Il 12 dicembre 1944 muore a Lizzano in Belvedere (BO) ucciso in combattimento contro i tedeschi ANTONIO GIURIOLO ( 32 anni, nome di combattimento  Capitan Toni) insegnante, alpino, Azionista, Antifascista e Partigiano.

Giuriolo nacque ad Arzignano (VI) nella famiglia di un avvocato socialista e si trasferì molto presto a Bologna, poi a Vicenza e nel 1930 sì iscrisse alla facoltà di lettere di Padova dove si laureò nel 1935 e in seguito si affermò come brillante insegnante di lettere e di valido critico letterario. Intanto aveva svolto anche il servizio militare ed era entrato in contatto con NORBERTO BOBBIO (1909- 2004). Divenne uno dei dirigenti del movimento di Giustizia e Libertà nel Veneto e nell’estate del 1942 sarà tra i fondatori del Partito d’Azione, alternando l’attività politica clandestina agli studi umanistici nei quali era particolarmente versato.

Giuriolo, dopo essere stato richiamato alle armi tra il ‘35 e il ’36, rifiutò la tessera del partito nazionale fascista e fu costretto a vivere di insegnamento precario. A Perugia incontrò nel 1939 ALDO CAPITINI (1899- 1968) condividendo gli ideali della non violenza, non menzogna e non collaborazione. Il 3 aprile dello stesso anno  venne richiamato in un reggimento di Alpini. Venne poi congedato e richiamato nel 1943  con il grado di capitano presso un reggimento di Alpini nel bellunese.

Dopo l’ 8 settembre 1943 fu uno dei primi organizzatori della Resistenza in Veneto, entrando nelle Brigate Giustizia e Libertà. Il 12 settembre 1943 – quattro giorni dopo l’armistizio – scrisse su “Giustizia e libertà”, il foglio clandestino del PdA veneto:

“La guerra è finita contro le potenze anglo-sassoni, ma in Italia ci sono ancora i tedeschi. Questi barbari odiatissimi hanno ormai chiara la consapevolezza della loro inevitabile sconfitta; ma vorrebbero associare anche noi alla loro folle corsa verso la rovina e l’annientamento” [...] “Oggi più che mai la nostra coscienza di uomini e di italiani ci impone un preciso e sacro dovere; i nostri nemici mortali, i fascisti e i tedeschi, hanno gettato la loro maschera: occorre ora colpirli, decisamente, per la nostra salvezza presente e futura”.

Pochi giorni dopo si recò in Friuli, nella valle del Natisone, poi si spostò nel bellunese dove combattè in una formazione GL sino a maggio. Nel 1944 venne curato a Bologna per una ferita alla mano che rischiava la cancrena e dopo essere guarito non rientrò nel vicentino ma accettò di riorganizzare e comandare una formazione partigiana, la locale Brigata Matteotti  ”Montagna“, nell’alta valle del Reno, vicino Bologna.

Il rapporto di vera e propria comunione che si era formato tra lui e i suoi uomini in Veneto, si ricreò automaticamente a Bologna. In breve tempo divenne uno dei più capaci e stimati comandanti partigiani dell’Appennino tosco-emiliano. Guidò i suoi uomini non con l’autorità del grado, che non fece pesare, ma con l’esempio, dopo avere ricercato e sollecitato il massimo di collaborazione e di partecipazione, ogni volta che doveva prendere una decisione. Lo scrittore Luigi Meneghello (1922- 2007) – che fu suo giovane partigiano in Veneto – ha scritto:

“Senza di lui non avevamo veramente senso, eravamo solo un gruppo di studenti alla macchia, scrupolosi e malcontenti; con lui diventammo tutta un’altra cosa. Per quest’uomo passava la sola tradizione alla quale si poteva senza arrossire dare il nome di italiana; Antonio era “un italiano” in un senso in cui nessun altro nostro conoscente lo era; stando vicini a lui ci sentivamo entrare anche noi in questa tradizione”.

Sotto il suo comando la Brigata operò intensamente in tutto il settore con veri e propri combattimenti contro le truppe tedesche sull’Appennnino compreso fra Bologna, Pistoia e Modena. Tra il settembre e l’ottobre del 1944 contribuì alla liberazione di vari paesi intorno a Bologna.

Mentre tentava di recuperare i cadaveri dei suoi compagni deceduti il 12 dicembre 1944 presso Corona di Lizzano (BO), dopo essere riuscito ad occupare la piazzaforte nazifascista, cadde falciato da una raffica di mitraglia assieme a PIETRO GAGLIANI e NINO VENTURI mentre teneva da solo testa ad un contrattacco nemico, nel nobile intento di proteggere la ritirata dei compagni. Nella notte nevicò e i corpi dei partigiani caduti poterono essere ricuperati solo nella primavera, quando i compagni della brigata Matteotti occuparono definitivamente la zona: la salma di Giuriolo sarà trovata tra la neve con una bomba fissatagli sulla gamba dai soldati tedeschi.  I resti di Capitan Toni riposano nel cimitero di Arzignano.

Lapide in memoria di Antonio Giuriolo, Biblioteca Bertoliana di Vicenza

Nel 1997 l’attore Marco Paolini interpretò Antonio Giuriolo nel film I piccoli maestri di Daniele Lucchetti, tratto dal libro omonimo autobiografico di Luigi Meneghello (pubblicato nel 1964) dove è raccontata in prima persona l’esperienza formativa e di educazione all’impegno e alla lotta resistenziale ( nelle Brigate Giustizia e Libertà sotto la guida di Giuriolo) di giovani studenti universitari sull’Altipiano dei Sette Comuni (Alpi vicentine). Questo libro si inserisce tra le più importanti testimonianze della lotta partigiana in Italia, insieme a Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio (1968) e al relativo e omonimo film di Guido Chiesa (2000).

 

 

Vedete il nostro video  ” Il dovere della Memoria“: QUI

 


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