Matteo Renzi si è scandalizzato perché le opposizioni, all’ultimo passaggio della sua “riforma” costituzionale alla Camera, sono uscite dall’aula al momento del voto, lasciando che la sua maggioranza Pd-Ncd-Sc-Verdini (che è minoranza nel Paese) se l’approvasse da sola: “Dopo che per 30 anni queste riforme sono state discusse e mai realizzate, era una questione di serietà votare e vedere chi aveva i numeri. Questa è democrazia”. A parte la bizzarria di un premier che invita i cittadini a disertare le urne del referendum sulle trivelle (commettendo fra l’altro un reato) e poi si meraviglia se le opposizioni disertano l’aula, va detto che lì il voto era ormai scontato e inutile: la legge non consente di emendare un testo costituzionale nelle ultime due letture, ma solo di approvarlo o di respingerlo in blocco, e a Montecitorio la maggioranza è blindata anche senza il soccorso verdino.
Dunque le opposizioni hanno voluto plasticamente mostrare che la Costituzione viene riscritta da una sola parte contro le altre, tradendo lo spirito dell’Assemblea Costituente che riuscì miracolosamente a fondere insieme culture politicamente contrapposte: cattolica, liberale, repubblican-azionista, socialista e comunista. È questo che ha irritato il premier, insieme al fatto di non poter fare il gesto dell’ombrello (i soliti tweet contro gufi e professoroni) alle opposizioni dopo averle battute. Come se fosse una partita di calcetto fra lui e il resto del mondo.
Il diritto-dovere di votare non gl’interessa. Anzi, la campagna di sabotaggio del referendum la dice lunga sulla sua concezione della democrazia. Oltre al merito della vicenda (le concessioni alla lobby petrolifera, una delle tante che tengono in pugno il governo), c’è un intento didattico, pedagogico: delegittimare il voto per disabituare gli elettori a recarsi alle urne, in vista delle amministrative, del referendum costituzionale e delle politiche. I partiti strutturati, soprattutto il Pd che è l’unico rimasto in piedi (il centrodestra è polverizzato senza leadership né strategie), hanno capito che l’unico modo per restare abbarbicati alla poltrona mentre intorno tutto crolla è quello di scoraggiare il voto di opinione: quello libero e fluttuante dei cittadini che vanno ai seggi per punire o per premiare, di volta in volta, chi se lo merita. Ben sapendo che, per pochi che siano, a chi detiene il potere in sede nazionale e locale non mancheranno mai i voti controllati, comprati, scambiati: quelli di chi deve qualcosa a qualcuno.
Sia esso il politico, il capobastone, il boss mafioso o la lobby retrostante che ti dà l’appalto truccato, ti sistema il figlio, ti raccomanda la fidanzata, fa vincere il concorso truccato a tuo cognato, dà la consulenza a tua moglie e la pensione a tuo padre falso invalido. A questi votanti di scambio si aggiungono i milioni di persone che, direttamente o indirettamente, campano e ingrassano di politica: partiti, enti locali, società municipalizzate o partecipate e tutto l’indotto della politica e dell’amministrazione, ferocemente e voracemente occupato dalle forze politiche.
Poi, casomai non bastasse, ci sono i poveretti che si fanno abbindolare dagli annunci preelettorali tipo gli 80 euro, elargiti ai meno abbienti alla vigilia delle europee del 2014 e ora fatti balenare ai pensionati, o tipo il prossimo condono fiscale (come se non bastassero tutti gli altri regali agli evasori) camuffato da “voluntary disclosure” numero 2 (come se non bastasse la prima): un altro modo per comprare voti, riservato ovviamente a chi sta al governo e può disporre come vuole del denaro pubblico.
Se riesce l’audace colpo dei soliti noti, alle urne andranno solo i portatori di interessi, che ovviamente si terranno ben stretto chi detiene il potere. Invece le forze di opposizione screditate dalla stampa al seguito come populiste, antipolitiche, gufe e pericolose si nutrono inevitabilmente di voti di opinione, disinteressati ai favori del governo: l’unico sistema per prosciugarne il bacino elettorale è convincere questa gente che “non c’è alternativa”, votare è inutile, tanto non muterà mai nulla, l’Europa non permetterà un cambio di regime, dunque tanto vale starsene a casa a mugugnare.
Il tutto per abituarci al radioso futuro che ci riservano l’Italicum e il nuovo Senato, ennesime riprove del fatto che votare non serve: tanto alla Camera, per i 2/3, andranno deputati nominati dai capipartito col trucco dei capilista bloccati, e al Senato sindaci e consiglieri nominati dai consigli regionali. Un Parlamento ridotto ad aula sorda e grigia, anzi a bivacco di manipoli. Infatti la parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: convincere gli elettori a pensare che non contano più niente e a non votare, così davvero non conteranno più niente.
Non è un caso se domenica i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera, della Consulta andranno doverosamente a votare al referendum sulle trivelle, mentre il presidente del Consiglio incredibilmente starà a casa o andrà al mare come Craxi. Per questo tutti i cittadini liberi che vogliono contare devono andare alle urne (noi siamo per il Sì, ma l’importante è votare). Anche se non si raggiungerà il quorum, sarà la migliore risposta di milioni di cittadini che non si rassegnano all’impotenza e vogliono conservare la sovranità e la dignità. Sarà la prova generale del referendum costituzionale, dove anche senza quorum potremo salvare quel formidabile scudo che ci hanno regalato i nostri Padri Costituenti, raccogliendo il testimone dei partigiani, contro i vecchi duci e i nuovi aspiranti ducetti.
Marco Travaglio Il Fatto, Giovedì 14 Aprile 2016
vedi: Perchè votare e perchè votare SI !
La maschera democratica dell'oligarchia