Il 27 ottobre del 1972 viene ucciso a Ragusa con sei colpi di pistola dalla mafia GIOVANNI SPAMPINATO (25 anni),  giornalista.

Spampinato nacque a Ragusa in una famiglia di tradizioni comuniste. Studiò filosofia all’Università di Palermo sviluppando una grande passione per il giornalismo insieme a idee e posizioni di sinistra. Questo fatto gli causò qualche problema, poiché la stampa a Ragusa in quei tempi era schierata su posizioni anticomuniste: nel dopoguerra infatti  Ragusa aveva ricchi giacimenti di petrolio, che attiravano gli interessi di molti per la possibilità di arricchimento, e per questo venne definita “capitale italiana del petrolio”. Ragusa inoltre era vista come una provincia tranquilla senza rapporti con la mafia e per questo era soprannominata “provincia babba“. Ma non era così.

Giovanni Spampinato era di carattere schivo, riservato, impegnato. Nel 1969 cominciò a scrivere per il quotidiano “L’Ora” di Palermo, diventandone il corrispondente da Ragusa. L’Ora era un giornale impegnato in battaglie civili, che diede voce a tutti e che, anche se politicamente schierato a sinistra, non rinunciò mai alla sua autonomia redazionale.

Intanto scriveva anche, dal 1969 al 1972, per “L’Opposizione di Sinistra” e per l’”Unità”. Nonostante questo impegno giornalistico il tesserino di pubblicista venne assegnato a Spampinato dall’Ordine dei Giornalisti solo dopo la sua morte.

Nei suoi articoli cominciò a documentare i rapporti tra le organizzazioni di estrema destra locale e la criminalità organizzata e s’ interessò dei traffici illeciti che avvenivano nel mare vicino a Ragusa, dove si svolgeva non solo un contrabbando di sigarette (i sigarettari erano in genere uomini di estrema destra), ma dove sbarcavano anche navi cariche di armi. Inoltre cominciò ad indagare sul traffico illecito di reperti archeologici.

Giovanni cominciò a capire che in queste attività illecite lucrose non erano coinvolti solo delinquenti ma personalità di spicco della società ragusana e che tutti questi traffici avevano un collegamento con la parte politica della destra. Quindi Ragusa si rivelava tutt’altro che una cittadina tranquilla:  in essa dilagavano il neofascismo ed interessi mafiosi.

Spampinato si interessò fortemente, nella sua attività giornalistica, dei lavoratori e delle loro condizioni: scrisse della crisi dell’agricoltura, e delle condizioni in cui gli uomini erano costretti a lavorare nelle serre. Si interessò della carenza di risorse idriche della provincia di Ragusa. Proponeva analisi economiche, sociali e politiche analizzando la cronaca cittadina. Ed inoltre scrisse di speculazione edilizia locale. Tra il 1970 e il 1971 Giovanni raccolse molte informazioni che rivelavano un intreccio micidiale  tra politica, affari, traffici illeciti e attività eversive, che riguardavano in particolare il triangolo Ragusa – Siracusa – Catania e a cui gli investigatori non avevano posto molta attenzione.

Nel suo impegno di ricerca della verità Spampinato cominciò a fare ricerche sull’omicidio, avvenuto il 26 febbraio 1972, di un commerciante di antiquariato ma anche trafficante di reperti archeologici, l’ingegnere Angelo Tumino, da sempre fascista ed ex consigliere al consiglio comunale del Movimento Sociale Italiano e capì che era un caso che riguardava la collusione tra malaffare e istituzioni:  per questo bisognava indagare negli ambienti frequentati dall’ingegnere, tra borghesia cittadina e il neofascismo. Così Spampinato finì sulle tracce di Roberto Campria, figlio dell’allora presidente del tribunale di Ragusa.

Giovanni Spampinato era stato l’unico giornalista a rivelare che Campria era coinvolto nelle indagini sull’omicidio Tumino; che una pista, quindi, portava dentro il Palazzo di Giustizia; e che, perciò, secondo una logica procedura, l’inchiesta penale doveva essere affidata ai giudici di un’altra città. L’inchiesta invece non fu trasferita e Spampinato fu criticato cominciando ad essere isolato nell’ambiente giornalistico. Ma ormai buona parte della società ragusana che contava non sopportava più l’impegno professionale e morale del giornalista.

La sera del 27 ottobre 1972 Campria attirò Spampinato (facendogli intuire la possibilità di una confessione) in periferia e lo uccise scaricandogli addosso sei colpi di pistola nella sua auto. Subito dopo si costituì dicendo di avere agito in un impeto d’ira perché ingiustamente accusato da Spampinato in diversi articoli. Per l’omicidio di Spampinato  il processo si tenne nel 1975 a Siracusa: Campria fu condannato a 21 anni di prigione. Poi la sentenza fu ridotta a 14 anni dalla Corte d’Appello di Catania, grazie all’attenuante della provocazione e alla seminfermità mentale. Alla fine l’omicida scontò solamente 8 anni, nel manicomio di Barcellona Pozzo di Gotto (ME).

Al funerale di Spampinato ci fu tutta Ragusa in lacrime, ma… un po’ tardi. I resti di Giovanni Spampinato riposano nel cimitero di Ragusa.

Le indagini  e le inchieste di Spampinato, che aveva puntato la sua attenzione proprio sull’omicidio irrisolto di Tumino, si fermarono con la sua uccisione. Per sempre, poichè non sarà mai trovato il colpevole. Campria morì anonimamente, dopo la breve carcerazione, lontano da Ragusa portando nella tomba i suoi terribili segreti.

“Assassinato perché cercava la verità”, fu il titolo di apertura dell’edizione dell’Ora del 28 ottobre 1972. Nel settembre 2007, Giovanni Spampinato è stato insignito dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del premio Saint Vincent per il giornalismo alla memoria.

Alberto Spampinato, fratello di Giovanni e giornalista anche lui, ha spiegato:

La Sicilia orientale era ritenuta immune dal fenomeno mafioso. In una parte della Sicilia la mafia è insediata militarmente, mentre l’altra parte serve da retroterra e deve essere un posto tranquillo; mio fratello aveva intuito che qui si nascondevano i latitanti, si svolgevano gli addestramenti militari di gruppi di estrema destra, che era punto di arrivo di merci di contrabbando.”

 

 

Vedete il nostro video  ” Il dovere della Memoria“: QUI

 

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