Un discorso del filosofo Norberto Bobbio che invita all’impegno contro i nuovi fascismi.

 

Norberto Bobbio 1909- 2004

È SORTA ormai una nuova generazione che non ha con la Resistenza quel legame profondo che è proprio della nostra generazione. Per noi la Resistenza è stato l’avvenimento straordinario della nostra vita, quello che ci ha consentito di sentirci di nuovo uomini in un mondo di uomini, di aprire il nostro animo alla speranza di un’Italia più civile.

Non dico che la nuova generazione abbia ripudiato la Resistenza. Ma certo la guarda con maggiore distacco, ed è naturalmente attratta dai nuovi problemi che la crisi dei grandi sistemi mondiali e della democrazia italiana pone con forza a coloro che si pongono con serietà (come lo si pongono i giovani), con coraggio, con impegno lo stesso compito che ci eravamo posti noi, il compito di dare più libertà agli oppressi, più giustizia ai dannati della terra, più pace ai paesi coinvolti dalle guerre imperialistiche.

Ogni generazione si trova di fronte a nuovi problemi. Non possiamo pretendere che i giovani vedano le cose come le abbiamo viste noi. È accaduto ai giovani di oggi, quello che accadde a noi per quel che riguarda la tradizione del Risorgimento. Pur senza respingere la tradizione dei nostri padri, ci trovammo ad affrontare una nuova storia. [...] Non bisogna chiudere gli occhi di fronte al fatto che anche per quel che riguarda la salvaguardia e la continuità della nostra Costituzione la situazione non ci lascia del tutto tranquilli. E si tratta di una situazione tanto nuova, tanto inaspettata, che un discorso sulla Resistenza oggi non può non esserne influenzato.

UNA cosa sappiamo con certezza: se lasciamo che i fascisti avanzino la Costituzione è finita. Così come Resistenza e repubblica democratica fanno tutt’uno, altrettanto fanno tutt’uno, fascismo e negazione radicale di ogni principio di democrazia. Dico che la situazione è nuova, perché sino ad ora le forze che si richiamano alla Resistenza erano intervenute per difendere questo o quel principio della Costituzione, questa o quella norma che non era stata applicata, questo o quell’istituto che non era stato attuato. Ora c’è il rischio che da oggi in poi ci si trovi per la prima volta in una situazione completamente diversa, cioè nella situazione di dover difendere non una parte della Costituzione ma tutta la Costituzione.

Se noi riandiamo con la nostra memoria a tutti i discorsi che abbiamo fatto sulla continuità della Resistenza e sulla necessità di mantenere vivo lo spirito della Resistenza anche là dove i problemi erano ormai molto diversi, e imprevisti, ciò che costituisce un po’ il filo rosso che li tiene insieme è il costante richiamo alla indissolubilità tra spirito della Resistenza e lealtà costituzionale, e quindi la fedeltà verso i principi che la Costituzione aveva stabiliti come base per lo sviluppo della democrazia in Italia.

Questa fedeltà si è mostrata per molti anni nella richiesta che noi della Resistenza abbiamo fatto perché la Costituzione fosse attuata, perché fosse colmato il divario tra i principi che la carta costituzionale aveva stabilito e la realtà sociale e poli- tica del paese. In questi ultimi anni sembrava che questa battaglia per l’inadempienza costituzionale fosse stata vinta. [...] È chiaro che oggi di fronte all’avanzata del fascismo, il problema non è più quello di attuare la Costituzione ma quello di non lasciarla completamente sovvertire.

Lo diciamo apertamente e energicamente a tutti coloro cui sta ancora a cuore la sorte della democrazia in Italia: la rottura del patto costituzionale rappresenterebbe la fine del periodo storico ispirato agli ideali della Resistenza, significherebbe che l’Italia della Resistenza ha cessato per sempre di esistere. [...]

La Resistenza l’abbiamo commemorata abbastanza. A furia di lasciarla commemorare anche da parte di chi non aveva niente in comune con essa abbiamo finito per imbalsamarla.

Sì, accanto alla Resistenza tradita di cui hanno spesso parlato i più ardimentosi dei nostri compagni, accanto alla Resistenza incompiuta di cui io stesso ho tante volte parlato, c’è anche quella imbalsamata, impagliata, mummificata. La Resistenza delle grandi occasioni, dei discorsi ufficiali, dell’inaugurazione dei monumenti. Questa Resistenza oggi non c’interessa.

L’unica Resistenza che oggi c’interessa, e che anzi ci è quanto mai necessaria, è quella che vive nel cuore, nel ricordo e nelle speranze, dei compagni che l’hanno combattuta sul serio, e che sono pronti a ricombatterla qualora il fascismo dovesse impadronirsi ancora una volta del potere.

Non voglio credere che la Resistenza sia stata tradita. È stata soltanto interrotta e sospesa. Interrotta perché noi dovevamo pur consentire che le nostre libere e democratiche istituzioni si sviluppassero, si rafforzassero e creassero un nuovo assetto e un nuovo costume. Sospesa sino alla nuova prova, se questa prova, si fosse resa necessaria.

Non dico che siamo alla prova. Anzi dico, insisto a dire, che dobbiamo dare il buon esempio di essere i più fedeli e i più coerenti interpreti e difensori della legalità repubblicana, perché siamo noi che abbiamo posto le condizioni affinché questa legalità repubblicana potesse esplicarsi.

Tratto da Eravamo ridiventati uomini. Testimonianze e discorsi sulla Resistenza in Italia 1955-1999   E-T Saggi, Giulio Einaudi editore

in   Repubblica 23.4.15

 

VEDI: Discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei al tempo del regime sanitario.

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