Il 10 agosto 1849 muore fucilato da militari austriaci a Porto Tolle (Rovigo) ANGELO BRUNETTI (49 anni, detto Ciceruacchio) carrettiere, Patriota risorgimentale e difensore della Repubblica Romana del 1849.
Brunetti era nato a Roma in una famiglia popolana (il padre era maniscalco) nel Rione Campo Marzio, in via di Ripetta. Il soprannome, secondo alcuni, gli derivava da “Cicero“ con riferimento alla sua eloquenza; secondo altri da un vezzeggiativo fattogli fin dalla primissima infanzia dalle donne del quartiere per la floridezza dell’aspetto (fusione di “Ciccio” con il termine romanesco “rocchio“).
Iniziò giovanissimo a lavorare come carrettiere trasportando vino dai Castelli a Roma e aprì poi un’osteria. Abile e avveduto nel lavoro ben presto riuscì a estendere la sua attività: comprò carretti e cavalli e cominciò a lavorare in proprio raggiungendo una certa agiatezza.
Di carattere brillante e molto socievole era beneamato dal popolo romano anche per il suo comportamento generoso durante l’epidemia di colera del 1837. Grazie alla sua innata capacità dialettica, che non poté mai coltivare con l’istruzione (parlava solo ed unicamente in romanesco), divenne presto un rappresentante informale dei sentimenti popolari.
Nel 1827 sembra fosse stato iscritto alla carboneria. Nel 1831 risulta capo della Fratellanza di Trastevere; due anni dopo sarebbe stato introdotto nella Giovine Italia; nel 1837 venne coinvolto in una congiura da cui uscì senza condanna ma sorvegliato dalla polizia.
Brunetti divenne un personaggio di primo piano sulla scena politica romana dopo l’elezione a papa nel 1846 di Giovanni Maria Mastai Ferretti col nome di Pio IX. Fu il portavoce delle speranze suscitate dal nuovo papa organizzando in suo favore avvenimenti e manifestazioni anche fuori Roma.
Si fece ricamare sulla giacca la scritta “Viva Pio IX” e fu più volte ricevuto in udienza dal papa. Il nome di Ciceruacchio si trova in tutte le cronache e le memorie del tempo. L’entusiasmo durò poco e alle speranze seguì una progressiva disillusione. La svolta avvenne nel 1848 anno di grandi fermenti e di molte rivoluzioni.
Nel marzo del 1848 il re piemontese Carlo Alberto iniziò la prima guerra d’indipendenza e Pio IX inviò i suoi soldati a sostenere l’esercito piemontese contro l’Austria. Pochi giorni dopo cambiè idea e ordinò che le sue truppe si fermassero a Bologna.
E’ l’inizio di un cambiamento di rotta che proseguì con la nomina a settembre di Pellegrino Rossi a capo del governo pontificio. Osteggiato dai conservatori e ancor più dai democratici Rossi venne ucciso a colpi di pugnale in un agguato sulle scale del palazzo della Cancelleria, il 15 novembre 1848. L’esecutore materiale del delitto non venne individuato né allora né dopo ma il principale sospettato rimase Luigi Brunetti, il figlio maggiore di Ciceruacchio, che fuggì da Roma sotto falso nome.
All’omicidio seguì una fase confusa nella quale i democratici guidati da Brunetti chiesero la formazione di un governo più attento alle esigenze popolari. Pio IX non sapendo come uscirne fuggì a Gaeta, nel regno delle Due Sicilie, da dove lanciò un appello alle potenze cattoliche perché gli fosse restituito il potere temporale cui aveva volontariamente rinunciato.
A Roma, dove la popolazione era stata lasciata a se stessa, si costituì una Giunta provvisoria che indisse votazioni per eleggere un’Assemblea Nazionale, primo esempio di elezione a suffragio universale maschile in uno stato italiano. Si formarono numerosi Circoli preparatori del passaggio di Roma a Repubblica e Brunetti svolse un ruolo fondamentale di collegamento con la parte più semplice e popolare dei cittadini romani attraverso la sua innata capacità oratoria.
Durante l’esperienza repubblicana del 1849 Brunetti, anche se membro del Comitato dei Circoli italiani, non fu più personaggio di primo piano; ricomparve alla testa del popolo durante l’assalto militare francese del maggio-giugno 1849 con la funzione di commissario alle barricate per la difesa interna cui si aggiunse quella del rifornimento dei viveri alla città assediata. In questo momento la personalità che sembrò esercitare maggiore ascendente su di lui, come sui figli Luigi ( ritornato a Roma) e Lorenzo, fu Garibaldi.
Il 1° luglio 1849 finiva la Repubblica Romana. Il giorno dopo Garibaldi usciva dalla città per raggiungere Venezia che ribellatasi agli austriaci il 17 marzo 1848 ancora resisteva. A seguirlo oltre alla moglie ANITA, incinta di cinque mesi, c’erano anche Angelo Brunetti e i suoi due figli Luigi e Lorenzo di appena 13 anni e tanti altri. Per motivi di sicurezza i tre viaggiavano sotto falso nome.
Dopo un estenuante viaggio in 250 giunsero a Cesenatico (Forlì) il 1° agosto. Il giorno dopo riuscirono a impossessarsi di 13 imbarcazioni di pescatori e con quelle cercarono di arrivare a Venezia via mare, ma vennero avvistati da alcune navi austriache che affondarono o catturarono otto barche. Le altre ritornarono a terra dove i superstiti preso atto dell’impossibilità di raggiungere Venezia, che si arrenderà il 22 agosto del 1849, si dispersero in piccoli gruppi. Garibaldi restò accanto alla moglie Anita che morirà il 4 agosto.
I tre Brunetti con altri cinque compagni girarono per alcuni giorni nella zona del delta del Po fino a quando, la notte del 10 agosto, vennero sorpresi in un’osteria di Ca’ Farsetti (Rovigo) da un reparto dell’esercito austriaco formato da croati. La cattura, probabilmente favorita da una delazione, avvenne nel territorio del comune di S. Nicolò (Rovigo) che nel 1876 assumerà l’attuale nome di Porto Tolle.
Il comandante del reparto militare, Luca Rokavina, dopo brevi interrogatori ordinò l’immediata fucilazione di tutto il gruppo senza alcun processo. Condotti sulla riva destra del Po in attesa di essere giustiziati Ciceruacchio domandò che almeno la vita del figlio minore Lorenzo potesse esser risparmiata. Rokavina finse di acconsentire ed invece ordinò di sparare per primo proprio al povero ragazzo tredicenne che accasciatosi a terra a causa dei colpi ricevuti venne spietatamente finito dai calci dei fucili dei soldati croati. Vennero poi uccisi anche gli altri ed ivi seppelliti.
Perirono in questo eccidio i tre Brunetti ed altri cinque compagni: il prete STEFANO RAMORINO ed il capitano LORENZO PARODI genovesi, FRANCESCO LAUDADIO di Narni, GAETANO FRATERNALI e PAOLO BACIGALUPI entrambi romani e tutti difensori della Repubblica Romana del 1849.
Le spoglie dei Patrioti furono divise tra i soldati e vendute ai popolani e poi per identificare a chi appartenessero i resti vi furono inizialmente difficoltà poichè durante gli interrogatori gli otto compagni avevano dichiarato cognomi falsi. Questa temporanea incertezza sui loro nomi fece sì che personaggi ignobili speculassero sull’episodio col sordido scopo di estorcere denaro alla povera vedova di Ciceruacchio promettendole incontri con il marito e gli sventurati figli.
Nel 1866 per deliberazione del Consiglio comunale di S. Nicolò i resti dei Patrioti vennero composti in unica cassa e depositati nella chiesa di Cà Venier (Rovigo) dove rimasero fino al 1879 quando, per desiderio espresso di Garibaldi, furono traslati nell’Ossario del Gianicolo dedicato ai caduti nella difesa di Roma nel 1849, Ossario ricostruito nel 1941.
Già nel 1871 dopo l’unione di Roma all’Italia la capitale aveva ricordato Brunetti con un busto sulla facciata della sua casa in via di Ripetta. Nel 1907 centenario della nascita di Garibaldi fu inaugurato un monumento finanziato con una sottoscrizione popolare che ricostruisce il momento della fucilazione di Angelo e del figlio Lorenzo. Quest’opera ora è collocata al Gianicolo.
Ciceruacchio rappresentò per forza, carattere e per l’attiva partecipazione alla vita politica della sua città una pietra miliare per la Repubblica Romana e mai si risparmiò pur di riuscire a recare il suo aiuto ai difensori ed al popolo durante la travagliata resistenza della Repubblica.
Nella Memoria di CICERUACCHIO vogliamo riassumere la Memoria di tutti i CADUTI per la difesa della Repubblica Romana del 1849.
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20 febbraio 2011. Una strada di eroi.
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