Oggi, 2 giugno, potrà essere ricordato come la data che segna l’inizio di una rinascita morale e civile della nostra Repubblica. Repubblica, lo ricordo a chi l’ha dimenticato o a chi non lo ha mai capito, non vuol dire soltanto che la sovranità appartiene al popolo e non ad un re, ma anche governo della legge, virtù civile, disprezzo per le corti, intransigenza nella difesa della libertà comune, amore per la propria città. Il voto dei cittadini italiani ha testimoniato, in realtà fra loro assai diverse come Milano e Napoli o Trieste e Cagliari, adesione a questi principi. Sia Pisapia che De Magistris sono stati fin dall’inizio fermi sostenitori dell’idea che le leggi devono valere per tutti e che la Costituzione, legge fondamentale dello Stato, deve essere rispettata soprattutto da chi governa e da chi ha il potere legislativo. A dare esempio di virtù civile ci hanno pensato i cittadini in forme e modi tali da sorprendere tutti coloro che pensavano (e probabilmente continueranno a pensare) che gli Italiani sono, per varie ragioni, incapaci di forti passioni civili.

I cittadini che si sono impegnati per fare vincere candidati che non avevano alle spalle consolidati apparati di partito lo hanno fatto per passione, per quell’amore del bene comune che è il segno distintivo di un vero cittadino. Queste esigenze sono state valorizzate, finalmente, da leaders che hanno capito che la politica, soprattutto quella che mira all’emancipazione dal dominio di uomini potenti, non può essere soltanto razionalità, calcolo e competenza ma deve essere anche matura passione, spirito critico e sdegno in una cornice di sobrietà e serietà.

L’ASPETTO CHE PIÙ DI OGNI ALTRO EMERGE da queste elezioni amministrative (dalle primarie fino ad oggi) è che i cittadini hanno saputo identificare le corti grandi e piccole e le hanno respinte. Infine, hanno vinto i candidati che per la loro biografia e per il loro linguaggio sono sempre stati avversari intransigenti di Silvio Berlusconi a tal segno che bisogna riconoscere che se il primo grande sconfitto è il presidente del consiglio, i secondi sono gli alfieri di un’opposizione accomodante, tenue, grigia. Negli interventi dei candidati che hanno vinto le elezioni tema ricorrente è stato l’impegno per ridare alle città dignità e bellezza, sottrarle alla ferocia devastatrice della speculazione che mira esclusivamente ai grandi profitti e farne luoghi di accoglienza, d’incontro e di memoria. Soltanto in una città armoniosa si può costruire la cittadinanza piena. Nella sua storia, la Repubblica ha vissuto esperienze importanti di riscatto civile: le lotte dei lavoratori, i movimenti per la conquista dei diritti civili, la difesa della Costituzione contro il terrorismo, ma mai in passato era emerso così netto uno spirito repubblicano. Le lotte dei decenni passati erano sostenute da forti ideologie e forti partiti e sindacati. Il movimento attuale è invece, in gran parte, il frutto di un’emancipazione delle coscienze individuali che diventa movimento di emancipazione collettiva di cui abbiamo osservato la prima scintilla nel referendum contro la riforma costituzionale vinto nonostante l’opposizione della maggioranza berlusconiana e la freddezza di quasi tutti i partiti di sinistra.

La ragione principale è facile da intendere: mai l’Italia aveva subito un attacco così pericoloso contro i fondamenti della vita repubblicana come quello di Silvio Berlusconi e dei suoi. Lo scontro politico dal 1994 ad oggi non è stato fra diverse ideologie e diversi partiti leali ai valori repubblicani, ma una lotta mortale fra la Repubblica ed un signore. Pare proprio che i cittadini lo abbiano capito e abbiano reagito. A questo punto è evidente anche la lezione per il futuro. Per completare l’opera, e soprattutto per evitare che il patrimonio di energie morali e civili che queste elezioni hanno messo in moto si disperdano, è necessario rafforzare ulteriormente lo spirito repubblicano e non cedere alla tentazione del moderatismo. La politica dei compromessi e degli accomodamenti è valida con avversari leali, civili e dignitosi. Con chi insidia e corrode le istituzioni repubblicane l’unico modo per vincere è essere intransigenti.

Maurizio Viroli        il Fatto Quotidiano  2 giugno 2011

 

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