La pandemia autoritaria. Cinque stelle e Lega diffondono il virus antidemocratico (e il vaccino non c’è)

Consapevoli o no, i due nostri principali partiti lavorano dal governo e dall’opposizione per azzerare i risparmi degli italiani, strappare il paese all’Occidente e farlo diventare un protettorato cinese o russo. Vanno fermati

Spero si sia capito dove ci vogliono portare questi inetti al governo e questi irresponsabili all’opposizione con l’insensata battaglia europea sul Mes e tutto il resto. Consapevoli o no, secondo me più no che sì perché in fondo sono babbeiacinquestelle, i grillini vogliono trasformare l’Italia in un protettorato cinese.

Le banalità da dropout liceale di Alessandro Di Battista, naturalmente sul Fatto quotidiano, confermano che l’obiettivo dei grillini è quello di staccare l’Italia dall’Europa e dall’Occidente per consegnarsi nelle mani di Pechino, far comprare le aziende italiane a quelle cinesi a prezzi di saldo e importare il modello tecnologico-autoritario orientale sulle rive del Mediterraneo.

Non è un caso che il governo Conte, quello con Matteo Salvini vice e con Giancarlo Giorgetti a Palazzo Chigi, sia stato il primo paese occidentale e del G8 a firmare un memorandum of understanding con i cinesi a proposito sulla Belt and Road Initiative il cui succo era cedere le infrastrutture strategiche italiane ai cravattari del Partito comunista cinese, indebitando l’Italia fino al collo con delle condizionali che al confronto i prestiti del Mes alla Grecia sono una specie di paghetta dei nonni ai nipotini.

Di Battista ieri l’ha scritto chiaramente, «un rapporto privilegiato con Pechino che, piaccia o non piaccia è anche merito del lavoro di Di Maio. La Cina vincerà la terza guerra mondiale senza sparare un colpo e l’Italia può mettere sul piatto delle contrattazioni europee tale relazione». Luigi Di Maio, come certifica il suo sodale, ormai somiglia a un incaricato d’affari della Repubblica popolare. Per Pechino, il Conte 2 è un grande balzo in avanti visto che nel Conte 1 poteva contare solo un sottosegretario, Michele Geraci, leghista di partito e grillino di spirito.

L’incredibile velina della Farnesina contro Giuseppe Conte, fatta trapelare sabato da Di Maio all’Ansa per scaricare su Palazzo Chigi la responsabilità della surreale missione russa in Italia, con benzina pagata da noi e carico di aiuti inviati a caso, rientra nell’ormai quotidiana guerra di spifferi e di pettegolezzi tra i portavoce di Di Maio e di Conte che insufflano costantemente i retroscena dei giornalisti, ma può essere letta anche come un messaggio della Farnesina ai cinesi di stare tranquilli rispetto a eventuali cessioni di sovranità italiana ai russi.

Quella è di competenza contiana o al massimo salviniana, fa sapere Di Maio, ma in realtà sappiamo tutti che è anche grillina come ha svelato il consigliere strategico di Joe Biden Michael Carpenter quando ha raccontato di come i russi abbiano sostenuto sia la Lega sia i Cinque Stelle.

Salvini ha proprio firmato un patto politico col partito di Vladimir Putin, mentre Di Battista e il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, che alla Farnesina ovviamente si occupa dell’area degli ex paesi sotto l’influenza sovietica, si sono fermati un attimo prima della firma di un patto, anche perché ai tempi i grillini truffavano i loro elettori giurando che non avrebbero mai fatto nessun accordo con nessun partito politico, come si è ampiamente visto, e quindi a Mosca ci sono andati, le proposte pro Cremlino le hanno fatte, il programma anti Nato e anti Ucraina lo hanno scritto, ma pubblicamente non hanno firmato nessun patto con gli sgherri di Putin.

Quella è roba leghista, in primis. E siamo arrivati all’opposizione. Salvini e i suoi spingono l’acceleratore contro l’Europa e l’euro, esattamente come i grillini guidati a Bruxelles da un Di Battista minore che si chiama Ignazio Corrao, incuranti di lavorare per azzerare i conti correnti e i patrimoni degli italiani. La rincorsa leghista per buttare l’Italia già dal baratro è così irresponsabile da lasciare senza fiato.

Più che rispondere agli ukase del Cremlino c’è il timore che Salvini e i suoi ciarlatani credano davvero che la cosa migliore per il paese sia uscire dall’euro e battere una lira inutilizzabile come il pesos argentino o il bolivar venezuelano. Ci sarebbe quasi da sperare che dietro ci sia un disegno del Cremlino, invece che pura imbecillità, ma sappiamo che i russi hanno le pezze al culo, specie adesso che il petrolio è basso, e che il loro unico obiettivo strategico è quello di diffondere il caos e di indebolire le società occidentali.

Insomma, siamo messi così: il primo partito del nostro Parlamento attuale e il primo partito secondo i sondaggi elettorali del prossimo sono di fatto, anche se probabilmente non lo sanno, agenti di potenze o semipotenze straniere, nemiche della società aperta, antagoniste della democrazia e persecutrici della libertà.

Giuseppe Conte è il Forrest Gump del progetto di affondare l’Italia, mentre il Pd si barcamena tra la benemerita reggenza della Repubblica e la pericolosa resa ai nuovi potenti. Per il coronavirus prima o poi arriverà il vaccino, contro questa pandemia antidemocratica l’antidoto è ancora tutto da immaginare.

Christian Rocca      LINKIESTA  20/4/2020

 

 

Dall’articolo: Coronavirus, Immuni: i finanziamenti dalla Cina e il rischio che i dati italiani ​​​​​​​finiscano in mani straniere

I dubbi sulla società creatrice del software: perché dovrebbero concederlo gratuitamente? Emerge un crocevia di interessi politici ed economici. Il Copasir chiede l’intervento dei Servizi membri di Bending Spoons, la software house milanese che ha creato l’app Immuni

Oramai spuntano ovunque. Versatili e gentili, i cinesi si infilano nelle operazioni più diverse e anche nella storia dell’app «Immuni» sembrava tutto gratuito e disinteressato. L’offerta da parte di una società – finanziata tra gli altri anche da capitali cinesi – è stata intrigante: un’ applicazione, infilata nello smartphone di milioni di italiani, in grado di avvertire sul rischio di un contagio tutti coloro che nei giorni precedenti abbiano incrociato un positivo al coronavirus.

Ma col passare dei giorni la vicenda sta cominciando a mostrare aspetti opachi, dimostrando di essere un crocevia di interessi politici ed economici. Una vicenda tipica di questa stagione, nella quale la debolezza strategica dell’Italia, fiaccata dal virus, sta accrescendo l’appetito di potenti che ci guardano con cupidigia. Russi e soprattutto cinesi, che cercano e talora trovano alleati nel Belpaese.

La vicenda Immuni si sta ingrossando sulla base di scoperte e di retroscena che vanno ben oltre la diatriba politica. La sostanza è questa: il commissario all’emergenza Domenico Arcuri – su incarico della ministra per l’Innovazione Paola Pisano (politicamente vicina a Davide Casaleggio) – ha affidato l’incarico di sviluppare la app alla società Bending Spoons, che oltre a essere finanziata anche dai cinesi, è sviluppata da ricercatori svizzeri, al punto che una parte dell’affaire potrebbe ricadere sotto la vigilanza di un governo – quello cantonale – che non appartiene alla Ue. Risultato davvero originale di tutte queste carambole: a gestire preziosi dati pubblici (quelli sulla salute di milioni di italiani e quelli sui loro spostamenti) potrebbe ritrovarsi una società privata.

Ecco perché la vicenda finirà domani all’attenzione del Copasir, il Comitato per i Servizi: a portarcela sono stati Enrico Borghi, il rappresentante del Pd nel Comitato ed Antonio Zennaro, capogruppo dei Cinque stelle, vicino al presidente del Consiglio e assai meno a Luigi Di Maio. Chiederanno che siano interpellati i Servizi per capire se la sicurezza nazionale sia in qualche modo a rischio……

Fabio Martini      La Stampa  21 Aprile 2020

 

E intanto…

 

Eni, Terna, Servizi, le mani grilline nel gioco delle nomine

Lontani i tempi in cui Grillo gridava “vaffanculo alle lottizzazioni”, ecco i nomi e i sistemi di relazioni che il Movimento ha insediato nelle stanze dei bottoni

Per trovare lampi di sincerità bisogna cercare col lumicino. Ma nel Movimento 5 stelle qualcuno che, sia pure senza trarne gravi conseguenze, eccepisce sullo spettacolo delle ultime nomine nelle aziende pubbliche c’è: «Ero partito rivoluzionario in compagnia di tanti che come me volevano giustizia. Mi trovo cosparso di laido e mediocre profumo ed in compagnia dei carmelitani descalzi. Io che ero nato francescano. Mah!», dice sobriamente il senatore Nicola Morra, che assieme a Alessandro Di Battista ha firmato una vana lettera per convincere il M5S a tirarsi fuori dalla spartizione, se Claudio Descalzi fosse stato confermato all’Eni. E’ prevalsa, come dire, una linea più pragmatica. Un Cencelli senza remore: se resta Descalzi, al M5S andrà questo questo e questo.

Cantavano «non siamo un partito/ non siamo una casta/ siamo cittadini punto e basta», Grillo gridava «vaffanculo alle vostre lottizzazioni». Alla prima tornata di nomine dove hanno potuto incidere se lo sono presto scordato. Ad aiutare a digerire il boccone ritenuto più indigesto – in realtà si contano sulle dita di una mano le voci grilline che davvero hanno fatto battaglia contro la permanenza di Claudio Descalzi al timone operativo dell’Eni – è arrivata la nomina di Lucia Calvosa  – professoressa di diritto commerciale a Pisa, finora non notissima, già nel consiglio di amministrazione della società che edita il Fatto Quotidiano. Il presidente Eni – che gestisce l’audit interno, e dunque non è sprovvisto di poteri –ha buon rapporto con l’ex consigliere Luigi Zingales.

I grillini si difendono: i posti toccati a noi sono per lo più decorativi. Ma non è esattamente così. Forse l’uomo più importante per il mondo grillino nelle aziende partecipate è stato in questi anni Stefano Donnarumma. Lo si manda ad a Terna (al posto di Luigi Ferraris, trasversalmente apprezzato ma, mal per lui, non sostenuto da partiti). Manager stimato dal costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, Donnarumma fu nominato da Virginia Raggi nella confusa stagione-Lanzalone, quella nella quale l’avvocato, poi finito arrestato nello scandalo dello stadio della Roma (la vicenda è ancora in corso, e noi presumiamo fino alla fine che sia innocente), asseriva in telefonate intercettate di essere in grado di dire alla sindaca le cose da fare.

Luca Lanzalone è stato, per il M5S, un punto di riferimento ideale, assieme a Raffaele Marra in Comune, benché oggi sembra che nessuno li abbia mai neanche conosciuti. In quella inchiesta finirono agli atti alcune chat di Lanzalone, uscite poi su tutti i giornali, in cui teorizzava: «Se potessi avere influenze sulle nomine penso prima a te, poi a quelli dello studio e se avanza a chi offre di più», scriveva nel maggio  2018 a un suo collega di studio. Fu chiamato da qualcuno il sistema-Lanzalone.

Donnarumma in quell’inchiesta fu molto presto archiviato. Ma la vicenda mise a nudo pezzi di funzionamento della politica e delle relazioni romane sui quali si era facilmente accomodato un Movimento sempre a metà tra i proclami propagandistici e social di pulizia antipolitica e anticasta, e la brama di potere coniugata con un’ingenuità talora sul confine dell’incapacità.

All’Enav sbarca un candidato scelto dal M5S, Paolo Simioni, amministratore al posto di Roberta Neri. Anche lui è emerso molto nella Roma degli ultimi anni, o meglio, nel triangolo Livorno-Roma-Genova. Virginia Raggi dice di lui: «E’ un fuoriclasse. Simioni ha salvato Atac da un abisso senza fine che era quello del fallimento». In realtà, proprio il 19 aprile, due giorni fa, Simioni ha inviato una lettera al Campidoglio in cui avvisa il Comune che c’è liquidità in azienda solo fino a maggio, si rischia «una perdita di 112 milioni» che riporterebbe i conti in rosso (meno 140 milioni), e consentirebbe ad Atac di resistere solo «fino al 31 maggio». Insomma, il tracollo è tutt’altro che scongiurato.

Un po’ di background – politico, non penale, sia chiaro – viene sempre nell’inchiesta Lanzalone. Finì sui giornali che l’ex assessore alle partecipate della Raggi, Massimo Colomban – non indagato, e anzi, aveva aiutato le indagini – mise a verbale davanti ai carabinieri del nucleo investigativo questa ricostruzione di relazioni: «Lanzalone e Giampaoletti (direttore generale Campidoglio, ndr) mi avevano espresso il desiderio di conoscerlo – io ho chiesto a Grillo se lui era disponibile ad incontrarli. Quella sera a cena, il 20 marzo 2017, oltre a me, Grillo, Lanzalone, c’erano anche altre persone al tavolo, tra cui parlamentari M5s, nonché Paolo Simioni».

Alla presidenza dell’Enel va Michele Crisostomo, l’avvocato leccese che difese con successo Banca popolare di Bari nella causa contro il tribunale Ue, che era convinto ci fossero aiuti di Stato nell’operazione della Popolare di Bari (con l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi) per l’acquisizione della Cassa di Teramo. Vicende cruciali per la politica e il sistema del consenso pugliese di questi anni. La Puglia è stata un incubatore non solo del M5S, ma delle relazioni che poi trovano sbocco nel governo Pd-M5S.

Nelle banche, il M5S voleva Mauro Salvetti al Monte dei Paschi di Siena, la cosa è stata stoppata dal ministro Gualtieri e da Alessandro Rivera, ottimo direttore generale del Tesoro, e i 5 stelle allora hanno indicato Guido Bastianini, ex Carige, finito di recente nel mirino dell’azionista di controllo Vittorio Malacalza, che gli ha scritto e diffuso pubblicamente una lettera di accuse durissima, tra cui il «mancato riporto» agli amministratori «di comunicazioni dell’autorità di vigilanza in merito alla necessità di un aumento di capitale di circa 600 milioni».

Molto importante  la nomina alla presidenza di Leonardo del generale Luciano Carta, direttore dell’Aise, i servizi segreti per l’estero. Importante non tanto per Leonardo, forse, ma per ciò che ci dice dei servizi. Fonti parlamentari a conoscenza della materia raccontano che la promozione di Carta, militare integerrimo e universalmente stimato, sia il classico promoveatur ut amoveatur, epilogo di una stagione di differenti vedute con gli attuali vertici dell’intelligence italiana, assai vicini al presidente del Consiglio Conte. Ovviamente la cosa non vi verrà mai confermata.

Naturalmente, in una partita così complessa e varia, ci sono anche momenti quasi divertenti, in cui i grillini suscitano simpatia. Per esempio Carmine America, ex compagno di liceo di Di Maio, che andrebbe nel cda di Leonardo (come ci andrà anche Paola Giannettakis – la ex candidata ministro dell’Interno dei 5S, direttrice di un dipartimento alla Link University di Vincenzo Scotti).

Da cogliere assolutamente è la nomina di Emanuele Piccinno, che dall’ufficio legislativo dei 5S alla Camera, e dalla segretaria dell’allora sottosegretario allo sviluppo Davide Crippa (oggi presidente dei deputati 5S), arriva nel consiglio dell’Eni a coprire la casella di Umberto Saccone, l’ex responsabile della sicurezza dell’azienda, che aveva un posto di enorme e poco appariscente potere.

Jacopo Jacoboni     La Stampa  21/4/2020

 

 

“E ricorda, quando si ha una concentrazione del potere in poche mani, troppo spesso uomini con la mentalità da gangster ottengono il controllo. La storia lo ha dimostrato. Il potere tende a corrompere e il potere assoluto tende a corrompere assolutamente. Gli uomini grandi sono quasi sempre uomini cattivi, perfino quando esercitano influenza e non autorità. Non c’è eresia peggiore di pensare che la carica santifichi il suo detentore.”

Lord Acton ( sir John Emeric Acton, 1834- 1902), storico e politico britannico di origini italiane.

 

 


 

 

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