Diteci se guardando cos’è l’Italia e gli italiani in genere, diteci se è esagerato dedicare una settimana alla Repubblica Romana, la settimana intorno al 9 febbraio, 162° anniversario della sua nascita. Diteci se è troppo vivere degli incontri ( ed altri fuori di questa settimana) per respirare aria fresca e pulita ricordando quegli eventi che videro per pochi mesi nascere una speranza di vita democratica e laica che mai più avremmo conosciuto. Diteci se è troppo guardare a quei giorni lontani per sentirli vicini e trovarne forza per resistere alla barbarie e alla volgarità che avanza ogni giorno. Diteci se è troppo far risuonare tra noi queste parole di Mazzini:

La Repubblica è anzitutto principio d’amore, di maggior incivilimento, di progresso fraterno con tutti e per tutti, di miglioramento morale, intellettuale, economico per l’universalità dei cittadini… è il principio del bene su quello del male, del diritto comune sull’arbitrio di pochi, della Santa Eguaglianza sul Privilegio e il Dispotismo…

E sognare che un giorno il nostro Paese possa essere questa Repubblica, un “principio di progresso fraterno… di miglioramento morale”. Per questo abbiamo voluto vivere una settimana repubblicana. Iniziando domenica 6 febbraio andando in piazza della Cancelleria e dentro il magnifico palazzo proto rinascimentale, lì dove nacque la Repubblica Romana e fu firmato il Decreto Fondamentale che dichiarava decaduto il potere temporale e dava inizio alla Repubblica. Il 9 febbraio del 1849, all’una di notte. Ecco come un testimone presente alle riunioni dell’Assemblea Costituente  racconta quella notte straordinaria in piazza della Cancelleria:

E’ l’una dopo mezzanotte, e usciamo in questo momento dalla sala, ove è stata adunata la Costituente dalle undici antimeridiane. Chi potrebbe descrivere la commozione da cui e noi tutti sono stati commossi! La gran parola è stata pronunciata. La Democrazia ha vinto. Dopo una discussione grave, animata ma libera, coscanziosa, alle ore undici e un quarto pomeridiane tra gli applausi del popolo affollato nelle tribune, si è proclamata la repubblica Romana, dopo d’essersi dichiarato la decadenza del potere temporale dei Papi. Di centoquaranta Rappresentanti e più, solamente una ventina è stata contraria alle ammesse proposizioni. (…)
Riserbandoci dare a domani esteso ragguaglio dell’importanti fatti di oggi, terminiamo come abbiam cominciato col grido di

VIVA LA REPUBBLICA ROMANA

 

Per questo abbiamo voluto aprire con grande commozione, nello splendido cortile bramantesco, la bandiera della Repubblica, forse dopo 162 anni: un omaggio a quegli uomini e a quel popolo che affollava quel palazzo in quei giorni e che erano lì domenica, li vedevamo con il nostro cuore. Abbiamo voluto raccogliere la bandiera dalle loro mani perché quell’ideale di democrazia, di laicità, di res-publica diventasse il nostro ideale, da portare con sacrificio nel nostro grigio secolo affinchè un giorno possiamo dire anche noi: “La democrazia ha vinto”, senza usare questa memoria preziosa per altri fini…

La nostra associazione, insieme con l’Associazione “Garibaldini per l’Italia” s’impegnerà perché dal prossimo anno l’anniversario del 9 febbraio si celebri con grande festa  in piazza della Cancelleria, dove la Repubblica è nata e invece si vada sul Gianicolo, presso il Sacrario dei caduti per la difesa della Repubblica, in giugno, il mese del martirio e della lotta per difendere quei valori come accadde nel 1849. Già da due anni, infatti, svolgiamo a giugno una fiaccolata in  memoria di quegli eroici difensori.

Ma Il 9 febbraio è festa: festa di speranze, di attese, di progetti, di popolo, di qualcosa che nasce come un segno per tutta l’Europa e tutta l’Europa ( insieme agli Stati Uniti, grazie alle corrispondenze di Margaret Fuller, giornalista, prima giornalista donna, del New York Tribune) guardava ammirata e incredula a Roma ( e i potenti guardavano preoccupati). E’ festa di un popolo che si risveglia dal torpore clericale ( anche se non tutti), è festa di giovani repubblicani che convennero a Roma da tutta Italia e dall’estero per contribuire alla realizzazione del progetto, è festa per molti preti e vescovi del tempo che videro nella Repubblica la possibilità di ritrovare un cristianesimo più autentico ( e quanti furono protagonisti in prima linea in quei giorni, insieme con Ugo Bassi). Il 9 febbraio è festa perché è possibile cambiare le cose, impegnandosi e assumendo ognuno la propria responsabilità: con questo spirito mercoledì 9 febbraio siamo stati, con altre associazioni per quest’ultimo anno, sul Gianicolo. Presso il Sacrario abbiamo narrato la Repubblica, cantato, offerto onori militari a quei Ragazzi, i cui resti di molti, insieme a Mameli, sono lì. Lo abbiamo fatto di fronte ad un discreto numero di bambini e giovani: toccherà a loro perpetuare la memoria della Repubblica in futuro.

Siamo stati lì per ringraziare i “ragazzi” del 49 aprendo le bandiere della Repubblica Romana insieme a quelle delle associazioni presenti. C’era molto sole, sembrava primavera: ma quei cinque mesi in cui la Repubblica visse il suo sogno non era una primavera?

Domenica 13 ci siamo ritrovati alla Garbatella, in via Caffaro, per raccontare come nasce una Repubblica: raccontare quei passi, a volte titubanti ma entusiasti,  che hanno portato al 9 febbraio. Da quando Pio IX si presentò come un papa, nel 1846, con idee liberali, accendendo le speranze, e come nel 1848 le deluse: ma il meccanismo messo in moto non si fermò. E tra novembre del 1848 e il febbraio del 1849 prese corpo quel piccolo grande miracolo. Abbiamo raccontato gli eventi, i personaggi ( molti, purtroppo dimenticati: non siamo una nazione senza memoria?), i documenti, il lento trasformarsi delle prime istituzioni per arrivare alla proclamazione del 9 febbraio. Abbiamo raccontato i teatri, le strade, gli alberghi, le piazze dove il popolo di Roma per la prima volta sentiva di poter partecipare alla costruzione di qualcosa che sapeva di libertà. In maniera a volte imperfetta ma sempre con vero coinvolgimento, un entusiasmo che coinvolse più di quanti ci si aspettasse. Come nasce una Repubblica: abbiamo tutto da imparare da quei fatti perché è dal 1849 che aspettiamo che l’Italia sia veramente Repubblica, anche dopo le brevi speranze seguite alla Resistenza. Repubblica e democrazia, non democrazia autoritaria e fittizia… e finchè ci saranno non solo politici affaristi e senza ideali ma anche troppi “popolani” indifferenti e mediocri, dovremo aspettare, aspettare.

Al centro della nostra settimana repubblicana abbiamo voluto dedicare un incontro, proprio l’8 febbraio, ad Arnaldo da Brescia e alla straordinaria esperienza del Libero Comune di Roma  (1143-1155), di cui Arnaldo fu il grande animatore:  nel secolo XII, secolo tutt’altro che buio, come si dice superficialmente. Esperienza repubblicana che prefigurò quelle successive del 1799 e del 1849, con sette secoli di anticipo.  La madre di tutte le Repubbliche romane! Per la prima volta il popolo costrinse il papa a lasciare Roma e a tentare di costruire istituzioni che oggi chiameremmo laiche. Arnaldo nella sua geniale intuizione parlò già di chiesa senza potere temporale e di uno stato che fosse indipendente da legami religiosi: libera chiesa in libero stato, che Cavour indicherà solo secoli dopo. Arnaldo pagherà con la vita ( nel 1155) la sua coraggiosa visione anticipatrice, il suo desiderio di un cristianesimo che ritornasse alle origini evangeliche, la sua opera per una città di Roma indipendente dal potere clericale. Da quel seme, attraverso il tempo, nascerà la Repubblica Romana. Il 9 febbraio è anche la sua festa.

In aprile riparleremo di Arnaldo e del suo tempo e di come visse la Repubblica Romana dopo quei giorni di  febbraio del 1849.

Repubblica, una parola fondamentale (res-publica: cosa di tutti), una parola che richiama la responsabilità personale per il bene comune. Una parola che evoca non solo acquisizioni di diritti ma anche coscienza dei propri doveri. Una parola per un Paese finalmente civile. Una parola che è LA parola per Mazzini:

“IL POPOLO – ecco il nostro principio: il principio sul quale deve poggiare tutto l’edificio politico: il POPOLO: grande unità che abbraccia ogni cosa: complesso di tutti i diritti, di tutte le potenze, di tutte le volontà: arbitro, centro, LEGGE vita del mondo. E v’è una parola che il popolo intende dovunque, e più in Italia che altrove, una parola che suona alle moltitudini una definizione de’ loro diritti, una scienza politica intera in compendio, un programma di libere istituzioni.

Il popolo ha fede in essa, perchè egli in quella parola intravede un pegno di miglioramento, e d’influenza, perché il suono stesso della parola parla di lui, perché egli rammenta confusamente che s’ebbe mai potenza e prosperità, le dovette a quella parola scritta sulla bandiera che lo guidava. I secoli hanno potuto rapirgli la coscienza delle sue forze, il sentimento de’ suoi diritti, tutto: non l’affetto a quella parola, unica forse che possa trarlo dal fango d’inerzia ov’ei giace per sollevarlo a prodigii d’azione. Quella parola è REPUBBLICA. Repubblica, ossia cosa pubblica: governo della nazione tenuto dalla nazione stessa: governo sociale: governo retto da leggi, che siano veramente l’espressione della volontà generale.”

 

Giuseppe Mazzini, da D’alcune cause che impedirono finora lo sviluppo della libertà in Italia, 1832

 

 


 

vedi: 12 gennaio 2011. La Repubblica in un teatro

Repubblica Romana: l’occasione sprecata per una nuova Italia


Arnaldo da Brescia e il Libero Comune di Roma del XII secolo


162° ANNIVERSARIO DELLA REPUBBLICA ROMANA


COME NASCE UNA REPUBBLICA

La Repubblica Romana del 1849  :  161 anni dopo

L'inno della Repubblica Romana

Filopanti e la giustizia

5 dicembre 2010. Il lungotevere degli "eretici"

6 marzo 2011. Una Repubblica e l’Italia in un albergo.

 

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