Il 6 agosto 1945 muore ucciso con due colpi di lupara da parte di sicari di Cosa Nostra a Casteldaccia (PA) ANDREA RAIA (38 anni) artigiano di fuochi artificiali, sindacalista e segretario della Camera del Lavoro locale.

Raia venne ucciso proprio davanti alla sua abitazione mentre con la sedia in mano stava entrando in casa dopo essersi riposato al fresco per andare a dormire. Venne colpito nel momento in cui si girò verso l’uscio per rincasare.

Raia fu la prima vittima comunista e il suo fu il primo delitto politico-mafioso del dopoguerra in Sicilia che come tutti gli altri precedenti e successivi sindacalisti uccisi subì l’ingiustizia del depistaggio, la mancanza di un processo e il proscioglimento dei mandanti e degli esecutori accusati dalla coraggiosa mamma e dalla vedova di Raia.

Col passaggio dei poteri dall’amministrazione militare al governo italiano dal 18 giugno 1944 si costituirono due governi Bonomi con i partiti del Comitato di Liberazione Nazionale, riprese l’attività la Cgil, si riavviò la vita politica soppressa dal fascismo. Anche a Casteldaccia si aprì una Camera del Lavoro dove operarono insieme comunisti e socialisti. Raia, come tutti i comunisti e la sinistra, sosterrà la direttiva del suo partito per i Granai del Popolo decisi per fronteggiare l’emergenza alimentare della popolazione (il razionamento prevedeva 150 gr di pane e 15 gr di pasta al giorno). Ai Granai del Popolo doveva essere conferito tutto il grano prodotto escluso quello per uso familiare.

Raia aveva deciso di proteggere coloro i quali vivevano in difficoltà economiche e per difendere i loro interessi cozzava con la classe politica e mafiosa: venne quindi ucciso perché si opponeva alle speculazioni contro i Granai del Popolo.

Durante la guerra molti giovani soldati avevano perduto la vita per la patria e lo Stato mandò alle famiglie che avevano perduto un figlio un risarcimento in denaro. Raia, noto per la sua scrupolosità e correttezza, ebbe l’incarico di distribuirli equamente ma molti componenti dell’amministrazione comunale cercarono di convincerlo con insistenza a dividere tra loro quella consistente somma di denaro.

Egli si oppose energicamente a quel furto contrario alla sua moralità e contro la gente che lui aveva difeso e per la quale aveva tanto lottato. Tutto ciò provocò forti resistenze  da parte dei piccoli e medi produttori subito strumentalizzati dagli agrari, dai separatisti e dai mafiosi unitisi in un solo blocco per condizionare il futuro della Sicilia senza perdere quel dominio che anche il fascismo aveva loro assicurato.

Il delitto nasce in questo clima di scontro sociale e politico il cui esito condizionerà il futuro del Paese. Raia venne ucciso dopo aver denunciato pubblicamente ( il fatto è riportato dai carabinieri) l’imboscamento del grano grazie alla compiacenza del molino Tomasello, dove sembra fosse finito anche il grano di una finta rivolta di un anno prima capitanata dal capomafia Francesco Tomasello, detto testa di cane o crozza di morto, contro il pastificio Piraino approfittando della confusione della fuga dei nazisti e dell’arrivo degli americani del generale Patton.  I mafiosi locali, accusati più volte da Raia, provvidero inevitabilmente a sopprimerlo.

Gli inquirenti, ancora tutti di cultura fascista, pur denunciando i fratelli Tomasello, che si erano presentati dopo qualche minuto dall’uccisione per verificare che ciò fosse avvenuto, negarono la matrice sociale e politica dell’omicidio e cercarono di incolpare addirittura i suoi compagni di partito. Nonostante gli interventi del Ministro di Grazia e Giustizia, il comunista Palmiro Togliatti, e di Girolamo Li Causi, prestigioso capo del Pci in Sicilia, Raia non ebbe un processo né giustizia.

L’uccisione consentì però dopo qualche mese che un uomo designato dai mafiosi diventasse sindaco per quasi vent’anni. Con Raia scompare l’organizzazione comunista che rinascerà dopo le elezioni del 1963 quando un gruppo di giovani,  con i pochi antichi compagni di Raia, riaprirono la sezione del Pci intitolandola a lui con grande scandalo dei ben pensanti paesani.

I resti di Raia riposano nel cimitero di Casteldaccia.


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