Il 30 giugno 1849 muore presso “l’ambulanza” di Santa Maria della Scala a Roma a causa di ferite da combattimento LUCIANO MANARA (24 anni) militare, Patriota Risorgimentale e Difensore della Repubblica Romana del 1849.

Manara nacque a Milano nella famiglia benestante di un avvocato e fu amico di CARLO CATTANEO (1801- 1869) durante gli studi liceali che svolse a Milano. Frequentò anche la scuola di Marina a Venezia e per circa sei anni visse in Germania e in Francia. Intanto nel 1843 si sposò con Carmelita Fè ed ebbe da lei tre figli. In quel periodo Manara conduceva una vita elegante e oziosa, frequentando salotti e rimanendo estraneo ad ambienti patriottici.

Tornato in Italia, fu tra la fine del 1847 e l’inizio del 1848 che Manara cominciò a cambiare ritrovando una coscienza patriottica e cominciando ad impegnarsi negli ideali risorgimentali. Interruppe i suoi studi giuridici e partecipò con grande valore alle Cinque Giornate di Milano (18- 22 marzo 1848) e alla Prima Guerra d’Indipendenza ( dal 23 marzo 1848) dove organizzò, un gruppo di 500 volontari chiamandoli i Bersaglieri Lombardi.

Manara venne poi nominato maggiore dei Corpi Volontari Lombardi e nell’aprile del 1848 partecipò all’invasione del Trentino. Ebbe molti scontri con truppe austriache e il 20 luglio del 1848 subì una grave sconfitta a Sclemo ( presso Trento) nonostante il valore dimostrato. Successivamente prese parte a numerose operazioni militari al confine con il trentino tra la Valle Sabbia e il Monte Stino ( località intorno a Brescia).

Nel mese di agosto gli austriaci ebbero una ripresa e Manara con i suoi Volontari riparò in Piemonte dove ebbe il grado di maggiore dell’esercito piemontese in un corpo di bersaglieri. Quando la Prima Guerra d’Indipendenza riprese brevemente nel 1849 combattè con i suoi bersaglieri sul Po e a La Cava ( oggi Cava Manara, Pavia).

Proprio in quei mesi di lotta Manara cominciò una fitta corrispondenza con l’amica Francesca Bonacina, detta Fanny, che sarebbe proseguita fino al giugno 1849. Insieme con le lettere indirizzate alla consorte Carmelita, tale carteggio costituisce una preziosa fonte sugli eventi del biennio 1848-49.

Subito dopo la sconfitta del Piemonte nella battaglia di Novara ( 23 marzo 1849) accolse inviti che gli erano stati fatti e lasciò il regno sabaudo per scendere a Roma e per partecipare alla difesa della Repubblica Romana. Il 22 aprile 1849 con 600 bersaglieri partì da Portofino e giunse a Civitavecchia il 25 aprile.

La morte di Luciano Manara. Quadro di Eleuterio Pagliano (1884)

Qui Manara ebbe un duro colloquio con il generale Oudinot, comandante del corpo di spedizione francese già in possesso della città, riuscendo ad ottenere di poter sbarcare i propri uomini ad Anzio, dietro la promessa di non impegnarli nei combattimenti per almeno otto giorni.

Il 29 aprile Manara arrivò a Roma e mantenne la parola data ad Oudinot fino alla vittoria delle milizie della Repubblica Romana a Porta San Pancrazio il 30 aprile: da allora s’immerse immediatamente nei combattimenti in difesa della Repubblica dal primo attacco degli eserciti francese e borbonico. Nonostante lui fosse convinto monarchico pian piano aderì con passione ai valori repubblicani.

Il 9 maggio, agli ordini di Garibaldi, ebbe il battesimo di fuoco a Palestrina, poi venne promosso sul campo colonnello e il 16 maggio con i suoi bersaglierì occupò Anagni e Frosinone. Durante il nuovo attacco dell’esercito francese nella “Domenica di sangue” del 3 giugno Manara combatté valorosamente e in quel giorno perse tra morti e feriti, nei tre disperati contrattacchi per riconquistare villa Corsini (Pamphili), duecento uomini del suo reggimento (cadde, fra gli altri, ENRICO DANDOLO). Garibaldi successivamente nominò Manara capo di Stato Maggiore il quale lotterà strenuamente per tutto il mese di giugno.

Nella notte fra il 21 e il 22 giugno i Francesi occuparono villa Barberini e alcuni bastioni prossimi a porta S. Pancrazio: Manara li attaccherà continuamente fino a quando il 30 giugno 1849, a villa Spada sul Gianicolo mentre guidava un ultimo assalto contro le truppe francesi, fu ferito al petto da un colpo di carabina.

Immediatamente venne trasportato, attraverso la “Strada del sangue”, fino all’”ambulanza” della chiesa di Santa Maria della Scala, in Trastevere, dove morirà poco dopo: in serata don UGO BASSI celebrerà un commovente funerale nella chiesa di san Lorenzo in Lucina. Nelle stesse ore del 30 giugno la Repubblica Romana fu costretta ad arrendersi ai francesi.

I resti di Manara rimasero per qualche tempo a Roma fino a quando la famiglia Manara riuscì ad ottenere il permesso dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe di riportarli a Milano. Ma il corpo di Manara dovette sostare prima a Genova poi in Svizzera fino al 1853 quando l’imperatore concesse la sua sepoltura “ in forma strettamente privata” in una tomba nella villa della famiglia Manara a Barzanò (Lecco), dove tutt’ora riposa.

Prima della sua morte, Manara ebbe modo di scrivere in una lettera all’amica, Francesca “Fanny” Bonacina Spini, queste parole:

Noi dobbiamo morire per chiudere con serietà il Quarantotto; affinché il nostro esempio sia efficace, dobbiamo morire“.

 

Nella Memoria di LUCIANO MANARA vogliamo riassumere la Memoria di tutti i CADUTI per la difesa della Repubblica Romana del 1849.

 

 

Vedi: 3 giugno 1849: una domenica di sangue.

La donna che pugnò come uomo: COLOMBA ANTONIETTI.

La nostra Rosa sul Gianicolo (2019)

La donna che accettò una morte necessaria: MARGUERITE BERVOETS

La nostra Rosa sul Gianicolo (2023)


 



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