Ritorna dopo undici anni “Patrie smarrite – Racconto di un italiano” di Corrado Stajano, riproposto dal Saggiatore. Si legge d’un fiato, si legge sentendo che ogni parola è una trivella impegnata a cercare in profondità il carattere di un popolo che non sia solo quell’amalgama di opportunismo, servilismo, immobilismo, familismo con cui la maggioranza è traghettata dal fascismo alla Repubblica. Cambiando soltanto il colore della casacca.

Rimettere ordine alle cose di famiglia, tra Noto e Cremona, è per lo scrittore-giornalista un modo per tentare di fare altrettanto con la storia del Paese. Il 25 luglio, l’8 settembre, lo sbarco in Sicilia degli Alleati, gli accordi con la mafia. Farinacci e la caccia agli ebrei, i partigiani segnano nel racconto le linee di un percorso labirintico da cui non siamo forse mai usciti. Ed è questo il motivo per cui ci ritroviamo sempre uguali a noi stessi, infastiditi da chi vuole capire, ricordare, da chi utilizza «l’inciampo dell’antifascismo distruttore».

Infastiditi perché «non conta che i fascismi possano rinascere sotto forme inaspettate, diverse nel tempo». Così scriveva nel 2001 Stajano, oggi 87enne e una delle voci più ferme della nostra letteratura civile. Nel 2018, queste parole non hanno perso di valore. E fanno sentire membri di una compagnia: quella degli stranieri in patria. Un libro da non perdere.

Achille Scalabrin       Il Piacere della lettura, 18 febbraio 2018

 

Vedi:  Un Paese immemore e slabbrato

L’immortale desiderio di fascismo


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