La tendenza culturale dominante nella società e anche nel mondo della scuola è quella di sottolineare le negatività, quello che non va e soprattutto di pensare che non possiamo fare nulla e cambiare nulla. Insomma la Speranza come atteggiamento critico verso il presente teso ad usare le potenzialità e anche le contraddizioni che viviamo per guardare il futuro e trasformare le cose nel senso del Bene, del Giusto e del Bello non sembra fare parte delle condotte umani attuali in gran parte schiacciate sul vivere narcisista e individualistico.

L’essere spettatori, consumatori sfrenati e ansiosi perché con sempre meno risorse a disposizione porta ad un atteggiamento tipico dello schiavo o del servo della gleba che non spera niente e subisce quello che sembra un destino ineluttabile. Questo atteggiamento si è rafforzato poiché la pedagogia neoliberista ha diffuso l’idea che oltre il capitalismo non c’è un altro orizzonte possibile visto che tutti i tentativi di rivoluzioni e le diverse utopie socialiste e comuniste avrebbero prodotto solo danni e crimini. Il principio depressivo attuale (di non speranza esistenziale nel mondo della precarietà come regola di vita) è quello di non sperare che sia possibile il cambiamento verso l’umanizzazione, di ripiegarsi su se stessi, di pensare anzitutto a sé e non al bene comune e alla comunità nella quale viviamo.

L’ideologia che sostiene questa nuova antropologia culturale del capitalismo seduttivo (basato sul principio di piacere immediato), neoliberale e finanziario è quella della competitività individuale, di individui sempre più competenti sul piano delle tecniche funzionali alle logiche di sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Quindi alla base di questa nuova ideologia (nuova e vecchia come la civiltà capitalistica) c’è il non dovere sperare un mondo migliore, più giusto e un altro tipo di rapporti sociali. Questo modello antropologico ha un impatto pedagogico e penetra in profondità i luoghi tradizionali dell’educazione: scuola, famiglie e anche la varie associazioni cattoliche e religiose.

Siamo convinti che occorre riprendere il cammino educativo della realizzazione nelle relazioni umani a tutti i livelli dello spirito d’utopia di cui parlava Ernst Bloch (leggi anche “Imparare a sperare ndr), una utopia concreta, del costruire insieme dalla scuola, alla famiglia passando per il quartiere e la comunità locale nuovi rapporti umani basati sul Giusto, il Bene, il Bello e aggiungo il Vero (l’autenticamente umano e fraterno). Rapporti fatti di dialogo tra liberi e eguali, rapporti autenticamente solidali e cooperativi come li praticavano l’educatore francese Célestin Freinet nel Sud della Francia nella sua scuola di Vence ( “Alla scoperta dell’ecole Freinet”) e don Lorenzo Milani a Barbiana. Un nuovo modo di stare insieme che permette il riconoscimento delle differenze, la solidarietà e quindi il mutuo aiuto, la realizzazione del principio speranza come utopia concreta di costruzione vera di un mondo più umano e rispettoso della dignità di ciascuno.

In fondo non era quello che insegnava anche il filosofo greco stoico Epitteto: ci sono cose che non dipendono da me e sulle quali non posso agire (i fenomeni naturali, le malattie , le catastrofe improvvise, la morte ) ma ci sono cose che dipendono da me, dal mio agire e il mio modo di essere con l’altro e me stesso come le relazioni affettive, sociali, le decisioni di fronte alle piccole questioni della vita (che spesso sono quelle più importanti come la lealtà, la coerenza, il prendersi cura dell’altro, l’ascolto, l’accoglienza…). Insomma impariamo ad agire con speranza su quello che dipende veramente da noi: questa è l’utopia concreta per una comunità umana che rispetto l’umanità e la dignità di ciascuno tramite una co-gestione e un co-vissuto autentico del sentimento di eguaglianza.

Alain Goussot   10 novembre 2015 da comune-info.net

 

* Alain Goussot è docente di pedagogia speciale presso l’Università di Bologna. Pedagogista, educatore, filosofo e storico, collaboratore di diverse riviste, attento alle problematiche dell’educazione e del suo rapporto con la dimensione etico-politica, privilegia un approccio interdisciplinare (pedagogia, sociologia, antropologia, psicologia e storia).

 

vedi:  Pensiero Urgente n.201)

Di che cosa parliamo quando parliamo di umanità

L'Occidente globalizza la depressione

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