“La proposta di prorogare per tutto l’anno lo stato d’emergenza è per molti versi discutibile. Lo è sia con riguardo alle attuali circostanze epidemiche, che non paiono esigere questa misura; sia per il significato simbolico che assume, dato che, socialmente, trasmette insicurezza e allarme ai cittadini, mentre politicamente sembra servire a sorreggere e rafforzare un governo sempre più sfilacciato.”
Carlo Galli in Terrore sanitario (25). Emergenza infinita? (2)
Merkel, Macron e anche Sanchez: tutti alla larga dai “poteri speciali”
In Europa si è evitato l’eccezionalismo: Berlino ha usato la legge ordinaria, Parigi ha dichiarato solo l’urgenza “sanitaria”.
«Nessun altro paese ha usato lo “stato d’emergenza” come l’Italia. Anzi, al netto dei differenti ordinamenti, tutti hanno cercato di limitarlo, dosarlo, sfuggire alla legislazione emergenziale». Francesco Clementi, costituzionalista, professore di diritto pubblico comparato, non ha dubbi.
Come non ne ha Arianna Vedaschi, docente di diritto pubblico comparato alla Bocconi, che ha appena pubblicato uno studio per confrontare la risposta giuridico-politica dei principali paesi occidentali al Covid-19 (“Il Covid-19, l’ultimo stress test per gli ordinamenti democratici: uno sguardo comparato”): «In estrema sintesi, le democrazie mature di tradizione liberale alla prova dell’emergenza hanno optato per la Fuga dalle rispettive “discipline dell’emergenza”». Tradotto: anche chi aveva delle discipline molto esplicite, nella Costituzione, sullo stato d’emergenza, ha evitato di ricorrervi.
Potrà essere giusto, sbagliato, discutiamone. Ma siamo tenuti a osservare con una certa attenzione cosa hanno fatto governanti europei come Emmanuel Macron, o come Angela Merkel. Non perché abbiano ragione per partito preso, ma almeno per renderci conto che la scelta di Giuseppe Conte (che estenderà lo “stato d’emergenza” fino al 31 dicembre, o forse al 31 ottobre, sia pure stavolta passando dal Parlamento) non era senza alternative.
Il premier aveva disposto il primo stato d’emergenza con semplice delibera del consiglio dei ministri di gennaio. Una norma di rango secondario, che dunque non ha reso necessario alcun passaggio parlamentare. Idem per i successivi dpcm, i decreti del premier spesso criticati perché non consentono al Parlamento alcun controllo, e neanche al Quirinale (dove arrivano solo in sede di conversione). Era l’unica possibilità?
In Europa le situazioni in vario modo emergenziali sono finite ovunque (ultimo il Belgio, il 30 giugno) tranne che in Francia (dove finiranno il 24 luglio). Nessun paese al momento dibatte di proroghe. Ma soprattutto, i principali paesi non hanno disposto, tecnicamente, uno “stato d’emergenza”.
La Costituzione francese del 1958, all’articolo 16, regola l’emergenza in termini “elastici”: l’organo chiamato a decidere nel frangente dell’emergenza, il presidente della République, beneficerebbe di un’ampia discrezionalità nella gestione della crisi. Ebbene: l’articolo 16 non è stato attivato da Macron. Le president non ha neanche fatto ricorso alla loi 55 – 385 del 3 aprile 1955, che gli avrebbe permesso di dichiarare «l’état d’urgence». Parigi si è limitata a una legge (la 290 del 23 marzo 2020) che introduce solo la fattispecie, blanda e circoscritta, di «état d’urgence sanitaire».
La Spagna ha, nella sua Costituzione (articolo 116), tre gradi di allerta, in ordine crescente: lo stato di allarme (alarma), lo stato di eccezione (excepción) e lo stato di assedio (sitio). Pedro Sanchez il 14 marzo si è limitato a seguire una legge ordinaria del 1981, sancendo solo «lo stato di allarme», la misura più tenue, e peraltro l’ha sottoposto a vari voti del Congresso dei deputati.
Anche Angela Merkel, che viene considerato in Europa un esempio piuttosto ben riuscito di gestione della pandemia di Coronavirus, ha preferito limitarsi a emendare e integrare la normativa vigente ordinaria, cioè una legge federale sulla protezione dalle infezioni del 2000 (l’Infektionsschutzgesetz 2000). Berlino ha solo introdotto poteri straordinari per il Ministro della Salute federale, ma ha lasciato ai Länder di continuare a svolgere un ruolo chiave nell’adozione delle necessarie misure per il contenimento del contagio.
Gli Stati Uniti di Donald Trump certo non sono stati un modello di efficacia: ma proprio il leader accusato spesso di autoritarismo è stato ben felice di demandare le restrizioni solo su base federale, ai governatori dei singoli Stati. Doveva invece avocare a sé? Il 29 maggio la Corte Suprema, per un solo voto e perciò spaccata, ha respinto un ricorso contro le misure limitative della libertà di culto adottate dal governatore della California. Con ciò consentendo di fatto le restrizioni, ma a deciderle sono gli Stati, non il governo federale. Senza stato d’eccezione.
Jacopo Iacoboni La Stampa 13/7/2020
L’emergenza dei buffoni
Malgrado la morte clinica del Covid-19, oramai certificata anche da alcuni studi autorevoli, prosegue il catastrofico gioco delle tre carte di un Governo surreale. Dopo aver a suo tempo sostanzialmente proclamato lo stato d’emergenza sulla base delle confuse notizie provenienti dalla Cina, imponendo una drammatica sospensione delle libertà costituzionali sull’onda di una crisi ospedaliera, circoscritta ad alcune regioni, che è durata solo alcune settimane, oggi la coppia Giuseppe Conte/Rocco Casalino intende prorogare fino al 31 dicembre il medesimo stato d’emergenza con qualche decina di malati in terapia intensiva.
Ciò significa, in estrema sintesi, che il sedicente avvocato del popolo vuole proseguire ad oltranza il suo regime di Pulcinella che gli conferisce pieni poteri, con l’avallo quasi incondizionato della sua maggioranza, di buona parte dell’informazione nazionale e di un imbarazzante Comitato tecnico-scientifico che sta da tempo colpevolmente spacciando il contagio da Covid-19 per una malattia mortale.
A tal proposito registriamo un’agghiacciante dichiarazione del dem Nicola Zingaretti, leader di un partito che in passato avrebbe mobilitato le piazze per molto meno, ma che oggi ritiene di aver tutto da guadagnare nel mantenere in vita un clima di terrore che sta distruggendo l’economia del Paese. Scrive infatti su Twitter il presidente della Regione Lazio: “Il Partito Democratico è pronto a sostenere qualsiasi scelta del Governo utile a contenere la pandemia. Chi nel mondo non lo ha fatto sta pagando un prezzo drammatico”.
Quindi, secondo questo genio, malgrado l’assenza di alcun elemento di preoccupazione in merito ad un virus che lui e i suoi sodali al potere hanno trasformato in un flagello peggiore della peste, dovremmo proseguire per altri lunghi mesi con il fardello di protocolli e di misure di sicurezza di dubbia utilità sul piano sanitario, ma certamente piuttosto pesante su quello dei costi economici e sociali.
Costi sempre più proibitivi che prima o poi, andando avanti di questo passo, seppelliranno il sistema sotto una valanga di nuovi debiti, mettendo in forte rischio la sostenibilità economica e finanziaria del sistema medesimo.
Sebbene appaia assolutamente devastante il messaggio che l’Italia manderebbe all’esterno, con la proroga dello stato d’emergenza, per chi continua ad usare in senso totalmente strumentale il coronavirus tutto ciò passa in secondo piano.
Per questa gente priva di scrupoli, che ha sparso a piene mani un terrore sempre meno giustificato, facendo riemergere nei più i peggiori istinti primordiali, il perdurare di una percezione di pericolo di massa risulta del tutto funzionale ai loro obiettivi, politici e professionali che siano.
E poco importa se oramai da tempo i ricoveri e i decessi col Covid-19 bisogna andarli a cercare col lanternino, considerando che ogni giorno in Italia muoiono quasi 2mila persone per altre cause. Essendo riusciti a convincere un popolo in testa alle classifiche dell’analfabetismo funzionale che oramai nel mondo ci si ammala solo di coronavirus, costoro pensano solo di capitalizzare al massimo grado la loro riuscita manipolazione di massa.
Le elezioni in sette Regioni si approssimano, e farle svolgere nell’ambito di un buffonesco stato d’emergenza, pensano i geni che occupano la stanza dei bottoni, non può che aumentare il proprio consenso. Ma questo è ancora tutto da vedere.
Per quanto possiamo giudicare sprovveduti gli elettori italiani, non credo che si possa pensare di ingannarli a tempo indeterminato, tenendo artificiosamente in vita una pandemia che, peraltro, nella maggior parte del territorio nazionale non si è quasi vista. Alla fine, volenti o nolenti, la realtà delle cose il conto lo porterà pure a chi sta facendo del procurato allarme una professione.
Claudio Romiti L’Opinione 13/7/2020
L’infettivologo Bassetti: “Basta con l’allarmismo tafazziano sul Covid“
“Stiamo dando al mondo l’idea di essere ancora in pieno dramma, che tutti i sacrifici non sono serviti a niente. Mentre è vero il contrario: il Covid è stata un’emergenza ospedaliera, che oggi, lo dicono i numeri, è finita. Ma viene comunicato il contrario, un atteggiamento veramente alla Tafazzi”.
Lo sottolinea all’AGI l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino, che da settimane con altri esperti batte il tasto di un’emergenza ormai più comunicativa che sanitaria.
“Io lo dico da medico – spiega Bassetti – e non voglio fare politica, però anche la proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre, se così sarà, mi pare francamente un po’ spinta. Decidere oggi a luglio cosa succederà tra sei mesi non ha molto senso, in molti paesi si danno scadenze temporali più ravvicinate, anche di mese in mese, poi semmai si proroga. Ma anche qui, il messaggio che passa è che siamo in emergenza, come a marzo, invece sono due situazioni assolutamente imparagonabili”.
I numeri, rileva l’esperto, parlano chiaro: “Avevamo oltre 4.000 ricoverati in terapia intensiva, oggi sono 60 in tutta Italia, un paese di 60 milioni di abitanti. Invece continuiamo a leggere ‘salgono i contagi’ senza approfondire i numeri, quanti di questi sono asintomatici, quanti sono più seri, quanti i ricoverati. Sappiamo però che la ‘vasca’ dei ricoveri si sta svuotando, e continua a calare malgrado questi 200 contagi al giorno. Si sottolineano solo i dati negativi, omettendo di sottolineare, ed è veramente tafazziano, che siamo stati i primi a contrastare l’onda e ci siamo riusciti bene”.
Il problema comunicativo, secondo l’infettivologo, riguarda tutti: “Le istituzioni, nazionali e locali, i mass media, e anche purtroppo noi ‘esperti’. La cosa che sconcerta è che tutte le sere si continua a dare un bollettino di guerra, che viene rilanciato in apertura da tutte le testate. Io ho visto cosa fanno in Francia, in Spagna, in Germania… solo noi diamo tutta questa enfasi, e diamo l’impressione all’estero di essere ancora in mezzo al disastro. Quando l’emergenza si stabilizza che senso ha dare un bollettino giornaliero? Si crea solo paura nel pubblico, che in gran parte come sappiamo si limita a leggere i titoli, con il rischio di creare l’effetto ‘al lupo al lupo’ per quando, speriamo di no, si potrà ripresentare un’emergenza vera”.
“Ora basta – ribadisce Bassetti – lo dico anche per la nostra categoria, e contro i nostri interessi: torniamo a parlare d’altro, delle altre malattie, dei problemi e delle qualità, che sono tante, del nostro servizio sanitario. Dobbiamo uscire da questo cul de sac altrimenti ne pagheremo le conseguenze per i prossimi 20 anni“.
Paolo Giorgi Agenzia AGI 11/7/2020
“Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.”
Antonio Gramsci (1891- 1937), filosofo e politico
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