Signor Presidente della Repubblica,

già apprezzati costituzionalisti si sono rivolti alla Sua funzione e alla Sua sensibilità istituzionale denunciando le inaderenze  per cui si segnalano in questo periodo di crisi l’azione del governo e l’attività di molti uffici delle amministrazioni pubbliche.

Quell’azione e quelle attività, come Lei non può ignorare, si stanno sviluppando in una lunga teoria di violazioni e incompatibilità ordinamentali. E si confida che Lei saprà far buon governo delle preoccupate segnalazioni in proposito destinate alla Sua attenzione. Ma in questo quadro di generale disgregazione imperversa anche di peggio, e si discute di fatti che non meno delle formalità protocollari dovrebbero richiamare il Suo criterio.

Noialtri siamo di grana grossa e di scarsa dottrina, Signor Presidente, e perdonerà dunque se andiamo al sodo di altre emergenze: non per altro, ma perché il Paese sembra assistervi inconsapevole o – e non si sa cosa sia peggio – in ammutolita acquiescenza.

Ci limitiamo alla citazione di qualche caso esemplare, perché ne gemmano quotidianamente e dappertutto. Succede, per esempio, che un ministro della Repubblica, l’On. Luigi Di Maio, minacci ritorsioni se i cittadini non staranno in riga («più qualcuno sarà irresponsabile», ha scritto, «più metteremo altre norme ferree e stringenti»).

Questo personaggio, che per due volte ha giurato davanti a Lei. non sa che in un sistema di democrazia parlamentare le cose funzionano diversamente. Non sa che le norme si propongono e si approvano lungo un corso stabilito, affidato al controllo delle assemblee legislative e al giudizio dell’opinione pubblica; non all’autonomo capriccio repressivo di un capo-dicastero che si comporta come lo sgherro di una “junta”.

Quest’ignoranza – ed e un altro bell’esempio del disordine in atto – comanda anche il contegno del presidente del Consiglio, il quale è impassibile davanti agli spropositi di quel disinvolto e pericoloso ragazzetto e li lascia correre come se nulla fosse. Si occupa piuttosto di programmare “teleconferenze” per decidere se bisogna togliere potere agli amministratori regionali disallineati, e sgoverna tramite Facebook con annunci autocelebrativi che mentre investono irresponsabilmente un’opinione pubblica sequestrata riducono a campi esausti i luoghi della rappresentanza popolare. In qualsiasi regime democratico e di diritto, a fatica potrebbero essere sopportate simili indecenze. istituzionali: ma che andasse incensurata la sfrontatezza di quelli che vi si abbandonano, questo no. questo non sarebbe tollerato.

Che altro deve succedere e quanto ancora bisogna attendere, allora, affinché questo impazzimento, questa aberrazione senza limiti della linea esecutiva incontrino il monito di chi rappresenta l’unità nazionale?

Un intervento sarebbe tanto più urgente e necessario perché queste forzature (chiamiamole così) si registrano durante la più vasta e spettacolare opera di sacrifìcio dei diritti fondamentali dei cittadini da che esiste la Repubblica, un sacrificio che tuttavia non si realizza neppure tramite netti e più o meno discutibili provvedimenti esposti allo scrutinio parlamentare, ma nel selvaggio aggrovigliarsi di comandi disparati e contraddittorii. e nell’affidamento della vita delle persone a un circuito di potere reso sostanzialmente autoreferenziale.

E tutto questo, si noti, presidiato dal dispositivo militare e con la comminazione del castigo penale in caso di inottemperanza a quel complesso di gravissimi divieti e limitazioni.

Le pubbliche inefficienze si assolvono così nell’irresponsabilità di un potere che si costituisce in una centrale di incriminazione dei comportamenti individuali “irresponsabili”, con le inadeguatezze di governo impegnate a tenere inquadrati i cittadini a suon di promesse intimidatorie e rimedi vendicativi.

E non basta: perché si perviene sino all’ingiunzione che i sudditi sappiano trarre buon insegnamento dal regime di privazione cui la saggezza del governo li ha sottoposti (è dell’altra sera la conferenza stampa durante la quale il presidente del Consiglio ha illustrato al Paese che i provvedimenti adottati aiuteranno a far assumere ai cittadini un miglior criterio di vita).

Ce n’è abbastanza. Signor Presidente, per far sapere alla Nazione che tanta parte dei diritti comuni può essere forse, momentaneamente, accantonata per il prevalere di esigenze eccezionali. Ma occorrerebbe simultaneamente far sapere che in questo modo non si può e non si deve.

Farlo sapere a chi governa il Paese e al Parlamento che dovrebbe avere conto della sua azione. E farlo sapere con gli strumenti che la Costituzione assegna al capo dello Stato, cioè i messaggi alle Camere. Non farlo significa abbandonare le istituzioni alla devastazione dell’incertezza. Significa – ed è anche più grave – unire i cittadini nella sensazione che la loro libertà possa essere sacrificata al diritto disordinato della forza anziché alla forza ordinata del diritto.

luri Maria Prado, avvocato           Il Riformista 26/3/2020

 

 

Attenzione all’uso dei soldati. Adesso i blindati non sono necessari

Il 31 gennaio il governo ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria. Poi il decreto-legge del 23 febbraio ha stabilito che i provvedimenti di attuazione delle misure di contenimento del virus siano prese con decreti del presidente del Consiglio. I decreti si sono susseguiti quasi giornalmente, insieme a ordinanze e circolari di varie altre autorità nazionali e regionali. Difficile raccapezzarcisi. La criticabile qualità della normativa che raggiunge cittadini, uffici, imprese rappresenta un grave problema.

Poiché una legge non comprensibile e non prevedibile nella sua applicazione non merita il nome di legge, anche se formalmente è il prodotto di corrette procedure

Piazza Tienanmen, Pechino, 5 giugno 1989

Diversi diritti e libertà costituzionali sono stati limitati: libertà di circolazione e libertà personale, privacy, diritto all’istruzione, libertà di impresa economica, ecc. La Costituzione, espressione del carattere liberale e garantista della nostra Repubblica, ammette simili limitazioni, ma pone condizioni. La restrizione di diritti costituzionali può avvenire solo per legge

Nell’urgenza sono giustificati i decreti-legge approvati dal governo, per poi essere convertiti in legge dal Parlamento. Viene così contemperata la necessità di provvedere d’urgenza con la garanzia che rappresenta l’intervento del Parlamento. Gravi difficoltà logistiche e di sicurezza rendono difficile il lavoro delle Assemblee parlamentari. Tuttavia, nell’attuale contingenza l’assenza del Parlamento è un dato di fatto.

Su questo giornale il 10 febbraio, avvertendo dell’imminenza dell’esplosione dell’epidemia, aprivo le mie considerazioni richiamando il dovere di guardare con rispetto chi è chiamato a decidere e decide. Però non bisogna abdicare al dovere, che è proprio anche della libera stampa, di segnalare problemi e pericoli.

Gli ordinamenti giuridici e politici vivono anche dei precedenti che si creano nella vita delle istituzioni. E precedenti negativi possono, in condizioni diverse, dar luogo a lesioni intollerabili di principi e valori.

Il ricorso alle Forze Armate in funzione di ordine pubblico per l’attuazione delle disposizioni del governo, ad esempio, porta con sé un carattere evocativo di altri e drammatici momenti. La radicale differenza del contesto attuale non toglie che sia almeno da richiedere la maggior saggezza e discrezione nel modo di operare dei soldati. Non sono necessari i blindati per fare un posto di blocco. Adesso non c’è ragione di allarmarsi, ma è utile la vigilanza. Più per il futuro che per l’oggi.

Le limitazioni ai diritti e libertà costituzionali sono permesse solo per il raggiungimento di obiettivi legittimi rispetto ai quali siano necessarie, proporzionate e limitate al tempo stretto in cui la necessità si manifesta.

I diritti costituzionali sono spesso in contraddizione o conflitto tra di loro. La maggior tutela dell’uno finisce per andare a scapito di un altro. Su chi deve decidere pesa l’onere di difficili valutazioni, in un’area che può anche esser ampia, ma non è mai senza limiti.

Vladimiro Zagrebelsky        La Stampa  25/ 3/ 2020


 

“Per l’esecutivo il vantaggio di una emergenza permanente è che anche le cose banali possono essere realizzate come se appartenessero a una situazione di emergenza. Se tutto è una situazione di emergenza, tutto il potere è potere di emergenza.”

Garry Wilss (1934), giornalista e storico americano

 

 

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