Dunque, c’è Conte che deve intortare l’Europa, il calcio mercato che impazza, un caldo già boia in città, l’immancabile immondizia che seppellisce Roma e, poi… massi, ci sono i soliti quaranta poveracci fermi in mezzo al mare. Ancora? Sempre gli stessi da un anno? Certo che no, però sono tali e quali! Ma la Sea Watch è sempre la stessa? Quasi, però questa è la 3. Che noia, dai, cambiamo canale…

Chissà quanti di noi hanno già toccato questa spiaggia di assuefazione. Perché nelle notizie si può trovare un riflesso insieme consolatorio e orrendo: sicché, se si ripetono a lungo tali e quali, smettono di essere notizie o, insomma, le si finisce per guardare con mezza occhiata di sufficienza, come il marziano di Flaiano.

Vero, ci sono i volontari, c’è la Chiesa che si offre di ospitare questo nuovo gruppo di fuggiaschi dell’orrore a mollo davanti al mare italiano da due settimane. Ma per molti la tragicommedia che da dodici mesi oppone Matteo Salvini all’Europa sulla sorte delle Ong e dei loro carichi di disperati sta diventando un déjà vu.

Il piccolo siriano Alan

Sicché, per una volta, proviamo a prescindere dal giudizio su Salvini, che blocca in favore di tv piccolissimi gruppi di naufraghi per distoglierci dai grandi gruppi di clandestini che non riesce a rimpatriare, e da quello sull’Europa che, più sorellastra che sorella, ci ha inchiodato alla croce di Dublino.

Guardiamoci allo specchio, per una volta. E chiediamoci quanto già ci abbia avvelenato la disumanizzazione del nostro prossimo di cui parla Philip Zimbardo in «Effetto Lucifero», quanto vediamo di quel prossimo soltanto la dimensiono numerica, vera anticamera dell’inferno che in fondo, come i nazisti ben sapevano, è la semplice negazione della singolarità umana.

Così, ecco 40 sbarchi, 50 annegati, tutti uguali: ma è un inganno. Perchè le notizie non sono mai tali e quali, come, ad esempio, non lo sono i bimbi sulle navi, ognuno con la sua originale paura del buio, il suo pupazzo preferito, il suo modo di dire mamma. Diverso da ciascuno e diverso dal piccolo siriano Alan, l’unico che, esanime su una spiaggia turca, «vedemmo» come fosse un bambino nostro; e che perciò ci reintegrò, sia pur per poco tempo, nei ranghi dell’umanità.

Goffredo Buccini      Il Corriere  25 giugno 2019


 

Attorno al Ministro della Cattiveria gli ipocriti tacciono

Per i 42 della Sea Watch 3, le uniche parole sincere le ha dette al manifesto, Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa eletto a Strasburgo con il Pd: “Forse sarei dovuto andare a prenderli con la mia barca e fare in modo che arrestassero me”. Mentre per il resto della politica italiana, ed europea, quegli esseri umani dopo quattordici giorni trascorsi a friggere sotto il piombo canicolare, stipati sul ponte di una bagnarola, meritano soltanto il disprezzo del vicepremier, nonché eroico ministro degli Interni: “Per me possono stare lì fino a Natale”.

Mentre scriviamo la giovane comandante Carola ha deciso di entrare nelle acque italiane e dunque quando leggerete questo diario la “forza pubblica” schierata dal Viminale a Lampedusa, con ammirevole sprezzo del pericolo avrà probabilmente già indagato, sanzionato, sequestrato e forse anche arrestato i colpevoli, secondo i rigorosi dettami del decreto Sicurezza bis (ecchediamine, siamo o no il Paese della legalità?).

A noi, però, più della mascalzonata salviniana su quell’ammasso di corpi destinati a marcire (fosse per lui) fino a Natale, colpisce appunto il silenzio tombale di tutti gli altri. Dal che si ricava che, dài e dài, il ministro della Cattiveria ha vinto, anzi stravinto, su tutta la linea la guerra contro il “restiamo umani” (ricordate il testamento di Vittorio Arrigoni, rapito e ucciso dai jihadisti?). E con ciò si è meritato a pieni voti anche la poltrona di ministro dell’Indifferenza, altrui.

Facciamo grazia al lettore di tutto ciò che conosce a menadito. Come l’ipocrisia istituzionalizzata dell’Europa che se ne strafotte dell’Italia, interessata piuttosto a comminarci procedure d’infrazione. E che ci ricorda quel marito oberato dalle cure costose per la moglie inferma che apprende con sollievo che finalmente è morta. Come la Corte europea dei diritti dell’uomo che, in ambienti sicuramente ben climatizzati, decide che non sussistono le condizioni d’urgenza per soccorrere quei disgraziati (e menomale che non hanno raccomandato loro l’uso di creme protettive).

Come il mutismo imbelle e complice (di Salvini) da parte dei Cinque Stelle, castigato in buona parte con la recente sparizione di sei milioni di voti. Come l’esibirsi di certa sinistra italiana, disposta a manifestare solidarietà ai naufraghi purché in presenza di un’ampia copertura social e televisiva. Come il boh del Pd di Nicola Zingaretti, dove tutti al mare non significa correre in soccorso della Sea Watch 3. Quanto piuttosto prepararsi alle vacanze nel Salento, ora che Capalbio è passata al nemico.

Salvini ha stravinto non tanto per avere strombazzato un’invasione che non c’è. Ma per avere compreso in tempo l’ego pusillanime dei suoi presunti oppositori.

Lo straripante successo del cosiddetto capitano non può spiegarsi solo ricorrendo stancamente alle categorie della proverbiale destra da osteria (ma quante ce ne sono?): quella scatenata contro i negher che ciondolano nelle strade “pagati coi soldi nostri”. O della insicurezza percepita e bla bla.

No, Salvini ha saputo introdurre gradualmente nelle vene scoperte della nazione massicce dosi di pentothal ad azione ipnotica. Cosicché, la tragedia permanente di quei corpi scuri annaspanti nell’acqua, visibili in diretta facebook per la prima volta nella storia della disumanità, finisce alla lunga per procurare l’assuefazione delle menti e il torpore degli spiriti.

Dunque, se grazie a Carola alla fine qualcosa si muove, siamo sempre al livello degli appelli a Conte o delle “delegazioni in viaggio”.

Ci vuol altro che le testimonianze simboliche. Agli atti politici dirompenti si risponde in modo altrettanto dirompente. A questo proposito, siamo convinti che, lassù, il medico Bartolo, uomo di vasta solidarietà, sia stato già perdonato per non essere andato a “prenderli” con la barca. Mentre non sapremmo immaginare quale accoglienza sarà riservata, il più tardi possibile s’intende, a quel tizio col rosario in mano e il cuore chissà dove.

Antonio Padellaro       Il Fatto  27 giugno 2019

 

Vedi:  La violenza è vicina

La vergogna sul molo di Lampedusa

L’età dell’indifferenza

Di che cosa parliamo quando parliamo di umanità

L’insostenibile ipocrisia di chi vuole il presepe con i profughi, ma non i migranti

L'ondata d'imbarbarimento che travolge la democrazia

 


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