Perchè vogliamo onorare quei “ragazzi” del 1849, che donarono la loro vita per la libertà e il progresso dei popoli. Perchè vogliamo, con una celebrazione laica,  fare memoria senza retorica dei valori  più alti del nostro Risorgimento,  le cui radici ideali e costituzionali trovarono terreno fertile nella breve vita della Repubblica Romana e che, purtroppo, saranno in gran parte traditi successivamente. Perchè vogliamo capire la ragione che spinse uomini e donne dai 10/11 anni ai 60 a combattere contro l’Esercito Francese, il più potente del tempo e contro altri tre eserciti, una battaglia senza speranza. Perchè volevano, anche attraverso “una gloriosa sconfitta”, lasciare un’eredità alle generazioni future. Si, capire per crescere in una consapevolezza che ci permetta di uscire tutti noi da indifferenza, pigrizia o rassegnazione e scegliere di essere e fare qualcosa per la triste Italia di oggi. Farlo con continuità e sacrificio personale come quei “ragazzi” del 1849 insegnano.Abbiamo proposto un cammino di ricerca sulla Repubblica Romana, quest’anno, proprio per questi motivi. Per capire, fare nostro quel tesoro d’idealità, speranze e dono di sè. La risposta, anche di chi segue la nostra attività, è stata tristemente insufficiente per le ragioni che abbiamo già spiegato nel diario del 4 aprile 2011 e che v’invitiamo a rileggere. Una ragione in più per capire che se l’Italia è ridotta com’è in senso economico, politico, morale non è solo a causa di una classe politica indegna. Troppi uomini/donne “medi” chiusi nella loro banalità non aiutano  gli sforzi, che ci sono, di far crescere qualcosa di nuovo.

Ecco, nelle immagini, le tappe del percorso che abbiamo fatto ( come nasce, come vive, come si difende una Repubblica). E che dovremo fare ancora. Perchè la Repubblica Romana possa vivere oggi nella memoria e nei gesti di chi l’accoglie nella sua vita.

Ascanio Celestini il 1 maggio del 2011 a piazza San Giovanni, durante il Concerto, ci ha donato una straordinaria riflessione sulla Repubblica Romana e su colui che ne fu l’anima e la guida, Giuseppe Mazzini. Crediamo che risentire le sue parole possa essere un ottima introduzione alla Fiaccolata di Giovedì 16 giugno 2011.
Al termine della pagina trovate il prezioso elenco dei nomi di quei “Ragazzi” che caddero in difesa della Repubblica Romana. 41 di questi nomi li pronunceremo, con affetto e gratitudine, durante la Fiaccolata.
Che questi nomi ci siano compagni di strada…

 

 

LETTERA A GIUSEPPE MAZZINI.

di  Ascanio Celestini

 

Caro Giuseppe Mazzini,

quest’anno è il 150° dell’Unità d’Italia, ma visto che per l’annessione del Veneto si aspetta fino al 1866, che Roma entra a far parte dello stato nel ’70, che per Trento e Trieste si attende fino alla prima guerra mondiale e l’Istria si perde dopo la seconda, quest’anno l’Italia compie contemporaneamente 150, 145, 141, 93 e 66 anni. Ma con voi, caro Mazzini, vorrei ripercorrere una delle storie più belle del Risorgimento: la vicenda della Repubblica Romana del 1849. Nel 1848 ci sono insurrezioni in Sicilia, a Milano, in Toscana, a Venezia e Genova e a Parigi il re si traveste, scappa a Londra e in Francia nasce la Seconda Repubblica. Un giorno di fine marzo a Roma i manifestanti chiedono all’ambasciatore austriaco di togliere le insegne imperiali, lui si rifiuta, la folla le stacca lo stesso, le lega alla coda di un somaro, le trascina per via del corso e le brucia a piazza del Popolo. Gli austriaci minacciano lo scisma.

Giovanni Mastai Ferretti in arte Pio IX, il papa, mette a capo del governo uno che si chiama Pellegrino Rossi. Uno convinto che il popolo è ingestibile e pericoloso, e Pellegrino Rossi si becca subito una coltellata. E’ vero, caro Mazzini, che appena si viene a sapere che l’hanno ammazzato, a Roma si festeggiò? Pio IX monta in carrozza e scappa a Gaeta da Ferdinando II, detto re bomba perché bombardò il proprio popolo. A Roma arrivano dei pericolosissimi terroristi ricercati, condannati a morte, scappati dalle galere protagonisti di decenni di lotta armata che chiamiamo risorgimento: sono Felice Orsini, Carlo Pisacane, Goffredo Mameli, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini, eccetera eccetera.

E il 21 gennaio 1849 si vota: -a suffragio universale maschile -ovvero tutti i cittadini maschi di anni 21 -con scrutinio segreto. Giovanni Mastai Ferretti scomunica tutti: -scomunica quelli che organizzano le elezioni -ma pure quelli che votano -dichiara che a Roma c’è l’anarchia. Ma il 9 febbraio si proclama la Repubblica. A Roma vivevano meno di 200mila cittadini e con 6mila ecclesiastici. C’era una tonaca ogni 30 abitanti: un prete ogni 30 persone!! Vive’ a Roma era come annà a scola dai preti! Ci stavano quasi 300 chiese.

Mazzini, in una di quelle 300 chiese ci entrò Enrico Cernuschi che aveva fatto le 5 giornate di Milano. disse “il papa è il peggior tedesco del mondo… i tedeschi li manderemo via.. ma se torna il papa non lo manda via nessuno”. e Giovanni Mastai Ferretti, Pio IX, scappato a Gaeta ci vuole tornare a Roma e così chiede ufficialmente l’intervento di Austria, Napoli, Francia e Spagna. E chi corse a Roma per combattere la Repubblica, cacciare i repubblicani e riconsegnarla al papa? I repubblicani della Repubblica Francese. E chi se l’aspettava che proprio la Repubblica Francese veniva a combattere contro la Repubblica Romana?

Ma cittadini, intanto dal 9 febbraio al 3 luglio del 1849, mentre la città si difende dai francesi, l’Assemblea scrive la Costituzione Repubblicana e così prima di lasciare la città a Roma: -si leva la tassa sul pane -si aboliscono i dazi in tutto lo stato -e si obbliga a vaccinare contro il vaiolo; si vota: -la laicità dello stato e della scuola -e l’istituzione del ministero della pubblica istruzione  -si tassano i ricchi e nazionalizzano i beni del clero -e si istituisce il matrimonio civile -e la bandiera è tricolore e in mezzo c’è scritto “Dio e Popolo” senza preti di mezzo. Nello stato ci devono essere 3 poteri indipendenti: -assemblea elettiva -consolato eletto dall’assemblea -ordine giudiziario. Roma è una Repubblica -a sovranità popolare -dove non valgono titoli nobiliari, né privilegi per nascita -il lavoro è un diritto -c’è libertà di culto e nessuna religione di stato -è abolita la carcerazione per debiti -è abolito il sant’Uffizio che aveva processato Campanella, Giordano Bruno e Galileo -è abolita la censura -e la pena di morte. Il 3 luglio: si approva la Costituzione. Il 4 luglio: i francesi stanno in città -mettono il coprifuoco -chiudono circoli e giornali.  Quando Pio IX torna a Roma -richiude gli ebrei nel ghetto -rimette la censura -i tribunali ecclesiastici, l’inquisizione, la tortura e la ghigliottina -in 3 anni processa più di 3000 persone.

E cosa faceste voi, caro Mazzini, dopo la fine della Repubblica Romana? Tentaste e appoggiaste nuove insurrezioni a Mantova nel 1852, a Milano nel 1853, in Cilento nel 1857 e in quell’anno foste condannato a morte per la seconda volta. Poi nel 1860 Cavour e i Savoia vi cacciano da Napoli dove avevate raggiunto Garibaldi che, visto che stava regalando il Meridione a quella combriccola di monarchi, era ancora un eroe. Ma quando appoggiate Garibaldi, che cerca di prendere Roma contro il parere dei Savoia, venite entrambi condannati come terroristi dallo stato italiano. E l’ultima insurrezione la tentate in Sicilia, ma gli italiani vi arrestano e così, mentre i bersaglieri italiani entrano a Roma,  il governo italiano vi tiene in galera a Gaeta.  Siete morto in clandestinità nel 1872 quando l’Italia esiste ormai da 11 anni e per lo stato italiano siete un terrorista come Bin Laden. Questa Italia, che è stata un regime monarchico e poi un regime fascista, finalmente nel 1946 diventa una Repubblica e la Costituzione repubblicana che voi, caro Mazzini, scriveste a Roma venne finalmente applicata, ma con 100 anni di ritardo.

Caro Mazzini, ma se oggi nel 150° dell’Unità e 162° dopo la Repubblica Romana di nuovo  qualcuno volesse rimaneggiare la vostra bella costituzione e farsi nuovamente sovrano, allora, dovreste scriverla voi una bella lettera, caro Mazzini.

Io, Giuseppe Mazzini, chiedo al presidente della repubblica in carica e ai presidenti emeriti, ai presidenti del consiglio, della camera e del senato, ai signori ministri e al parlamento intero, nonché ai presidenti di regione e provincia, ai sindaci, agli assessori e ai consiglieri, alle autorità tutte, papa compreso, insomma chiedo al popolo italiano di cancellare il mio nome dalle piazze, dalle strade, dai viali, dalle scuole e dalle caserme e chiedo inoltre di abbattere i monumenti a me dedicati, staccare targhe e lapidi col mio nome poiché rinuncio alla paternità di questo paese che non rassomiglia né alla mirabile patria per cui lottammo, né tantomeno all’Italia che sarebbe dovuta diventare oggi a distanza di un secolo e mezzo di progresso.

firmato

Giuseppe Mazzini

 

“E a Roma a Roma

ci sta un papa

che di soprannome

si chiama Pio Nono

lo butteremo giù dal trono

dei papa in Roma

non ne vogliamo più

Lo butteremo giù dal trono

dei papi in Roma

non ne vogliamo più”

 

 

 


Elenco dei caduti della Repubblica Romana del 1849

 


.

Le Associazioni “Garibaldini per l’Italia” e  “Gruppo Laico di Ricercahanno organizzato per il 16 GIUGNO 2011, CON INIZIO ALLE ORE 19,30, una Fiaccolata a Roma, sul Gianicolo, per celebrare il 162° anniversario della difesa della Repubblica Romana del 1849. La manifestazione, sulla scia delle precedenti svolte negli anni 2009 e 2010, assume particolare importanza  nell’anno dedicato  alle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia. La manifestazione è patrocinata dal Comune di Roma, Municipi I e XVI , con il sostegno del Municipio Roma XVI, ed ha ricevuto la concessione del logo ufficiale delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

 

 

 

 

vedi:

16 giugno 2011. L’eredità del Gianicolo

FIACCOLATA AL GIANICOLO

4 aprile 2011. CONSIDERAZIONI. Il senso di un' associazione

6 marzo 2011. Una Repubblica e l’Italia in un albergo.

6-13 febbraio 2011. Una settimana repubblicana.

12 gennaio 2011. La Repubblica in un teatro

Repubblica Romana: l’occasione sprecata per una nuova Italia

La Repubblica Romana del 1849  :  161 anni dopo

IL DOVERE DELLA MEMORIA IN UN PAESE SENZA MEMORIA

 

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