Il 6 settembre del 1957  muore a Sorrento (NA) dopo una breve malattia GAETANO SALVEMINI (84 anni) storico, politico, educatore, meridionalista e Padre dell’Antifascismo.

Salvemini nasce a Molfetta (BA) in una modesta famiglia e si laurea in lettere a Firenze nel 1896 divenendo uno dei migliori giovani storici medioevali. Il suo maestro, all’università di Firenze, è il grande  storico Pasquale Villari (1827- 1917) che oltre ad insegnargli il valore della storia, esorta i suoi allievi “a non essere mummie, ad essere uomini“. Una lezione che Salvemini cercherà di onorare per tutta la vita. All’università si apre al socialismo e spera nella rivoluzione. Anche se diventa una figura di primo piano del  partito, Salvemini non intende allinearsi alla linea legalitaria e riformista  voluta da FILIPPO TURATI.

Dopo avere insegnato in varie scuole da Palermo, a Lodi e a Faenza a soli ventotto anni ottenne nel 1901 la cattedra di Storia moderna a Messina. Qui nel 1908 a causa del catastrofico terremoto perse la moglie, i cinque figli e la sorella, rimanendo l’unico sopravvissuto di tutta la sua famiglia: aveva 35 anni.

Successivamente insegnò all’Università di Pisa e infine a quella di Firenze. Tra i suoi allievi vi furono CARLO e NELLO ROSSELLI, ERNESTO ROSSI e CAMILLO BERNERI.

Salvemini fin da subito approfondì le sue riflessioni sul nesso tra socialismo e questione meridionale criticando successivamente la tendenza al protezionismo operaio settentrionale L’attenzione ai problemi del paese lo condusse a polemizzare con il governo di Giovanni Giolitti (1842- 1928). L’attenzione alle questioni poste dalle condizioni storiche ed economiche del paese e i primi grandi scandali politici indussero Salvemini a criticare aspramente il governo Giolitti in uno scritto polemico, Il ministro della malavita (1910);

Intanto dibatte i principali problemi della politica estera e doganale italiana e si batte per il suffragio universale e svolge studi approfonditi sul Medioevo e sulla figura di  GIUSEPPE MAZZINI (La formazione del pensiero mazziniano, 1910; Mazzini, 1915);

In seguito ad una mancata opposizione del partito socialista contro lo scoppio della guerra coloniale italiana di Libia (1911) uscì dal partito. Per questo nel dicembre 1911 diede  vita ad un periodico, “L’Unità”, che diresse fino al 1920, cercando di fondare un nuovo partito, la Lega democratica, meridionalista, socialista nella visione della giustizia e liberale nel metodo e contro ogni privilegio.

Con l’Unità esercitò notevole influenza sulle giovani generazioni intellettuali e diffuse la conoscenza dei problemi concreti del paese. Sostenne l’intervento dell’Italia nella guerra 1915-18, cui partecipò come volontario nonostante avesse già  quarantadue anni e venne spedito sul Carso.

Fu una breve esperienza sufficiente a fargli sperare che gli ex combattenti sarebbero stati  coloro che avrebbero potuto costruire l’Italia del futuro. Ma quando fu il fascismo a dare loro  uno sbocco in politica, Salvemini divenne un feroce oppositore di Mussolini.

Salvemini con Carlo e Nello Rosselli ( a sinistra e a destra) nel 1922

Eletto deputato nel 1919 si schierò subito contro il fascismo e contro gli Aventiniani stringendo un profondo sodalizio ideale e politico con i fratelli Carlo e Nello Rosselli e con Ernesto Rossi, che videro in lui un comune maestro. Nel 1925 è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, mentre nello stesso anno Salvemini, i due Fratelli Rosselli e NELLO TRAQUANDI fondarono a Firenze il primo giornale antifascista clandestino, il Non Mollare!.

Arrestato nel 1925 e processato insieme ad Ernesto Rossi per aver fondato il Non mollare!, riuscì ad espatriare nell’agosto dello stesso anno. Visse successivamente in Francia, in Inghilterra e negli USA. Fu, a Parigi nel 1929,  tra i fondatori del movimento Giustizia e Libertà. Diventato una delle voci più  importanti tra gli esiliati, Salvemini sarà l’esponente intellettuale più in  vista del variegato mondo antifascista e assoluto punto di riferimento per molti giovani antifascisti.

Dal 1933 insegnò storia della civiltà italiana alla Harvard University negli USA, di cui assunse la cittadinanza.

Durante la Seconda guerra mondiale Salvemini tenne negli USA, in Gran Bretagna e in Francia, conferenze e lezioni universitarie e si batté per una politica contro fascismo, comunismo, clericalismo e monarchia italiana. Nel 1939 fondò la Mazzini Society a Northampton (Massachusetts): fra i promotori vi era un gruppo di repubblicani appartenenti a Giustizia e Libertà e antifascisti democratici.

La Mazzini Society fu un’associazione politica e culturale antifascista, di matrice democratico-repubblicana che si collocava nel solco della tradizione risorgimentale e contraria a qualsiasi accordo che potesse salvare la monarchia italiana. Successivamente molti altri ne saranno gli animatori.

Rientrato in Italia, nel 1948 fu reintegrato nella cattedra di Firenze e continuò a vari livelli la sua lotta politica, ispirata a una visione laica della vita, all’avversione contro dogmatismi e false ideologie, contro la burocrazia, il clericalismo e lo statalismo e fautore di un riformismo democratico in comunione d’intenti con Ernesto Rossi. Salvemini  non smetterà mai di sferzare il Paese nel continuo tentativo di correggerne errori,  storture, direzioni sbagliate e tentazioni neofasciste.

Amava continuamente ripetere:

«Siamo tutti d’accordo che la libertà significa il diritto di essere eretici, non conformisti di fronte alla cultura ufficiale e che la cultura, in quanto creatività, sconvolge la tradizione ufficiale».

Si oppose al governo democristiano e al Fronte Democratico  Popolare, sostenendo la necessità di abrogare il Concordato e i Patti Lateranensi e difendendo la scuola pubblica laica contro le riforme, da lui giudicate reazionarie, dei governi.

Sostenitore dello Stato laico e democratico, l’attualità di Salvemini è riscontrabile soprattutto nelle problematiche che investono la scuola e la natura delle istituzioni: la giustizia sociale e il progresso dei cittadini si ottengono attraverso un’istruzione valida garantita per tutti.

Gaetano Salvemini è un fulgido esempio di intellettuale profondamente libero da ogni condizionamento dogmatico, convinto nell’assoluta necessità di uno stato laico e democratico il cui scopo principale deve essere la giustizia sociale e il progresso dei cittadini soprattutto attraverso l’istruzione.

Il pensiero di Gaetano Salvemini, per coerenza e libertà, è sempre stato molto scomodo sia per gli avversari politici che per i suoi compagni di schieramento; la sua onestà intellettuale non è mai arrivata a patti con qualsiasi convenienza politica o disciplina di partito. E forse per questo motivo la sua grande figura non gode della riconoscenza che meriterebbe. Ma egli rimane il Padre dell’Antifascismo di ieri, di oggi e di domani.

Morì il 6 settembre 1957 a Sorrento, dove si era trasferito per ragioni di salute, e i suoi resti riposano a Firenze nel prato d’onore del Cimitero di Trespiano.

 

“Io non prometto favori personali perché non ne farò. Non ho denari. Non ho altro patrimonio fuori di quello delle mie idee. Se scorrettezze si commettessero mi ritirerei immediatamente dal ballottaggio, e ove fossi eletto, darei immediatamente le dimissioni.. Dunque gli avversari possono essere perfettamente tranquilli. Ma li avverto che al primo tentativo di “pastetta” da parte loro, io capitanerò quegli elettori e cittadini risoluti che vorranno seguirmi per impedirla, a costo di qualunque cosa, anche della vita. E tanto peggio se la forza pubblica si renderà complice o protettrice dei pastettari.”

Avanti, 13 aprile 1910

 

«La scuola laica è la scuola indipendente da tutti, i preti neri, verdi, rossi, di tutti i colori; è la scuola che chiami a sé i migliori uomini che siano disponibili sul mercato, che la misura degli stipendi permette di attirare, senza preoccuparsi delle idee politiche o religiose o scientifiche di ciascuno, senza badare se vestano la tonaca nera o se portino la cravatta rossa, se abbiano per copricapo il tricorno o il triangolo o il berretto frigio affinché essi insegnino agli alunni non quello che essi o il governo credono sia la verità, ma in che modo, con la forza della ragione, con animo libero da pregiudizi e da preconcetti, ognuno debba cercare la verità; una scuola che non pretenda per sé nessun privilegio, e si esponga alla libera concorrenza di tutte le altre scuole con nessun’altra difesa che la fiducia nella superiorità del proprio indirizzo educativo e la cura di rendersi senza tregua migliore di qualunque altra… »

Avanti, 29 gennaio 1907

 

«I giovani debbono aver fede in sé stessi, e cioè non debbono cercare di mettersi al seguito di uomini vecchi o nuovi; essi debbono lasciarsi guidare dalla loro ragione, non debbono prender nulla alla leggera, e debbono studiare, studiare, studiare»

l’Unità, 11 gennaio 1919

 

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