Il 19 luglio del 1850 muore in un naufragio presso Fire Island, di fronte a New York (USA), MARGARET FULLER OSSOLI (40 anni) giornalista, scrittrice e attivista femminile statunitense, difenditrice della Repubblica Romana del 1849.

Margaret nacque a Cambridgeport, piccolissimo paese ora assorbito dalla città di Boston, capitale dello stato del Massachusetts (USA), nella famiglia di un avvocato di successo che la educherà rigidamente e la spingerà allo studio dei classici greci e latini.  Il successivo passaggio di Margaret in una scuola privata permetterà alla ragazza d’imparare perfettamente il francese, il tedesco e l’italiano.

Lo studio dei classici faranno maturare in Margaret una forte sensibilità alle tematiche dell’emancipazione femminile che svilupperà pienamente più tardi e tutto questo la rendeva molto più preparata delle sue coetanee che spesso la isolavano. Nel 1835, dopo un trasferimento della famiglia a Groton, il padre morì di colera lasciando tutti i famigliari in una grave precarietà economica. Per questo Margaret decise di abbandonare la sua passione letteraria, verso cui si sentiva portata, per dedicarsi a quattro anni d’insegnamento a Boston e a Providence.

Intanto divenne amica di poeti e letterati e dal 1840 al 1842 diresse la rivista politico-letteraria The Dial sulla quale pubblicò il suo primo saggio: Il grande processo: l’uomo contro gli uomini, la donna contro le donne.

Nel 1843 cominciò a sviluppare la sua visione progressista e femminista nel libro Estate sui laghi 1843 che la renderà nota al punto da essere assunta come giornalista presso l’importante giornale New York Tribune. Per questo Margaret è la prima giornalista americana assunta in un quotidiano di grande rilevanza.

Nel 1845 pubblica l’importante opera La donna nel XIX secolo in cui afferma che femminilizzare la cultura avrebbe portato ad un deciso superamento della violenza patriarcale ed anche dell’uccisione degli animali per l’alimentazione. Margaret unisce, anche sulle pagine del New York Tribune, la tematica dell’assoluta necessità dell’emancipazione femminile, politica e sociale con il vegetarismo.

Quando nel 1846 il suo giornale entrerà in competizione con il New York Herald si sentirà la necessità di d’inviare un corrispondente in Europa per poter descrivere al pubblico americano le idee repubblicane e liberali che infiammavano il continente e i grandi sommovimenti popolari che stavano preparando il 1848. La scelta del direttore del New York Tribune fu quella d’inviare in Europa la Fuller per la sua ottima conoscenza delle lingue e per le sue capacità polemiche che l’avevano portata ad essere molto amata dai lettori. Margaret, che divenne la prima donna corrispondente dall’estero americana, giunse a Londra dove era ben conosciuta nei circoli intellettuali e politici e venne accolta con grande stima. Qui conobbe GIUSEPPE MAZZINI con cui stringerà una forte e duratura amicizia.

Intanto in un’intervista al celebre filosofo inglese Thomas Carlyle (1795- 1881) non nascose la sua delusione per le idee retrive e antifemministe che aveva espresso causando un nugolo di polemiche in Inghilterra e negli USA.

Giovanni Ossoli

Nei frequenti incontri con Mazzini Margaret si convinse di raggiungere l’Italia per scrivere del clima fortemente ottimistico per l’unità italiana che l’elezione di Pio IX nel 1846 aveva sviluppato e nell’aprile del 1847 giunse a Roma. In una visita nella basilica di San Pietro incontrò un nobile romano, il marchese GIOVANNI ANGELO OSSOLI (1821- 1850) che era più giovane di lei di circa dieci anni, ed iniziò con lui una relazione affettiva che la portò a rimanere incinta.

Decisero subito di sposarsi ma non poterono celebrare il matrimonio a Roma per via della gravidanza per cui Margaret e Giovanni si ritirarono a l’Aquila e poi a Rieti dove si sposarono. Qui il 5 settembre 1848 nacque il loro figlio Angelo ma intanto questo isolamento comportò per Margaret l’impossibilità di spedire i propri reportage al New York Tribune con conseguente precarietà economica.

Allora Margaret e Giovanni decisero di affidare il figlio ad una balia di Rieti ritenuta affidabile e tornarono a Roma dove la Fuller potè riprendere le corrispondenze con New York  facendo poi la spola con Rieti per seguire la crescita del piccolo Angelo.

Margaret divenne quindi una delle più grandi testimoni delle vicende che portarono alla nascita della REPUBBLICA ROMANA il 9 febbraio del 1849 e dei suoi sviluppi nei mesi successivi, che descrisse in mirabili articoli spediti al giornale e in suoi appunti personali per un futuro libro sull’esperienza straordinaria di democrazia e di vita repubblicana che Roma stava esprimendo.

La sua vicinanza con Mazzini ed altri protagonisti fondamentali della Repubblica le permisero di avere un osservatorio eccezionale sulle vicende e i suoi articoli entusiasti, uniti al suo prestigio, furono la causa principale per cui il governo USA fu l’unico, a livello internazionale, a riconoscere ufficialmente la Repubblica Romana.

Naturalmente Margaret fu testimone attenta e partecipe anche della difesa della Repubblica contro l’esercito francese a partire dal 30 aprile del 1849. Inoltre la responsabile sanitaria della Repubblica, la grande patriota CRISTINA TRIVULZIO (1808- 1871), le affidò la direzione dell’ambulanza (ospedale) presso i Fatebenefratelli sull’isola Tiberina e poi di quella presso il palazzo del Quirinale. Così, mentre il marito Giovanni combatteva per la difesa della Repubblica sulle mura del Gianicolo, la grande giornalista di fama mondiale sapeva mettersi umilmente a disposizione dei tanti feriti che affluivano nelle ambulanze pur continuando a scrivere reportage per il giornale onde far sapere al suo Paese che cosa Roma stava soffrendo e il coraggio che il suo popolo sapeva esprimere per la libertà e la dignità repubblicana.

In uno dei più accesi articoli scritti in quei giorni Margaret inizia così: “Vi scrivo da una Roma barricata…”.

Subito dopo la caduta della Repubblica, il 30 giugno del 1849, Margaret e Giovanni tornarono a Rieti per rivedere il figlio che trovarono in pessime condizioni di salute perché la balia aveva smesso di nutrirlo adeguatamente per non aver ricevuto i suoi compensi a causa del blocco francese durante l’assedio di Roma.

Targa apposta nel 2010 sulla casa di Rieti abitata dagli Ossoli

Seguì un mese d’intense cure che permisero ad Angelo di riprendersi e subito dopo la famiglia si spostò a Perugia e poi a Firenze per non subire ritorsioni da parte del restaurato governo pontificio dello stato della Chiesa. L’intento degli Ossoli era quello di raggiungere gli Stati Uniti al più presto affinchè Margaret potesse pubblicare il libro che stava scrivendo sulla Repubblica Romana ( che avrebbe intitolato Storia della Rivoluzione Italiana) per conservarne la Memoria e i suoi Valori.

In Toscana gli Ossoli ebbero qualche difficoltà quando gli austriaci la invasero ma poi ottennero il permesso di soggiorno. Margaret potè così continuare a scrivere il suo libro e ad inviare articoli a New York.

Dopo molta attesa gli Ossoli trovarono finalmente un imbarco a Livorno per New York, il 17 maggio del 1850,  sulla nave mercantile  Elizabeth che trasportava sete e marmo ( con loro è anche la nuova balia Paolini). Purtroppo durante il lungo viaggio il capitano della nave morì di vaiolo e un giovane ufficiale divenne il comandante nonostante la sua inesperienza.

Il 19 luglio del 1850, nel pomeriggio, la nave giunse di fronte a New York, presso Fire Island. Una forte tempesta spinse la nave ad incagliarsi, anche a causa dell’inesperienza del nuovo comandante, e cominciò ad affondare. Quasi tutto l’equipaggio riuscì a salvarsi aggrappandosi a travi e detriti della nave. Un marinaio cercò di salvare Angelo ma furono uccisi entrambi da una forte onda che li gettò contro le rocce. Margaret, Giovanni e la Paolini si erano intanto aggrappati all’albero di prua ma furono sommersi dalle onde e mai più ritrovati.

Con loro andrà disperso il prezioso manoscritto di Margaret che sarebbe stata la prima Storia della Repubblica Romana.

 

Questo è un giudizio che la Fuller scrisse su Mazzini durante i giorni della Repubblica Romana:

“Mazzini non è un oratore, ma il tono semplice e affabile del suo discorso contrasta piacevolmente con la retorica ingenua e con l’ampollosità accademica comune agli oratori italiani nella loro attuale situazione d’inesperienza. Con l’uso più libero della dialettica essi acquisiranno una maggiore semplicità e maturità d’espressione. I discorsi di Mazzini sono ricchi d’idee, vanno diritti al punto per la via più breve e si dipanano senza difficoltà per l’inevitabile impressione che se ne deriva di convinzione e di sincerità profonde da parte dell’oratore.

Mazzini è uomo di talento e pensatore eminente, ma ciò che nella sua figura ci deve immancabilmente colpire nel modo più vivido ed immediato sono il misticismo del suo animo e la sua “virtù”, nel senso moderno e in quello antico del termine. Se la chiara consapevolezza di essere nel giusto, la forza e la perseveranza instancabile saranno sufficienti a governare la nave in questo momento pericoloso, allora tutto si risolverà per il meglio. Egli ha detto: ” Vinceremo “; non sono sicura che Roma ci riesca questa volta, tuttavia gli uomini come Mazzini sono sempre vincitori, vincitori anche nella sconfitta.

Mazzini lo conosco, conosco l’uomo e le sue azioni, grandi, pure, costanti, un uomo a cui soltanto l’epoca futura potrà rendere giustizia, quando mieterà il raccolto del seme che egli in quest’epoca ha seminato. Amici, compatrioti, e voi amanti della virtù, amanti della libertà, amanti della verità! State all’erta; non riposate ignari nella vostra vita così facile, ma ricordate che ” L’umanità è una sola e pulsa con un grande, unico cuore ” “.

 

Questi alcuni passaggi di un articolo scritto dalla Fuller il 21 giugno 1849:

….Ma le ferite e gli assalti  non fanno che infiammare sempre più i difensori. Essi sentono la giustezza della loro causa e la particolare iniquità di questa aggressione. D’altra parte, visto che c’è poco da sperare nell’aiuto umano, lo chiedono a Dio. I sentimenti più nobili sono sulla bocca di tutti e finora gli atti sono assolutamente coerenti con le parole. Alla vigilia del bombardamento uno o due ufficiali andavano in giro con la banda a suonare nelle piazze la Marsigliese e marce romane. Molti gridavano: Guerra! Viva la Repubblica romana! Poi gruppi di giovani hanno preso a cantare in coro:

Noi vogliamo sempre quella
Noi vogliamo la libertà.

Suonavano le chitarre, alcuni ballavano. Quando hanno cominciato a cadere le bombe una trasteverina, nobile discendente dell’antica stirpe romana, si è mostrata degna dei suoi avi afferrando una bomba e spegnendone la miccia. Ha ricevuto una medaglia e un premio in denaro.

Un soldato ha fatto lo stesso a Palazzo Spada dove c’è la statua di Pompeo ai piedi della quale cadde il grande Cesare. E’ stato avanzato di grado. Immediatamente la gente è stata presa dal desiderio di emulazione: armata di pentole piene di terra bagnata, correva dovunque cadevano le bombe per spegnerne la miccia. Le donne raccolgono le palle dei cannoni nemici e le portano ai nostri. Dato che per questo ci sono stati pochi feriti la gente grida: “la Madonna ci protegge dalle bombe, non vuole che Roma sia distrutta”……


Alcuni passaggi di un articolo scritto all’inizio di luglio 1849 quando Garibaldi lasciò Roma uscendo da Porta San Giovanni (2 luglio):

…..Avevano indossato tutti la bellissima divisa della legione di Garibaldi, la tunica di panno rosso, il berretto alla greca oppure rotondo con la penna alla puritana. I capelli lunghi che ondeggiavano intorno ai volti risoluti. Tutti apparivano pieni di coraggio. Avevano calcolato i costi prima di imbarcarsi in quella lotta pericolosa; avevano messo sulla bilancia la propria vita e tutti gli interessi materiali in cambio della libertà e avevano fatto la loro scelta.
Partivano perfino dei feriti che a mala pena erano in grado di viaggiare, stesi sui carri insieme ai bagagli. C’era anche Anita: la moglie di Garibaldi lo seguiva a cavallo. E lui, distinto dalla tunica bianca, appariva in tutto e per tutto un eroe del Medioevo: il volto ancora giovane [….] nessun segno di fatica nello sguardo o sulle guance…..

…..Garibaldi salì sulle mura, guardò la strada con un cannocchiale e, non essendovi ostacoli in vista, si voltò per un istante indietro verso Roma, poi si avviò attraverso la porta. Duro era il cuore, impietrito e inaridito l’occhio che non aveva lacrime per quel momento.
Va! Gagliarda legione, segnata dal destino!
La maggior parte di voi sta andando incontro alla morte. E Roma dovrà perdere questi coraggiosi che avevano promesso il suo rinnovamento e glielo avrebbero dato se non fosse stato per la perfidia, per la forza di sopraffazione di un intervento straniero…..

 

Vedi:  IL DOVERE DELLA MEMORIA: 9 febbraio. Nascita di una Repubblica.

3 giugno 1849: una domenica di sangue.

 


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