La grande illusione – Dalla caduta del Muro alle primavere arabe addio alle speranze .

Stiamo vivendo un tornante storico, è cominciata l’Età della Regressione. Scordate le speranze suscitate dal crollo del Muro di Berlino, la straordinaria sera del 9 novembre 1989. È tramontata l’era della Grande Illusione: la democrazia ovunque, le “primavere”, le rivoluzioni arancioni… oggi il colore che predomina è quello nero.

L’oscurità delle democrature, il buio dei regimi muscolari. O il colore rosso: del sangue, della rabbia, dell’odio. Viviamo di nuovo tempi bui. L’ascesa dei partiti nazionalisti (Le Pen). Della demagogia (Trump). Del ripiegarsi su se stessi (Brexit). Tendenze autoritarie (Ungheria, Polonia). Appelli alla “grandezza” e alla “purezza” nazionale (India, Russia). Ondata generale di xenofobia e di crimini odiosi, brutalizzazione dei discorsi politici, complottismo, post-verità, muri, sempre di più e sempre più alti.

Ogni giorno che passa, è come se si ritornasse indietro. Come se paura e violenza avessero avuto ragione sulle speranze d’apertura di questi ultimi trent’anni. Michel Onfray, filosofo francese assai à la page che si definisce neo-hegeliano, in alcune interviste sostiene che stiamo nell’epoca del cinismo planetario. E che il nuovo ordine internazionale sia dominato da uomini “forti”, per i quali il concetto di democrazia liberale è solo un fastidio, un ostacolo al loro potere e agli interessi che li sostengono.

Si riferisce a Putin, l’antesignano dei killer che hanno affossato libertà e diritti. Ma anche a Trump, “una marionetta nelle mani del capitalismo”, beninteso, il peggiore dei capitalismi, quello che vuole tutto e subito e senza pagare pegno alle istanze dell’ambiente, del clima, dell’equità sociale.

La conferma di questa tendenza al peggio, sempre che la democrazia liberale possa essere considerata il meglio, è arrivata dalla vittoria del Sultano di Ankara. Il successo di Erdogan nel referendum costituzionale, sia pure risicato e in odore di forti irregolarità, è un altro tassello di questo mondo dai valori rovesciati. Per lui, il voto di domenica segna “la sconfitta di nazioni con mentalità da crociati”. Cioè l’Occidente democratico.

Sembrano parole da Califfato: curioso, per chi dice di voler combattere l’Isis… Il Reis sfida la Storia, accaparrandosi poteri assoluti e sbattendo in galera chi non la pensa come lui. Che è poi quel che fa sistematicamente Putin. Nell’America trumpiana sta emergendo tanta sbrigativa voglia di usare maniere spicce, sia nel resto del mondo (vedi Siria, vedi Nord Corea) sia in casa. Senza dimenticare Brexit. Un filo comune allaccia Londra, Washington, Mosca ed Ankara: l’ostilità contro l’Europa, o meglio contro le sue libertà e le sue tutele sociali.

Questa Europa “virtuosa” è aggredita dalla nuova Europa dei muri e delle frontiere, delle identità, della diffidenza e del rigetto delle “responsabilità”. Un’Europa che rilancia conflitti, che alimenta odio e legittima egoismi. Appunto, l’Età della Regressione (titolo di un saggio collettivo, opera di 15 intellettuali, ricercatori e docenti universitari appena pubblicato in 13 lingue, ndr). Il tempo in cui si vuole scacciare – su scala mondiale – la democrazia liberale e rimpiazzarla con una forma o l’altra d’autoritarismo politico.

I segni sono sempre più evidenti e sistematici, lasciano pensare ad un’evoluzione di questo tipo, sostiene allarmato Arjun Appadurai, celebre antropologo americano di origine indiana, teorico dei flussi culturali globali. Cita i casi di Trump, di Modi in India, di Putin ed Erdogan: “Aspirano a una leadership nazionale in un epoca in cui la sovranità nazionale è in crisi”, spiega Appadurai, “i sintomi più evidenti di questa crisi della sovranità è il fatto che nessuno Stato-nazione moderna controlla la propria economia nazionale”.

Leonardo Coen      Il Fatto 18 aprile 2017

 

vedi:  Se soffia il vento autoritario

Diffidate sempre del presidente che si fa popolo

Nella democrazia della rabbia i fatti sono i primi a cadere

Le democrazie sono imperfette

Io dico no ai ladri di sovranità

L èra degli esecutivi esecutori.

La necessità di un nuovo ordine internazionale


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