Il 28 giugno 1946 muore ucciso da Cosa Nostra a colpi di lupara  a Naro (AG) PINO CAMILLERI (27 anni) studente, politico e sindaco socialista.

Camilleri, nonostante la sua giovane età, era già riconosciuto come capo contadino in una vasta zona a cavallo tra le province di Caltanissetta e Agrigento e fu colpito con colpi di lupara mentre cavalcava da Riesi (Caltanissetta) verso il feudo Deliella di cui i contadini chiedevano l’assegnazione nonostante le intimidazioni e le minacce da parte dei gabelloti mafiosi.

Camilleri ( di estrazione contadina) era un esponente del partito socialista e già da giovane universitario, ormai prossimo alla laurea in giurisprudenza, aveva abbracciato la causa di quel movimento sindacale e politico che a Naro aveva mosso i primi passi con i movimenti dei Fasci Siciliani di fine ’800 e le numerose cooperative e casse rurali. Era sorta una rete di solidarismo sociale che improvvisamente si eclissò negli anni del fascismo per riapparire con la ripresa dopo la Liberazione. La giovane età non impedì a Camilleri di prendere parte in prima persona alla protesta contro la politica economica siciliana del latifondismo e dello sfruttamento dei contadini.

Pino Camilleri si distinse per la salda preparazione e per le sue coraggiose battaglie e il suo partito lo portò a conquistare la poltrona di sindaco nelle prime elezioni amministrative del dopoguerra. Il 25 agosto del 1945, su richiesta del Comitato di Liberazione di Naro, Camilleri ebbe trasformato l’incarico di sindaco in quello di commissario prefettizio: era divenuto cioè un vero “Capo popolo” e molto probabilmente sarebbe stato candidato alle elezioni politiche per l’Assemblea Costituente del 1946.

Come sindaco ed esponente socialista nel suo paese d’origine cominciò una lunga campagna tra le zone di Caltanissetta e Agrigento a fianco dei braccianti per interrompere definitivamente la pericolosa convergenza di interessi tra i vertici mafiosi e i grandi proprietari terrieri.

tomba di Pino Camilleri, cimitero di Naro

In questo frangente però accadde anche che suo fratello Calogero ottenesse in affitto un feudo a Naro. Alla sua porta bussarono alcuni braccianti mandati direttamente da una famiglia mafiosa con l’intento di essere assunti forzosamente nel feudo. Calogero Camilleri respinse quelle imposizioni e le minacce che ne erano seguite. Entrò inevitabilmente in contrasto con la mafia locale e anche il sindaco divenne un bersaglio: la mafia non voleva smettere la pratica lucrosa del latifondismo che le consentiva di accumulare sempre più terreni a scapito dei lavoratori e decise di sistemare la questione.

Dopo la morte del sindaco le indagini seguirono sia la pista della vendetta trasversale che quella del delitto politico. In entrambi i casi comunque era certo che i mandanti fossero stati i capi mafia delle cosche locali ma non si giunse a nessuna condanna. I resti di Pino Camilleri riposano nel cimitero di Naro.


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