL GATES
Un’indagine su Nation illustra i rischi morali che circondano l’impresa caritatevole da 50 miliardi di dollari della Gates Foundation.
Lo scorso autunno, Netflix ha presentato in anteprima un documentario in tre parti che promette agli spettatori uno sguardo raro sulla vita interiore di uno degli uomini d’affari più controversi della storia. In tre ore, Inside Bill’s Brain’s Brain ci mostra un lato emotivo raro di Bill Gates mentre elabora la perdita di sua madre e la morte del suo migliore amico e cofondatore di Microsoft, Paul Allen.
Per lo più, però, il film rafforza l’immagine che molti di noi già avevano dell’ambizioso tecnocrate, insaziabile cervellone ed eroico filantropo. Inside Bill’s Brain cade in una trappola comune: cerca di capire l’uomo più ricco del mondo intervistando le persone nella sua sfera di influenza finanziaria.
Nel primo episodio, il regista Davis Guggenheim sottolinea l’intelligenza espansiva di Gates intervistando Bernie Noe, descritto come amico di Gates. “È un dono, leggere 150 pagine all’ora”, dice Noe. “Dirò che è una ritenzione del 90 per cento. Un po’ straordinario”.
Il Guggenheim non dice al pubblico che Noe è il preside della Lakeside School, un’istituzione privata a cui la Bill & Melinda Gates Foundation ha dato 80 milioni di dollari. Il regista non fa nemmeno menzione dello straordinario conflitto di interessi che questo presenta: i Gateses hanno usato la loro fondazione di beneficenza per arricchire la scuola privata che i loro figli frequentano, che fa pagare agli studenti 35.000 dollari all’anno.
I punti ciechi del documentario sono ancora più sorprendenti se si considera il momento della sua uscita, quando è trapelata la notizia che Bill Gates aveva incontrato più volte il condannato per reati sessuali Jeffrey Epstein per discutere della cooperazione in attività di beneficenza da cui Epstein avrebbe guadagnato milioni di dollari in spese amministrative.
Sebbene la collaborazione non si sia mai concretizzata, essa illustra l’azzardo morale dell’impresa di beneficenza della Gates Foundation da 50 miliardi di dollari, le cui attività tentacolari sono state notevolmente poco soggette alla supervisione del governo o al controllo pubblico negli ultimi due decenni.
Mentre gli sforzi del miliardario e filantropo Michael Bloomberg ad usare la sua ricchezza per vincere la presidenza, fallita sotto le feroci critiche dei media, ha dimostrato Gates che c’è un percorso molto più facile verso il potere politico, che permette ai miliardari non eletti di plasmare le politiche pubbliche in un modo che quasi sempre fa notizia: la beneficenza.
Quando Gates ha annunciato nel 2008 che avrebbe lasciato Microsoft per concentrare i suoi sforzi sulla filantropia, ha descritto la sua intenzione di lavorare con e attraverso il settore privato per fornire prodotti e tecnologie per i beni pubblici, proprio come il software per computer di Microsoft ha ampliato gli orizzonti e creato opportunità economiche.
Gates ha descritto il suo approccio alternativamente come “capitalismo creativo” e “filantropia catalitica” e ha supervisionato un cambiamento nella sua fondazione per utilizzare “tutti gli strumenti del capitalismo” per “combinare la promessa della filantropia con il potere del settore privato”.
Il risultato è stato un nuovo modello di carità in cui i beneficiari più diretti più delle volte non sono i poveri del mondo, ma i più ricchi del mondo, in cui l’obiettivo non è quello di aiutare i bisognosi, ma di aiutare i ricchi ad aiutare i bisognosi.
Attraverso un’indagine su oltre 19.000 donazioni di beneficenza che la Gates Foundation ha fatto negli ultimi due decenni, la Nazione ha scoperto quasi 2 miliardi di dollari in donazioni di beneficenza deducibili dalle tasse a società private – tra cui alcune delle più grandi imprese del mondo, come GlaxoSmithKline, Unilever, IBM e NBC Universal Media – che hanno il compito di sviluppare nuovi farmaci, migliorare le condizioni igienico-sanitarie nei paesi in via di sviluppo, sviluppare prodotti finanziari per i consumatori musulmani e diffondere le buone notizie su questo lavoro.
La Fondazione Gates ha anche donato 2 milioni di dollari ai Participant Media per promuovere il precedente film documentario di Davis Guggenheim Waiting for Superman, (ndr: il supermann è poi arrivato), che fa avanzare uno degli sforzi di beneficenza della fondazione, ovvero la creazione di scuole – scuole pubbliche gestite privatamente. Questa donazione di beneficenza è una piccola parte dei 250 milioni di dollari che la Fondazione ha donato alle aziende mediatiche e ad altri gruppi per influenzare le notizie.
“E’ stato uno sviluppo abbastanza senza precedenti, la somma che la Gates Foundation dà alle società… Onestamente lo trovo stupefacente”, dice Linsey McGoey, professore di sociologia all’Università dell’Essex e autrice del libro No Such Thing as a Free Gift. “Hanno creato uno dei precedenti più problematici nella storia delle fondazioni, aprendo essenzialmente la porta alle imprese a considerarsi beneficiarie di beneficenza in un momento in cui i profitti aziendali sono ai massimi storici”.
La ricerca di McGoey ha scoperto aneddoti su contributi di beneficenza della Fondazione Gates a società private, come una donazione di 19 milioni di dollari a una filiale Mastercard nel 2014 per “aumentare l’uso di prodotti finanziari digitali da parte di adulti poveri” in Kenya.
Il gigante delle carte di credito aveva già espresso il suo vivo interesse commerciale nell’attrarre nuovi clienti dai 2,5 miliardi di persone senza conti bancari nei paesi in via di sviluppo, ha detto McGoey.
Allora perché aveva bisogno di un ricco filantropo per sovvenzionare il suo lavoro? E perché Bill e Melinda Gates ricevono uno sgravio fiscale per questa donazione?
Tim Schwab, giornalista statunitense
FONTE: https://www.thenation.com/article/society/bill-gates-foundation-philanthropy/
In https://www.nogeoingegneria.com 13/7/2020
LA GRANDE VICINANZA DEI VERDI CON IL GRANDE RESET
La 50ma edizione del World Economic Forum di Davos appariva già dai primi titoli di giornale come la più colossale operazione di greenwashing mai partorita nell’iperuranio dei ricchi. Le nevi di Davos si tingono di verde, “Sfida per un capitalismo pulito”, “La svolta verde di Davos”, “A Davos Greta guida la crociata della nuova finanza verde”… Leggi qui
La presidente dei Verdi Annalena Baerbook è membro del programma “Young Global Leaders” del World Economic Forum, il cui fondatore e presidente Klaus Schwab non si stanca mai di promuovere la trasformazione dell’economia e della società post-Corona premendo il grande pulsante per il resettaggio.
Klaus Schwab scrive nel luglio 2020 nel suo libro “Covid-19: The Great Reset” (dopo la CNBC) sul periodo post-crisi: “Molti di noi si chiedono quando torneremo alla normalità. La risposta breve è: mai. Nulla tornerà mai più a quel perduto senso di normalità che prevaleva prima della crisi, perché la pandemia di coronavirus segna una svolta fondamentale nel nostro sviluppo globale. Alcuni analisti lo chiamano un bivio, altri lo chiamano una crisi di proporzioni bibliche, ma in fondo si riduce al fatto che il mondo come lo conoscevamo nei primi mesi del 2020 non esiste più. Si è dissolto nel contesto della pandemia”.
L’idea preferita di Klaus Schwab: una sorta di economia post-democratica, basata sull’intelligenza artificiale e sulle risorse, in cui l’individuo decide volontariamente di stringere la cintura in maniera drastica.
Probabilmente ispirata, tra l’altro, alle idee del gruppo Technocracy Inc., che ha risieduto per un certo periodo negli anni ’30 nei locali della Columbia University di New York fino a quando il suo leader Howard Scott non è stato esposto come impostore scientifico. Cercavano una “terza via” tra capitalismo e socialismo.
Nella loro concezione dovevano essere soprattutto gli ingegneri ad essere chiamati ad amministrare il bene comune. Un presumibile collasso economico e sociale imminente potrebbe essere superato solo grazie al controllo di un’élite tecnica.
Una soluzione centrale nel concetto di tecnocrazia è stata la sostituzione dell’economia monetaria con un’economia basata sui certificati energetici.
Alla base di ciò vi era la valutazione monetaria di tutte le risorse: terra, piante, acqua, energia, aria, sole, ecc. Quello che mancava ai tecnocrati di allora era la capacità tecnica di registrare in modo completo il consumo di risorse in termini di contabilità.
Questo problema sarà probabilmente risolto oggi con l’Internet delle cose nelle future Smart Cities con i loro Smart Meters e Smart Dust, le macchine automatiche a ritmo 5G, la medicina personalizzata, i punti di credito sociale, gli Ubers, i Liferandos, le Amazon del mondo.
Il Movimento della Tecnocrazia, che al culmine della sua attenzione pubblica aveva persino le caratteristiche uniformi e i veicoli grigi e rossi della tecnocrazia, è stato notevolmente smorzato da un discorso fallito del suo abbagliante personaggio Howard Scott che è stato mandato in onda in tutti gli Stati Uniti d’America.
Tuttavia, esiste ancora oggi su piccola scala. Uno dei membri più noti era M. King Hubbert, un geofisico che si è fatto conoscere attraverso la teoria del Global Oil Production Maximum. ( n.d.r. Peak Oil). Alcuni aspetti del mercato delle emissioni, come ad esempio lo schema di scambio personale delle emissioni di carbonio, sono legati alle proposte storiche dei tecnocrati.
L’economista e critico del transumanesimo Patrick Wood ha trattato l’agenda tecnocratica in libri come “Technocracy Rising: The Trojan Horse of Global Transformation” e “Technocracy – The Hard Road to World Order”. La sua intervista con il giornalista canadese James Corbett fornisce una panoramica.
Jens Spahn ed Emmanuel Macron hanno già completato il programma Young Global Leaders Program di Schwab, prima di Ms Baerbook. Anche Gregor Hackmack, il fondatore della piattaforma di petizione online change.org, è membro del programma.
Con il programma, Klaus Schwab persegue l’obiettivo di un collegamento in rete continuativo a livello mondiale: “Una volta che gli Young Global Leaders avranno completato il programma quinquennale, saranno invitati ad unirsi alla comunità degli alumni, dove potranno continuare il loro percorso di leadership e mantenere il loro impegno per il World Economic Forum e le attività e gli eventi degli Young Global Leaders”.
Gli alumni fungono da steward del Forum dei Giovani Leader Globali, sostengono il processo di selezione e fungono da preziosi mentori per i nuovi membri. I nostri alumni sono fondamentali per il nostro continuo successo, poiché spesso sostengono e guidano nuove collaborazioni e contribuiscono a promuovere la mentalità orientata all’impatto della comunità.”
FONTE: https://2020news.de/die-naehe-der-gruenen-zum-great-reset/
In https://www.nogeoingegneria.com 30/11/2020
ANNO II DEL REGIME SANITARIO
Dobbiamo resistere! E difenderci da soli se non altro per salvare l’unica cosa che ci è rimasta: la dignità. Sul nostro sito vi offriamo molti articoli per approfondire e capire ( senza comprensione di ciò che sta avvenendo non potremo decidere di resistere e piano piano ci ritroveremo come i covidioti). Cliccate in fondo a questa pagina sul tag”grande reset” e sugli altri tag e leggete gli articoli che appaiono. Ricordate: questa cosiddetta epidemia non è una questione sanitaria ma politico-affaristica. (GLR)
In particolare leggete:
Il Grande Reset. La Grande Risistemazione (18). Eco-sanitar-digital fascismo.
Il Grande Reset. La Grande Risistemazione (15). Si stanno preoccupando per noi...
Il Grande Reset. La Grande Risistemazione (7). Klaus Schwab e il suo Grande Reset fascista.
Il Grande Reset. La Grande Risistemazione (6). Ingegneria sociale e impoverimento.
Pericolo vaccino (3). Gates ci modifica...