Ci sono momenti nella Storia in cui tanti piccoli indizi fanno una prova, per poi arrivare ai gesti eclatanti che diventano una confessione. È appena successo in Italia, con l’ufficialità parlamentare. Al Senato bisognava votare una mozione per istituire una commissione straordinaria contro odio, violenza, razzismo e antisemitismo.

In teoria una formalità da approvare a occhi chiusi, un’unanimità all’apparenza scontata a prescindere dall’ideatore della proposta; figuriamoci se il soggetto in questione è la senatrice a vita Liliana Segre, memoria della Storia. Eppure 98 senatori si sono astenuti , i rappresentanti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il momento è finalmente arrivato: la destra italiana ha deciso di non nascondersi più, mostrando la sua vera natura.

La mozione è passata grazie ai 151 voti favorevoli della maggioranza, ma l’ignominia rimane, amplificata anche dalla scelta della destra di restare seduta e non applaudire durante il tributo dell’aula a Liliana Segre.

Non è stato però il punto più basso della vicenda, perché in seguito sono arrivate le giustificazioni all’azione deplorevole dei partiti in questione. Le parole di Salvini, Meloni e Berlusconi sono state il vero marchio dell’infamia, il punto finale di un lungo percorso fatto di legittimazione dell’odio, xenofobia e mezzi di propaganda capaci solo di incattivire una nazione. Per banalizzare il male.

La Commissione Segre, come riporta il testo, non ha alcuna bandiera politica ma “compiti di osservazione, studio e iniziativa per l’indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche e psichiche”.

Liliana Segre riceve ogni giorno oltre 200 messaggi di insulti sui social incitanti all’odio razziale, e l’obiettivo di questa commissione è proprio evitare che chiunque  possa scrivere in rete: “Hitler non hai fatto bene il tuo mestiere”.

75190 è il numero tatuato sul braccio di Segre da quando aveva 13 anni. Venne espulsa dalla scuola sotto il regime fascista in quanto ebrea, fu imprigionata e deportata ad Auschwitz. Il padre e i nonni vennero uccisi, lei fu tra i venticinque bambini sotto i 14 anni (su 776) a sopravvivere, diventando una testimone vivente dell’orrore. Adesso, a 89 anni, è costretta a sentire Giorgia Meloni, colei che è a capo di un partito che festeggia la ricorrenza della marcia su Roma, affermare che “La Commissione Segre è un tentativo della sinistra di ideare una censura politica”. Viviamo in tempi bui.

Meloni ha telefonato alla senatrice a vita, dicendole di aver scelto di astenersi “in difesa della famiglia”. Viene da chiedersi dove sia il nesso, considerando il ruolo della commissione di sostegno ai perseguitati, agli emarginati, e non di certo una misura “contro” qualcosa, benché meno contro la famiglia. Ma forse la risposta migliore l’ha data proprio Segre,, rispondendole: “Sono stata sposata per sessant’anni, difendo anche io la famiglia. Qualcuno mi dovrà spiegare cosa c’entri tutto questo con la commissione contro l’odio”.

Altro giro, altro delirio: Matteo Salvini ha definito la Commissione Segre una “commissione sovietica”. Secondo il leader della Lega è “giusto condannare una violenza che non tornerà, ma imbavagliare i popoli no”. Le contraddizioni nella frase di Salvini fanno rabbrividire.

Intanto perché quella violenza non solo è già tornata, ma lui ne è – più o meno consapevolmente – il principale megafono, incentrando la sua politica sulla strategia della paura, sulla discriminazione e su una propaganda che ha l’unico risultato di aizzare il popolo contro le minoranze.

Inoltre parlare di bavaglio è un espediente tanto logoro quanto meschino, perché la condanna del razzismo e dalla violenza non è mai una censura, ma un atto di giustizia.

Il problema principale è che l’istituzione di una Commissione contro l’odio intende combattere esattamente i mezzi su cui si è aggrappata la destra per aumentare i consensi, come ad esempio l’istigazione dell’odio e le discriminazioni etniche, e loro stessi sono stati smascherati astenendosi al Senato.

È stata una confessione, come se avessero ammesso il loro percorso politico, quello che prevede la normalizzazione dell’odio; abituare gli italiani alla paura dell’altro, del “diverso”, che sia un migrante, un omosessuale o un ebreo. È la Storia che si ripete ciclicamente, mutando la forma ma non la sostanza.

Il motivo per cui, erroneamente, la coalizione viene chiamata “centrodestra” e non “estrema destra” – nome più consono ai nazionalisti nostrani – è la presenza, sempre più superflua, di Forza Italia. La creatura di Berlusconi ha seguito Lega e Fratelli d’Italia nella scelta di astenersi, diventando complice di questa barbarie. Della mostruosità dell’astensione ne è consapevole Mara Carfagna, che ogni tanto ha qualche sussulto di orgoglio e si ribella ai diktat dei piani alti. Ha dichiarato infatti: “La mia Forza Italia, la mia casa, non si sarebbe mai astenuta in un voto sull’antisemitismo. Stiamo tradendo i nostri valori e cambiando pelle”.

Anche qui il nodo è alla base: Forza Italia non è sua, ma di chi ha detto che “la mozione presentata in Senato è voluta dalla sinistra e istituisce un nuovo reato d’opinione”, Berlusconi. Continua dunque la sagra delle giustificazioni grottesche di quelle forze politiche che associano il razzismo e l’odio a “un’opinione”. Silenziare un razzista non è mettere un bavaglio, ma fare il proprio dovere.

Berlusconi ha poi proseguito dichiarando: “Chi conosce la storia recente dovrebbe sapere che il nostro governo è stato quello più vicino a Israele nella storia della Repubblica”. Questa frase è lo specchio dell’ errore di fondo che si fa sull’antisemitismo, che non consiste nelle critiche alle politiche di Israele, ma in un’avversione atavica contro gli ebrei che sfocia in violenza. Si può dunque criticare Israele senza essere antisemiti, e quella di Berlusconi è soltanto una giustificazione di fronte al nuovo ruolo che il suo partito ricopre: stampella di Salvini e Meloni, per restare a galla.

Associare la Commissione Segre a una mossa politica è stato il vero autogol della destra, che ha finito per ammettere candidamente che i loro valori sono esattamente quelli che la commissione intende combattere, e in tal modo la loro presa di posizione crea un caso senza precedenti nella nostra storia repubblicana, con un’intera coalizione che si ramifica in una direzione marcatamente estremista.

Non vi è infatti nessuna differenza tra Lega, FdI e CasaPound. I segnali c’erano tutti, mancava la conferma ufficiale, che è prontamente arrivata. Ed è un punto di non ritorno. È stato un processo lento, fatto di campagne social e migliaia di post contro i migranti, un martellamento studiato a tavolino che ha generato un sentimento di paura tramutato presto in intolleranza, concretizzato attraverso misure come i decreti sicurezza, con il linguaggio razzista di Salvini o con proposte aberranti. È il metodo più antico del mondo, nonché l’iter che precede la nascita di ogni totalitarismo.

Il fascismo non è stato che questo: legittimare l’odio e la violenza, far accettare agli italiani certi concetti e renderli ordinari. Adesso si sta ripercorrendo la stessa strada, facendo passare il messaggio di doversi difendere da entità nemiche.

Quindi vessare le persone omosessuali per difendere la famiglia, lasciare in mare degli esseri umani per difendere i confini, insultare lo straniero per difendere la Patria. È facile trovare una giustificazione al male e renderlo un segmento della quotidianità; il popolo prima o poi si abitua, senza nemmeno accorgersi.

Ma astenersi dalle leggi contro il razzismo è l’anticamera delle leggi razziali, è una proprietà commutativa che dovrebbe rappresentare un enorme campanello d’allarme. Invece i consensi dell’estrema destra continueranno ad aumentare, così come i messaggi sui social di chi afferma che, in fondo, Liliana Segre quei numeri tatuati sul braccio se li è meritati.

E questa, mestamente, è la morte di una nazione.

Mattia Madonia         in The Vision 4 Novembre 2019

 

 

La destra dell’odio e delle “buone” intenzioni

La lettera al Corriere della Sera scritta dal primogenito di Liliana Segre, Alberto Bellipaci, «non vi meritate mia madre», è la pietra tombale sulle buone intenzioni della destra italiana. Le parole ferme e amare del figlio della senatrice non stigmatizzano tanto un’ideologia, che non c’è.

Rendono evidente una conferma: la destra italiana non è antifascista, non lo è mai stata, quella degli altri Paesi europei sì. Sono antifascisti i cristiano-democratici tedeschi, i gollisti francesi, i conservatori inglesi.

La nostra destra no, non ha mai voluto fare i conti con il Ventennio e ha cercato sempre di eludere la questione con artifici retorici o attaccando i comunisti reali o presunti ovvero tutti coloro che li contrastavano, rivendicando il carattere ineludibilmente antifascista della democrazia costituzionale. Lo ha fatto per non assumersi responsabilità o per rifarsi una verginità senza pagare mai il dazio.

QUESTA VERITÀ si è stavolta scontrata con la figura della senatrice a vita Liliana Segre. Conosco la Senatrice da molti molti anni, ho avuto il grande privilegio di essere con lei a condividere e soprattutto ad ascoltare le sue testimonianze. Liliana Segre è prima di tutto un essere umano di eccezionale caratura, che ha affrontato a soli tredici anni e mezzo la più terrificante e disperante delle esperienze che in assoluto possano toccare a una persona. Il magistero della sua testimonianza è una delle narrazioni più importanti e significative del nostro tempo. Questa donna, la cui dignità è esemplare, rappresenta in se stessa e per il pensiero di cui è portatrice un patrimonio dell’umanità. La campagna di odio antisemita scatenata contro di lei è un atto di odio contro la forza della vita e a favore della pulsione di morte.

Il comportamento della destra nell’aula del Senato, la sua astensione compatta di fronte alla proposta della senatrice Segre di istituire una commissione con il compito di monitorare le forme del razzismo e dell’antisemitismo, è un fatto gravissimo perché mostra connivenza e indulgenza nei confronti delle manifestazioni del razzismo, della xenofobia e delle effrazioni del senso della democrazia che può vivere solo laddove tutti gli uomini godano di eguali diritti e dignità e non siano accettabili primazie sulla base del criminogeno jus sanguinis che di fatto è anticostituzionale. L’assoluta gravità è rappresentata soprattutto dalla negazione dei principi dei diritti universali dell’uomo.

PERCHÉ LA DESTRA non si è peritata di fare una così miserabile figura? In parte per ragioni strumentali, ma in parte perché il fascismo come retroterra culturale e sentimentale non è mai uscito dalla sua identità. Se non bastasse, i rappresentanti di questa destra si vantano di essere gli amici più sinceri del governo di Israele che li accoglie con tutti gli onori e li porta a visitare il memoriale della Shoà, Yad Vashem, con tanto di zucchetto in testa.

COLPISCE l’estrema mediocrità delle giustificazioni addotte e l’infimo livello di questa destra da strapaese fatta di personcine e «personaggetti», per i quali c’è a quanto pare sempre qualcuno pronto alla difesa d’ufficio. Giorgia Meloni che ormai è «tecnicamente» considerata come una «politica capace», sostiene che il suo voto di astensione è motivato dalla preoccupazione di «difendere la famiglia».

SI SA CHE Fratelli d’Italia ha innalzato lo stendardo della triade «Dio, Patria, Famiglia» tanto cara alla più vieta retorica clerico-fascista. Ma quale famiglia? Quella che santifica le feste nei centri commerciali, o si rincitrullisce davanti alle tv del sodale Berlusconi?

Ma che bel talento, pensare che i nemici del suo modello di famiglia siano le unioni arcobaleno, i migranti inesorabilmente musulmani et similia. E non la società basata sulla metastasi iperliberista. Quanto alla patria, quale? Quella di Mussolini che la consegnò ai nazisti di cui – secondo ciò che scriveva lui stesso alla Petacci – fu «il fantoccio»?

SALVINI, dal canto suo, cambia le patrie per intonarle alle mutande, verdi finché vanno di moda, tricolori se la moda cambia e nere nelle riunioni private con gli squadristi dalle varie sigle. Le famiglie le cambia anche quelle e bacia il rosario prova provata che così crede in dio, ma preferirebbe buttare da un ponte papa Francesco che annuncia il «dio dell’accoglienza».

Intanto, a dimostrare la sua pericolosità, salta sul carro della classe operaia dell’Ilva massacrata e ricattata tra lavoro e morte ambientale, non perdendo l’ occasione di partecipare al linciaggio del «nero» Balotelli, gridando pericolosamente: «Un operaio dell’Ilva vale dieci Balotelli».

Razzista di classe, dunque. Quanto a Berlusconi adora le famiglie aperte, aperte alle escort, per patria ha le sue aziende, nazionali e offshore; e per dio se stesso, nient’altro che se stesso e non vuole nessuno a sua immagine e somiglianza. Questa, più o meno, è la destra che si candida a governarci nel terzo millennio. Sovranisti, populisti, antisemiti, islamofobi, nostalgici del nazismo della peggior risma.

MARINE Le Pen, Alternative fur Deutschland, i buontemponi del gruppo di Visegrad, con in testa l’antisemita e ziganofobo Orbán. Buontemponi perché tettano con voracità il buon latte dei soldi europei – dall’Ue del tacito consenso al respingimento dei diversi, dei migranti, dei richiedenti asilo, dei nuovi Muri eretti – e se ne servono per alimentare il nazionalismo isterico al fine di far fuori la vacca da cui mungono le loro risorse.

Con questa bella compagnia, Berlusconi farà la sua agognata rivoluzione liberale del leben und leben lassen, vivi e lascia vivere. Il faro di questa bella banda di pallonari reazionari è mr. «America first», Trump, quello che vuole massacrare le economie europee con i dazi e contribuire alla disgregazione dell’Unione europea incitando i singoli membri alla …exit, per farne dei satelliti sottomessi.

È in questo brodo di coltura che risorge l’antisemitismo, anche nelle sue forme classiche.

Moni Ovadia         Il Manifesto   5/11/2019

 

Vedi:  Senatrice, ora diciamo basta

La caccia agli ebrei

La memoria non è un optional

I vampiri di Goya nemici della ragione

Quando l'Italia divenne razzista

La sottocultura dell'odio è ancora fertile

La brutta piazza del saluto romano

 

 



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